Allegoria di Firenze che trionfa su Pisa
Giambologna, 1575 circa, Museo del Bargello
Unanime fu il giudizio dei contemporanei del nostro Maestro nel riconoscere l’eccellenza di quest’opera la quale, sebbene non sia molto conosciuta ed apprezzata ai nostri giorni, tuttavia può dirsi fra le più notevoli del Giambologna. Dobbiam osservare però, che se, come abbiam già notato, il gruppo avrebbe dovuto rappresentare Firenze che sottomette Siena o qualche altra città nemica, non manca chi attribuisca alla composizione un senso allegorico più generale. C’è, infatti, chi ha voluto vedervi rappresentata la Vittoria che ha atterrato l'oppressore; altri, e questi sono i più, la Virtù che sottomette il Vizio.
Oh! potenza del simbolismo!
La Virtù, dunque, ha atterrato il vizio. Non siamo però dinanzi all’episodio della lotta, bensì a quello del trionfo: ecco perchè anche il titolo la Vittoria non può dirsi, a stretto rigore, improprio.
La Virtù è simboleggiata da una donna nuda in tutto lo splendore della bellezza e della giovinezza.
E la figura è modellata con tale compostezza; c’è tanta maestà, calma e sentimento della propria forza che il Cicognara, conoscitore profondo e mente acutissima, non esitò ad attribuire quest’opera Michelangelo. La testa della bella creatura è inghirlandata di lauro, le spalle e il volto sono di una esecuzione magnifica.
La bella figura posa con un piede sopra un prigioniero incatenato e ripiegato su sè stesso, movimento quanto mai diffìcile e disagiato e pur reso con lodevole senso di verità, sebbene questa azione forzata debba essere stata per lo scultore irta di difficoltà.
Sotto al prigioniero sta accasciata una volpe, simbolo convenzionale della astuzia e della perversità.
Notiamo di sfuggita che di questo gruppo esisteva fino a poco tempo fa, e crediamo esista tuttora presso Palazzo Vecchio, un modello della stessa grandezza del gruppo in marmo (alto metri 2 e 85 cm.), eseguito con terra di un tono verdastro, assai pittoresco per la tinta speciale della patina.
Esso pure venne eseguito dal Giambologna, e per la sua rara bellezza, e per la sua incontrastata originalità è veramente degno di ammirazione.​
Patrizio Patrizi, Il Giambologna, MI, Tipografia L.F. Cogliati, 1905.
Commissionata da Ferdinando III con contratto stipulato il 6 giugno 1817.
Il restauro della statua di Attis ha riportato l'opera alla sua bellezza originaria, fornendo preziosi indizi per futuri studi scientifici.
La Grotta, realizzata nel 1817, ospita il gruppo scultoreo del Naccherino e fu progettata da Giuseppe Cacialli.
Nell'800 è stato realizzato un calco della celebre statua. La versione in bronzo ha poi trovato una collocazione permanente al Piazzale.