Ferdinando III, figlio di un dio minore

Ferdinando III, figlio di un dio minore? 
Piuttosto buon padre di famiglia e anche "monuments man".

Bisognerà mettere una lapide sul sedere del Cinci!”. Così commentarono gli astanti mentre, nel 1823, veniva demolito l'Arco di Santa Trinita sul Lungarno Acciaoli ed avveniva il seguente fatto di cronaca minore: il Granduca, invitato a visitare il cantiere, vide un operaio, soprannominato il Cinci, mentre stava per cadere all'indietro e, sostenutolo da tergo, lo salvò. Se la storia è stata ingiusta con i Lorena, la storiografia lo è stata ancor di più nei confronti di Ferdinando III. Egli è stato quasi surclassato dal lume benefico di Pietro Leopoldo e dal buon cuore di Leopoldo II; però, anche la sua figura merita attenzione.
A tal riguardo, basti notare che Giuseppe Conti ritiene che “era un principe buono e leale; ma non aveva la fibra né la mente del padre. Per governare uno stato, specialmente in tempi difficili, la sola bontà e lealtà non bastano”(Firenze Vecchia, Bemporad, 1899).

Ciò premesso, sarà nostro compito cercare di dimostrare come certi giudizi, anche se espressi da “pesi massimi”, possano essere suscettibili di ridimensionamento o di confutazione. Difatti, la storia è , in sé, la scienza “revisionista” per eccellenza, che richiede attenzione verso tutte le fonti coeve ed equanimità di giudizio, come già osservato anticamente dal cinico greco Luciano di Samosata.

La statua di Ferdinando I de' Medici posta in cima alla scalinata del Duomo aretino. Fu realizzata a fine Cinquecento dallo scultore francese Pierre Francheville, italianizzato Pietro Francavilla (1550 circa - 1616).
Statua di Ferdinando III ad ArezzoLa statua di Ferdinando I de' Medici posta in cima alla scalinata del Duomo aretino. Fu realizzata a fine Cinquecento
scultore francese Pierre Francheville, italianizzato Pietro Francavilla (1550 circa - 1616).

Per quanto concerne la cronologia del periodo ferdinandeo, il suo regno viene computato nei periodi prima e dopo l'occupazione francese (1790-99 e 1814-24).
Al proprio esordio, Ferdinando III fu costretto da varie pressioni a instaurare il protezionismo economico, vietando, il 9 ottobre 1792, l'esportazione e l'importazione di grano, biade, farine ed olio. Il medesimo governante, però, non credeva che i fatti dovessero adattarsi alle teorie di macroeconomia e, a fronte di una sopravvenuta scarsità di cereali, revocò, nel 1795, la suddetta proibizione.
Sotto il profilo della religione, il giansenismo di Scipione de' Ricci decadde con la rimozione dello stesso dalla sede vescovile di Pistoia: per alcuni, ciò è bastato per dare del “bigotto” al povero Ferdinando rispetto al padre, ma tale tipo di giudizio è stato ingiusto ed ingeneroso. In primo luogo, è anacronistico e pretestuoso vedere in Pietro Leopoldo un nemico del Cattolicesimo, come ricordato anche da commentatori non credenti quale il Montanelli; inoltre, il popolo Toscano, in buona percentuale, aveva protestato per primo di fronte a certo tipo di innovazione anche liturgica, proponendo “litanie vecchie o bastonate nove!”.
Comunque sia, va ricordato che il governo Toscano fu l'unico a mantenere rapporti diplomatici con la Francia rivoluzionaria, che aveva già attaccato pesantemente il Cristianesimo ed i suoi dogmi, e dichiarare la propria neutralità senza aderire alle coalizioni antifrancesi.
Nonostante ciò, la Toscana viene invasa dalle truppe napoleoniche durante la prima Campagna d'Italia del 1796-97.

Maria Anna Bonaparte, detta Elisa (Ajaccio, 3 gennaio 1777 – Trieste, 7 agosto 1820)
Elisa Bonaparte Baciocchi
Maria Anna Bonaparte, detta Elisa (Ajaccio, 3 gennaio 1777 – Trieste, 7 agosto 1820) principessa di Lucca e Piombino (1805-1814, 1805-1808) (insieme al marito), contessa di Compignano, duchessa di Massa e principessa di Carrara, granduchessa di Toscana (1809-1814). 

La prima occupazione francese si può riassumere sotto “L'inganno della libertà schiarito ai popoli toscani” di tal “Dottor G.P.L. Pastor Arcade”, senz'altro un bello spirito antesignano del Lachera :
oh!, che bella libertà/ci portò la gran nazione/ che con quindici persone /conquistando il mondo va/ oh, che bella libertà./ Nella gotica uguaglianza /che ci portan questi eroi/la miseria è sol per noi/lor han sol felicità/ oh, che trista libertà. /Mangian or, mangian argenti/fan dei templi orride stragi/ vuotan fondachi e palagi/ per coprir lor nudità./ Che inumana libertà. / Ove appar questa canaglia/porta fame e carestia/e la pace e l'armonia /in sussurri se ne va. / Che molesta libertà.

In questa sede, si ricorda brevemente l'insurrezione dei “Viva Maria” di Arezzo: nel 1799, mentre Napoleone è in Egitto, in tutta Italia si ha il fenomeno delle c.d. “Insorgenze”, preannunciate dai moti delle “Pasque Veronesi” del 1797. Tali ribellioni uniscono un carattere nazionale di resistenza ad un invasore straniero ad un carattere religioso, in difesa della religione avita. Nel nostro caso, l'Inclita Armata Aretina, guidata da un personaggio particolare quale Sandrina Mari di Montevarchi, arriverà a liberare Firenze e Siena. Solo momentaneamente, perchè il ritorno di Napoleone in Europa e la sua vittoria a Marengo, nel 1800, ristabilirà lo status quo del 1797.

La Toscana diverrà, in rapida successione, stato satellite, quale Regno d'Etruria (affidato ai Borboni prima, ad Elisa Baciocchi poi), e territorio metropolitano francese (con i tre dipartimenti di Arno, Ombrone e Tirreno). Chi non conosce questo periodo, torva difficoltà di fronte alla lapide concernente i lavori di restauro e rifacimento del Cortile di Palazzo Vecchio, in cui viene menzionato, oltre all'architetto Zanobi Dal Rosso, anche il maire [1] dell'epoca! Inoltre, alla Campagna di Russia del 1812 i toscani interverranno come soldati francesi, inquadrati nel 113° reggimento di fanteria e nella 28° brigata di cavalleria. A tal riguardo, Oriana Fallaci, nel romanzo “Un cappello pieno di ciliege”, ricorda che i prigionieri di guerra inoltrarono una supplica al Granduca esiliato, riparato a Salisburgo, affinchè intercedesse presso lo Zar di tutte le Russie. Il quadro di questo periodo, a parte alcune buone novità [2], nonché la presenza di personalità “lorenesi” rimaste a limitare i danni [3], è , tutto sommato, negativo: i cittadini sono impoveriti da contribuzioni ed imposte; l'agricoltura è in grave crisi, causa le coscrizioni obbligatorie nelle campagne; l'assistenza religiosa è deficitaria a causa della soppressione di molti ordini di carità; il mondo della cultura deve registrare la spoliazione di vari beni artistici. Dopo una tempesta del genere, occorre un'opera da vero e proprio “ospedale da campo” : “le mani del Re sono mani di guaritore”, osserverà il Tolkien nella sua celeberrima opera. Il problema della cd restaurazione in Toscana consisteva nel conferire un nuovo assetto allo Stato senza cadere nella reazione, come stava avvenendo nel resto d'Italia: la soluzione fu di giungere ad una sintesi tra la legislazione leopoldina previgente e il moderno apparato francese. A tal riguardo, si commentò che, dopo il 1814, non era stata emanata più alcuna legge contraria ai principi umanitari, o espressione di diffidenza del sovrano verso la propria gente. Inoltre, non vi furono epurazioni né sanguinosi regolamenti di conti in “stile Novecento”.

Last but not least, come è giusto ricordare l'elettrice Palatina e la donazione medicea alla città di Firenze, altrettanto doveroso risulta ricordare le opere salvate dalle sale del Louvre ad opera di Ferdinando III. Basti qui ricordare la Venere Medici, statua greca copia di un originale del V secolo a.C., scelta da Napoleone – sembra- su espressa richiesta della madre.
Piace qui notare che, sul piano culturale, anche Leopoldo II non sarà da meno del padre, finanziando la spedizione “dotta” del pisano Ippolito Rosellini, che fonderà la sezione egizia del museo archeologico fiorentino.
Infine, Ferdinando III è l'unico Lorena sepolto accanto ai Medici in S. Lorenzo.
Bella la statua a lui dedicata in Arezzo.
1 sindaco
2 Elisa Baciocchi provvederà alla fondazione dell'Istituto di Montedomini, già prevista da Pietro Leopoldo “in agenda”
3 Vittorio Fossombroni

Alessandra Mari (Montevarchi, 16 marzo 1770 – Montevarchi, 2 febbraio 1848) è stata una patriota italiana.
Alessandra Mari (Montevarchi, 16 marzo 1770 – Montevarchi, 2 febbraio 1848) è stata una patriota italiana.

« ALLA VALOROSA SIGNORA
ALESSANDRA MARI
AIUTANTE MAGGIORE
DELLA DIVISIONE DEL VALDARNO
E VANGUARDIA ARETINA
Chi è Costei, che l' ampie vie di Flora
Corre Duce d' ardita invitta Schiera?
Ella è Colei, che d' un guardo innamora
Le alme gentili, e che fatta Guerriera
Ai Vili, agl' Empi, ed ai Ladron scolora
La guancia Infame: Onde la Donna altera
Inchini ognun, benché non cerchi pregio
Virtù, che di se stessa è premio, e fregio »
(Filippo Sergardi, per Attestato d' Amicizia e Stima Sincera)

 Giuseppe Corsi - giuseppe.corsi.fi@gmail.com
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