Raffaello a Firenze
È difficile stabilire dove furon dipinti i quadri di Apollo e Marsia, delle Grazie, o di San Michele e San Giorgio. Pesando però tutte le probabilità, devesi tenere che essi furono eseguiti a Perugia, sotto l'impressione di una visita temporanea alla capitale della Toscana. Il racconto del Vasari ci consente di credere che Raffaello, quando per la prima volta andò a Firenze, non avesse l'intenzione d' abbandonare per sempre Perugia. Il piacere che procacciarongli le opere dei grandi maestri, lo indusse a ripetere le sue visite; egli trovò amici in Firenze, i quali mostrarongli forse un maggiore affetto di quello che avevangli mostrato i suoi amici di Perugia, e seguendo l'esempio del Perugino, volle anch'egli aprire una bottega in Firenze, senza abbandonare frattanto quella del suo maestro in Perugia.
Al tempo in cui si suppone che Raffaello visitasse per la prima volta Firenze, i pittori toscani riconoscevano come capiscuola nell'arte loro, Michelangelo che aveva da poco condotto a termine il David in marmo, destinato alla piazza della Signoria, e Leonardo da Vinci, che aveva dipinto il Cenacolo di Milano, edera stato eletto ingegnere militare dei Fiorentini. La riva lità di questi due celebrati maestri diede iu breve occasione e tema ad una leggenda.
Leonardo da Vinci aveva ricevuto l'ordinazione di dipingere la Battaglia d'Anghiari in Palazzo Vecchio. Nell'autunno del 1503 egli ricevette le chiavi dell'appartamento del Papa a Santa Maria Novella, dove erano stati alzati i ponti, perchè potesse lavorare al suo cartone. Una impresa di simil genere, un cartone di cosi grande mole non era stato ancora veduto in Firenze. Quel cartone era fatto con una risma e ventinove quinterni di carta (1), ossia circa dugento ottantotto piedi quadrati di carta reale; per impastarli occorsero 88 libbre di farina, e per foderarne gli orli tre pezze di tela di Firenze.
Mentre Leonardo era occupato in questi lavori, Pier Sederini dava a Michelangiolo commissione di dipingere l'opposta parete della sala, e questi pure aveva inalzato i ponti nell'ospedale dei Tintori a Sant' Onofrio, nell' agosto del 1504. Secondo quello che raccontavasi nelle botteghe dei pittori a Firenze, e fu a noi tramandato dal Vasari, tra Leonardo e Michelangiolo era sorta una cosi viva emulazione, che fama ne corse anche fuori delle mura della città. Anche a Siena si seppe che Leonardo aveva disegnato un mirabile gruppo di cavalieri, e che Michelangiolo per emularlo ne aveva immaginato uno egualmente bello, con fanti di una perfezione anche maggiore. Raffaello udendo di questa gara, posta da parte ogni altra cura, partì per Firenze, vide i cartoni, e colpito da una cosi grande perfezione d'arte e dalle bellezze della città, deliberò di protrarre la sua dimora a tempo indeterminato.
I ricordi ufficiali, dai quali noi attingiamo queste notizie, provano che Leonardo da Vinci disegnò il suo cartone tra il gennaio ed il decembre del 1504, e che Michelangiolo incominciò il suo nell'agosto di quel medesimo anno. Nel marzo del 1505 Leonardo cominciò a dipingere nella sala della Signoria dal suo cartone; e nell'agosto del 1505 anche Michelangiolo accingevasi a fare altrettanto. Risulta perciò chiaro dalla narrazione del Vasari, che Raffaello, solo dopo l'agosto del 1504, potè udire della gara di quei due grandi maestri fiorentini da persone che dovevano essere loro famigliari. Nell'autunno di quel medesimo anno Michelangiolo rinnovava il suo contratto coi Piccolomini per l'esecuzione di alcune statue per la loro cappella gentilizia nella cattedrale di Siena.
Sul principio del 1504, il Perugino, il quale aveva conosciuto Leonardo da Vinci nella bottega del Verrocchio, deve averlo incontrato di nuovo, quando il 25 gennaio 1504 fu chiamato a far parte della commissione incaricata di scegliere il luogo più conveniente per collocare il David di Michelangelo, e senza dubbio seppe che egli aveva cominciato il cartone, tornò da Firenze a Perugia per passare l'estate nell'Umbria.
Assai probabilmente Raffaello ebbe allora occasione di rivedere il suo vecchio maestro, al quale era legato per stretti vincoli di affetto. Forse il Perugino, tornando a Firenze in settembre, avrà preso la strada che passa per Siena, invece di quella per Arezzo, e avrà indotto Raffaello a tenergli compagnia nel viaggio, descrivendogli i magnifici cartoni che Leonardo aveva allora quasi finiti a Santa Maria Novella, e quello consimile incominciato da Michelangiolo in Sant'Onofrio. In questo caso avrebbe Raffaello visitato Firenze sotto la guida del Perugino. E, continuando sulle congetture, se Raffaello era in quel tempo obbligato ad assistere il Pinturicchio nei suoi lavori a Siena, il Perugino, cbe era stato maestro all'uno e all'altro, facilmente avrebbe potuto trovar modo di liberare il Sanzio dagli obblighi assunti: Eusebio avrebbe potuto sostituire nel condurre a termine gli affreschi della Libreria, e Raffaello avrebbe lasciato senz'altro Siena, per assistere a quella festa pittorica che attendevalo a Firenze. Qui, forse, il giovane pittore ebbe la ventura d'incontrarsi con Leonardo e con Michelangelo, non che con quella eletta schiera di artisti che in quel tempo trovavansi in Firenze, e desideroso d'imparare si sarà messo a studiare le opere d' arte che adornavano le principali chiese di quella illustre città.
Che Raffaello durante la sua breve dimora a Firenze abbia studiato tanto i lavori dei vecchi maestri toscani, quanto quelli dei contemporanei, appare evidente non solo dall'influenza che quei capolavori ebbero in generale sul suo stile, ma anche dagli effetti che immediatamente si manifestarono nei piccoli dipinti di San Michele, di San Giorgio e delle Grazie.
(1) Serie di cinque fogli di carta da scrivere piegati in due e inseriti l'uno all'interno dell'altro
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Le sue parole e descrizioni trasmettono l'amore e la connessione profonda che aveva con Firenze, grigia e semplice. Essenziale e indispensabile.