Il Mugnone, passeggiate fiorentine

Il Mugnone


Decoro questo semplice torrente dell'aggettivo di classico, quantunque, a prima vista, possa sembrare esagerato l'appellativo rivolto a poc'acqua (quasi punta in estate) scorrente su di un letto di pochi chilometri.
Ma egli è che il classico Mugnone ne ha diritto, dappoiché messer Giovanni Boccaccio volle scegliere una delle ville, che a questo torrente fan corona, la magnificente Schifanoia (1), detta anche la Fonte de' tre visi, a corte d'onore per la sua brigata del Decamerone, e, nel libro galeotto stesso, volle che l'umile corso d'acqua gli servisse di campo per intesservi su una delle sue più popolari novelle: quella che narra di Calandrino, Bruno e Buffalmacco (2), che, giù per lo Mugnone, vanno cercando l'elitropia .

 


Villa Schifanoia

E poi si può dire che la storia del Mugnone è legata alla storia di Firenze; esso non ha mai, sin da' tempi più remoti, cessato di lambire e di accarezzare con la sua fascia azzurrognola e luccicante, prima di gettarsi nel vecchio Arno, la luminosa ed intellettuale città.
E l'arte e la natura, combinati alle tradizioni, hanno voluto formare della valle del Mugnone uno di que' luoghi sì interessanti, in un paese interessante in se stesso, qual mai si possa immaginare. In questa nostra campagna fiorentina, che ogni giorno, in ogni stagione ha vivi in sè tanti ricordi, dove ad ogni pie' sospinto l'arte è sposata alla storia, dove i piccioni beccano il riso nel concavo di qualche capitello antico, dove le case coloniche furon vecchi castelli, ed i tabernacoli posti ai crocevia, con un sapore tutto toscano, affacciano profili di Madonne giottesche ed i muri sono ornati di fatidiche imprese e divise; dove il mite villano vi parlerà dantescamente, vale a dire italianamente, di qualche fatto d'arme avvenuto nel suo campo, chi sa in quali remote età, e tutto d'intorno
 

mentre sorridono la terra e 'l sole, (3)
 

la natura è una gloria di bellezza e di poesia, in questa nostra campagna si moltiplicano e si suddividono come per incanto i luoghi deliziosi, mète di squisite passeggiate.
Fra queste, certamente, è la Valle o Pian di Mugnone, per quanto non sia la più frequentata, e da molti cittadini non sia ancora affatto conosciuta.
La ragione, forse, è perchè si trova un po' fuori di mano, e naturalmente, per mancanza di veicoli moderni di comunicazione, chi viene a Firenze di passaggio ne ignora assolutamente l'esistenza.
I forestieri peraltro la conoscono.
Sulle fiorenti pendici che ammantano, come d'un broccato, le rive del Mugnone s'è istallata la plutocrazia americana, la kultur tedesca, l'autocrazia russa. Non è dunque come qualcuno potrebbe credere un luogo disabitato.

Nasce il Mugnone umilmente, ed in campagna, come le persone semplici comincia il suo corso poco sopra Pratolino, avanti dunque di quel Mugello d'oro donde Giotto trasse i natali; e desioso di veder cose nuove e belle, s'avvia baldanzoso verso la città, scendendo in dolci piccole cascate e con leggiadri risvolti, fra le vigne, coronato di alberi, infiorato da' canneti, attraverso i casolari ed i suburbi, fino al Ponte rosso.
 


Il Ponte del Calderaio sul Mugnone
 

Ove la Città del Fiore, chiusagli in antico quasi in faccia la porta a San Gallo, non gli ha permesso l'accesso, ma l'ha costretto a costeggiarla lungo la maestosa Fortezza da Basso, che vide l'imprese medicee; ed il povero fiumicello, rimasto provinciale, salutato San Iacopino, durante il suo corso, ed affacciatosi lungo le signorili Cascine, va, all'estremo di esse, ad affogare in Arno la sua vita malinconica, mentre dalla vicina Peretola, che dette all'umanità Amerigo Vespucci, viene su l'ali del maestrale, e il suono delle campane, e il canto delle sue donne, eternamente, lavoranti alla treccia di paglia fiorentina.
 


Lavoratrici della Paglia fiorentina.


Ma se la città non l'ammise in antico fra i suoi, la campagna l'esaltò. Si popolarono i suoi dintorni di ville e di chiese.
I casolari dettero gli artefici, le balze che lo rinserrano offrirono il macigno e la pietra serena onde costruirle ed ornarle. Più tardi, la città che non lo aveva accolto lo sfruttò ne' suoi prodotti; la valle del Mugnone si vendicò nobilmente, accogliendo vicino a sè, nella necropoli di Trespiano, i morti che la acropoli ingrata non poteva più contenere.
Ma Firenze, oggi, vinta dalla sua espansione di grande città, ha dovuto estendere le sue propaggini al di là e lungo il Mugnone, il quale, punto insuperbito dalla tarda accoglienza, ha anzi voluto peccare in eccesso di modestia, col ridurre d'anno in anno le sue già troppo esili proporzioni.
E forse un giorno il Mugnone non verrà più alla città. E come la gloria viene dopo morto, dice il proverbio, così anche il Mugnone allora troverà accresciuta la sua.
Resteranno e il suo alveo e quanto natura ed uomo voller fare lungh'esso. La natura, lo sappiamo, gli fu benigna fin dalla nascita: l'uomo, durante la sua vita, gli porse i suoi doni.

E su di un poggio, presso le sue sorgenti, ossi si tro va l'antichissima villa di Pratolino, che fu degli Orlandini e degli Uguccioni, e da questi nei 1568 venduta coi terreni annessi al Granduca Francesco I de' Medici, l'amatore di Bianca Cappello, che per lei ridusse a magnificenza reale la villa di Pratolino.
Vi si fece quanto a que' tempi il genio poteva creare: un labirinto, una grotta col bagno, giuochi d'accqua, cascate, e lungo i boschetti che avrebbero potuto ispirare il Tasso, ovunque statue, per una delle quali,n il gigantesco Appennino, volle lavorare il preziosissimo Gian Bologna.
 


Il Gigante dell'Appennino a Villa Demidoff a Pratolino, foto 1880 circa
 

In epoca recente la villa fu acquistata dai principi Demidoff, che la restaurarono dai danni subiti pel tempo e per l'incuria. Con un magnifico vicino, fin presso al suo partire, il Mugnone non poteva aspettarsi che illustri compagni lungo il suo corso: lo sperone del contrafforte dell 'Uccellatoio viene ad imprimergli quel movimento ondulatorio ch'e la sua grazia. Ricordate il decimoquinto canto del Paradiso?

Non era vinto ancora Montemalo

Dal vostro Uccellatoio. (4)
 

Quanta storia in sì breve tratto di strada! E così case e conventi lungh'esso: la chiesa di San Martino a Sveglia, di cui si hanno ricordi dal 1200, il Conventino della Maddalena, monumento nazionale, modello d'architettura, ornato di molte pitture, e nel cui chiostro sembra ancora vaghi l'anima di Andrea Cresci, che nel 1460 edificò l'spedale da cui il monastero ebbe origine; la Torre di Fameto, fortilizio d'altri tempi, e la Polveriera, magazzino della strategia moderna, il Ponte del Calderaio, pel quale si accede alle cave di pietra, si succedono tra il verde de' campi in mezzo a panorami bellissimi fino al Ponte alla Badia. È questo un ponte medioevale, sul quale la vecchia strada che conduce in Romagna, detta appunto Via Faentina attraversa il nostro Mugnone.
 


La cascata sul Mugnone, sullo sfondo il Ponte di Badia, foto di fine '800.


L'insieme dei casolari che gli s'aggruppano da una parte, i monti che gli si serrano addosso, la cascata che sotto precipita ne fanno un quadro delizioso. E da due lati lo contemplano, appollaiati su due opposte pendici, la turrita Villa Salviati, che vide la morte di Caterina Canacci, e la Badia Fiesolana, dove vestì l'abito cardinalizio Giovanni de' Medici che fu più tardi Papa Leone X.
 


Badia Fiesolana
 

Da qui si può dire che Firenze moderna comincia ad invadere il Mugnone, annidandosi tutt'intorno all'ombra delle vecchie ville patrizie, e vivificando i vecchi suburbi repubblicani, rimasti troppo solinghi e cadenti. Infatti, via via accostandosi alla città, il Mugnone lambisce il già monastero di S. Maria della Misericordia, quello di San Giovanni Battista di Lapo, che data dal 1335, il borgo di S. Marco Vecchio, ove in tempi remotissimi ebbero case da signore famiglie come i Gondi, i Minerbetti, i Marignolli, gli Ughi, i Guidi; e finalmente, il Ponte Rosso, così detto dall'antico ponte in mattoni, che attraversa il Mugnone, e che congiunge uno dei più bei quartieri di Firenze, sorto sul luogo ove, nel 1810, venuti in Toscana i Francesi, era stata eretta la comunità del Pellegrino.

Ed il Mugnone oggi qui è diventato veramente cittadino, perchè la città lo ha rinchiuso in se.

Prosegue, come abbiam visto avanti, costeggiando l'antica Fortezza da Basso, lambisce il quartiere di S. Iacopino, rispecchia gli alberi secolari delle Cascine, dietro la Scuola di Pomologia, ed all'estrema punta dell'elegante passeggio, sotto lo sguardo del Maharajah di Kolhapoor, immobile nel suo tempietto indiano, si mesce, arteria debolissima ma non ingloriosa, al flutto eternamente melodioso del poetico Arno.
 


Parco delle cascine, incontro del Mugnone con l'Arno presso l'Indiano


Fino a qualche tempo addietro si poteva costeggiare il Mugnone, dal Ponte Rosso alla sua foce, ma le recenti costruzioni ed i nuovi lavori o ne hanno scemato l'attrattiva, o ne hanno impedito l'accesso.
Del resto la parte più interessante è dal Ponte Rosso andando a monte, su su per la vecchia Via Faentina: è di lì che si gode, per un tratto di pochi chilometri, una passeggiata bella, piena di visioni, agevolissima.
Eppure, non son molti quelli che la conoscono.
La conoscono pochi buongustai della natura, alcuni cacciatori dalle modeste risorse (tanto più che dalla riserva di caccia di Pratolino sfuggono talvolta campioni di fauna pennuta o da pelo), e le buone domestiche mugellane nei loro trasbordi, da e per la bella Firenze, fatti con la preistorica diligenza, quantunque la Val di Mugnone sia di tratto in tratto attraversata dalla strada ferrata faentina, che tocca pure il Mugello.
Ecco, veramente, il classico, mite, poetico Mugnone, che ancora ricorda le visite del gustoso Boccaccio, ed il passaggio di Benvenuto Celliui, e meriterebbe oggi più numerosi e soprattutto più virtuosi ammiratori.

CESARE CASAMORATA.
 

Tratto da Touring club italiano, Rivista mensile del touring club ciclistico italiano, Milano, 1895
 


 

1) La Villa Schifanoia è una villa di Firenze, situata in località San Domenico in via Boccaccio 121, vicino al confine col comune di Fiesole. La villa, il cui nome ricorda il carattere di svago (per "schivare" la noia), sorge sui resti di un antico casale di Villa Palmieri.

2) Tra gli ospiti illustri va ricordato Alexandre Dumas padre, che dedicò un suo libro proprio alla villa, scrivendo: "È nella villa Palmieri che Boccaccio scrisse il suo Decamerone. Ho pensato che questo titolo mi porterebbe fortuna e installo la mia scrivania nella stanza dove 493 anni fa l'autore delle cento novelle aveva posto la sua".

3) "A Satana" Giosuè Carducci.

4) Come toponimo, nome di un poggio a nord di Firenze, a poca distanza da Pratolino, ricordato da Dante nel canto XV del Paradiso.

 


Boccaccio al centro nell'affresco in Santa Maria Novella

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