Gli abitanti del Ghetto di Firenze
«vi brulica la marmaglia, la bordaglia, la schiuma, il marame della popolazione, insieme accozzato»
Il libro "Firenze sotterranea" pubblicato nel 1881 da Jarro denunciava le terribili condizioni del Mercato Vecchio di Firenze. Questa denuncia suscitò una grande eco e portò all'adozione di provvedimenti per demolire la zona, un processo che si svolse tra il 1885 e il 1895. Tuttavia, durante quel periodo, si diffuse il sospetto che lo scrittore fosse stato sovvenzionato da qualcuno, forse anche dai potenti "palazzinari" dell'epoca, per influenzare l'opinione pubblica a favore della demolizione del Vecchio Mercato. Se si legge il libro attentamente, è possibile scorgere, tra le righe, un'enfasi sui potenti dell'epoca, tra cui spiccano i nomi importanti della Giunta Comunale del tempo, che viengono ritratti quasi come dei santi dedicati al benessere dei loro concittadini.
Tratto da: Jarro, Firenze sotterranea: appunti, ricordi, descrizioni, bozzetti, Firenze, Le Monnier, 1885
Le immagini da 1 - 4 sono prese da questo libro mentre le altre sono di pura fantasia.
[...] Questo è il nostro amore per il popolo! Ci è una classe miserrima, malata, senza beneficio d’istruzione e di educazione. Ci pensate voi? No, perchè vi pare argomento troppo spicciolo.
Nel Ghetto di Firenze avete comportato si raccogliessero a poco a poco tre o quattrocento furfanti. Molti hanno tocco la galera, quasi tutti la prigione. Si sono veduti uomini e donne uscir dagli ergastoli, rintanarsi là, far proseliti, metter su scuole di borsaiuoli: si sono vedute famiglie buone, incontaminate, cedere al contagio e piangere al primo figliuolo sviato, poi a poco a poco abbandonarsi al delitto. E chi è andato in cerca di queste anime che si perdevano? Nessuno. Chi è entrato là de’ filantropi, che acciuffano croci, e propine, a emendare, correggere, confortare gli sciagurati?
Eppure in quel Ghetto sono accadute orribili cose: e non si spiega come proprio nell’umbilico della città, abbiate potuto lasciar formarsi un luogo di tante brutture e unirsi tanti malvagi.
Tre o quattrocento bricconi, usciti da luoghi di pena, che han sostenuto tutti gran numero di condanne, stanno accasati a due passi dall’Arcivescovado, dal Duomo, dalle strade più signorili della città.
Il tanfo, il fetore, ogni maniera di sudiciume, stanze, che servono di camere e in un di latrina a dieci e quindici persone, tutto vi si riscontra che può da un momento all’altro mettere in pericolo la pubblica salute.
Uomini, donne, bambini, cani, stanno ammontonati gli uni sugli altri: cani irsuti, coperti di sanie e d’insetti ve n’ha a diecine per que’ corridori fetenti, accoccolati per que’ pavimenti fracidi, per quelle buche mezzo diroccate. Una volta c’era una vecchiarda, detta la canaìa, che in certe ore del giorno accoglieva più di trenta di quelle sozze bestie intorno a sè.
Tali cose parrebber già quasi sogno in uno dei più biechi e sconci sobborghi di Costantinopoli.
Ventine di ladri entrarono nel Ghetto, o pigliando possesso di qualche bugigattolo abbandonato o per starsene di continuo in brigata con gli amici; amicizie contratte nelle prigioni, da cui portano e ricevono le ambasciate, quando uno di loro finisce di scontare la pena e torna al raddotto.
Anche qui sono stamberghe, nelle quali si trovano quindici, venti luridi pagliericci: per un soldo, due soldi, il pregiudicato, il ladro matricolato, il manutengolo ci va a dormire. E anche qui dormono tutti insieme: uno accanto all’altro, uomini e donne, e si spogliano, si vestono gli uni al cospetto degli altri.
Nella quiete in cui mi leggete immaginate gli orizzonti, le varietà e scabrosità di paesaggi, che si debbono scuoprire!
Non basta: i furfanti hanno nel Ghetto i loro luoghi di delizie: le loro stazioni di Capua: laide e turpissime fornici, da non capire come il vizio possa avere illecebre in condizioni sì disgustevoli!...
Entrai una notte in uno di questi braghi dove diguazza l’umana viltà. Figuratevi due o tre soffitte, una che immette nell’altra, con nere vòlte tanto basse, da potervi stare appena in piedi un uomo di statura più che mezzana nel punto ove sono più alte. Dai lati piegano sempre più verso il pavimento, coperto di sozzure: è mestieri andare curvati. Vi erano tre animali, coperti di stracci immondi, animali, che scorgemmo, dopo attento esame, esser donne.
Vicino ad esse, accoccolati su una rozza panca, tre uomini, dal ceffo feroce: i loro amanti! Uno, che ha commesso vari omicidi, espulso fin dalla Francia per reati di sangue, e due ladri! L’omicida era lì di contrabbando: in tali ore egli non parte. Per ogni nuovo personaggio, che entra in scena, ricevono venticinque centesimi!... Venticinque centesimi, e spesso più di venticinque pugni, colpi di coltello o di bastone, poiché si trova anche chi vuol rubare la triste mercede di quelle donne infami e affamate!
Ecco sino a che punto arriva l’essere, che si vuol abbia nella mente e nel sembiante un raggio di luce divina e porti in sé uno spiro immortale! [...]
Testo riscritto:
Questo è il nostro amore per la popolazione! C'è una classe miserabile, malata, priva di istruzione ed educazione. Ci pensate voi? No, perché sembra un argomento troppo insignificante.
Nel Ghetto di Firenze, avete permesso che si raccogliessero lentamente tre o quattrocento individui disonesti. Molti di loro hanno trascorso del tempo in prigione, e quasi tutti hanno un passato penale.
Abbiamo visto uomini e donne uscire dalla prigione e stabilirsi qui, creando proseliti e persino organizzando scuole per piccoli delinquenti. Abbiamo visto anche famiglie oneste, prima intatte, cedere all'incoraggiamento del crimine e piangere per il primo figlio deviato, per poi gradualmente abbandonarsi alla criminalità. E chi è venuto a cercare queste anime in perdizione? Nessuno. Chi è entrato nel Ghetto tra quei filantropi che raccolgono croci e offerte per correggere, migliorare e confortare gli sventurati?
Eppure nel Ghetto sono accadute cose orribili, e non si può spiegare come abbiate permesso che si formasse un luogo così degradato proprio nel cuore della città, dove si trovano l'Arcivescovado, il Duomo e le strade più signorili.
Tre o quattrocento individui disonesti, usciti da istituti penali e con numerosi trascorsi giudiziari, ora vivono a pochi passi dall'Arcivescovado, dal Duomo e dalle strade più eleganti della città. Lì si può percepire un odore nauseabondo, una sporcizia indicibile. Le stanze, che fungono da abitazioni per dieci o quindici persone, sono degradate in ogni modo possibile, mettendo a rischio la salute pubblica da un momento all'altro.
Uomini, donne, bambini e cani sono stipati insieme, cani malati, coperti di parassiti, abbondano in dozzine per quei corridoi fetidi, appollaiati sui pavimenti consunti o nelle buche semi-distrutte. C'era persino una vecchia donna, chiamata "la canaia", che in certi momenti della giornata attirava più di trenta di quei brutti animali intorno a sé.
Cose del genere sembrerebbero un incubo persino nei più tristi e degradati sobborghi di Costantinopoli.
Gruppi di ladri sono entrati nel Ghetto, prendendo possesso di luoghi abbandonati o facendo compagnia ai loro amici. Queste amicizie sono state formate nelle prigioni, da cui si scambiano messaggi quando uno di loro termina la pena e ritorna al loro covo. Anche qui ci sono stanzette, con quindici o venti materassi luridi, dove i criminali conosciuti, i ladri abituali e i loro protettori vanno a dormire per un soldo o due. E dormono tutti insieme, uomini e donne, svestendosi e rivestendosi davanti agli altri.
Immaginate i vari paesaggi di orrori e aberrazioni che si devono svelare in questa tranquilla lettura!
Ma non è finita qui: i criminali hanno i loro luoghi di piacere nel Ghetto, le loro "stazioni di Capua". Sono locali osceni e ripugnanti, e sembra incredibile come il vizio possa trovare attrattiva in condizioni così disgustose!...
Un giorno entrai in uno di questi bassifondi, dove la bassezza umana prospera. Era costituito da due o tre sotterranei, uno collegato all'altro, con soffitti bassi, tanto bassi da costringere un uomo di statura media a stare curvo. Dai lati, i soffitti si abbassavano ancora di più, coperti di sporcizia. Era necessario camminare curvi. All'interno c'erano tre creature, coperte da stracci immondi, che, dopo un attento esame, riconoscemmo essere donne. Accanto a loro, su una grossolana panca, c'erano tre uomini con un aspetto feroce: i loro clienti! Uno di loro aveva commesso vari omicidi ed era stato espulso dalla Francia per crimini violenti, gli altri due erano ladri. L'omicida si nascondeva lì fuori, non andava da nessuna parte in quelle ore. Per ogni nuovo "cliente" che entrava, ricevevano venticinque centesimi!... Venticinque centesimi, spesso seguiti da più di venticinque pugni, colpi di coltello o bastonate, dato che alcuni erano disposti persino a rubare la misera ricompensa di quelle donne infami e affamate!
Ecco fino a che punto può spingersi l'essere umano, che dovrebbe portare in sé una luce divina e uno spirito immortale! [...]
Costruita nel 1430-1431 dagli Ufficiali di Torre, inizialmente aveva una statua di Donatello. L'ultimo ricordo della Firenze medevale.
I ponti di Firenze oltrepassano il fiume Arno ed ebbero un carattere più popolare
la sera del 7 settembre si recavano in folla in Piazza dell'Annunziata a godere dello spettacolo.
Il 1887 è stato un anno importante perché è l'anno della facciata del Duomo di Firenze.