L'ammazzabambini
Era o no pazzo?
Tratto da STUDIO MEDICO-LEGALE dei Periti F. BINI, C. LIVI ed E. MORSELLI.
Un imbecille, sì un vero e proprio imbecille, sentenziato tale da tre medici alienisti, aventi tutti insieme più di mezzo secolo addosso di pratica di Manicomi; dichiarato tale da tre medici testimoni, e dal Direttore delle carceri, uomo serio e diritto, che l'aveva avuto sott'occhio per 16 mesi; dichiarato scemo, grullo, giucco, bambino da tutto un paese; un imbecille che a 24 anni non aveva messo su peli e capelli nè pubertà, e a 26 aveva
statura, sembianze e voce di un bambino di 10, il 29 Dicembre 1876, in Firenze, dopo 9 giorni di dibattimento, ne' quali aveva fatto ridere il pubblico di tutte le sue grullerie, dalla Corte d'Assise era condannato a 20 anni di casa di forza! Egli aveva ucciso quattro bambini, e tentato d'ucciderne un quinto!
I periti della difesa, avendolo dichiarato malato, e malato pericolosissimo, aveano domandato per lui reclusione perpetua in un manicomio, perchè non avesse più a tornare in società ad uccidere innocenti creature. La Corte d'Assise invece, tutrice della giustizia e della sicurezza pubblica, volle a ogni costo punirlo con quei 20 anni di casa di forza, perchè dopo tornasse, con l'astuzia finissima, propria degli alienati, a fare altra strage d'innocenti.
Noi rispettiamo la maestà de' Tribunali, la dignità e l'onoratezza de' Magistrati, la coscienza dei giurati, la sapienza dei periti fiscali; rispettiamo tutto e tutti. Ma noi della difesa, noi sconfitti, derisi anche e calunniati, vogliamo oggi, a mente calma, ricorrere in appello ad un altro Tribunale, non meno sacro e venerando di quello di San Pancrazio, al Tribunale della scienza. Ed a questo Tribunale, che ha giudici in ogni parte del mondo civile, offriamo fin d'ora le pagine di questo giornale. Noi per i primi chiediamo di essere giudicati; e saremo i primi ad inscrivere in questo libro la nostra condanna, se avremo la sventura di aver torto.
E dopo questo sproposito, facciamo giuramento, che questo nostro giornale sparirebbe per sempre dalla faccia de' viventi; perchè, se il Grandi non è davvero un imbecille, come noi tre sostenemmo, non avremmo più diritto a parlare a nome della scienza che professiamo. Intanto diciamo che per noi, dopo la sentenza della Corte di Firenze, non è più questione d'un disgraziato carradore dell'Incisa Carlino Grandi, come il pubblico lo chiama, è scomparso; è morto; e seppellito fra le quattro pareti d'una cella. Fra 20 anni, se la morte non va a picchiare alla sua porta, e se la pazzia non imperverserà di più in quel malnato cervello, egli risusciterà, e tornerà fuori: e allora padri e madri state bene all'erta! Per noi oggi è questione d'umanità, è questione di scienza: di quella umanità, della quale noi fummo sempre, non amoreggiatori sdolcinati e smorfiosi e ridicoli, ma amici leali e severi; di quella scienza, che ci ebbe sempre cultori modesti sì, ma fidi e incorrotti. Noi saremo giusti; lasceremo parlare la verità. Noi non ce la prenderemo nè insolentiremo coi testimoni, se questi non diranno a modo nostro nè intimeremo silenzio all' imputato, o lo faremo mettere a sedere, se questi farà discorsi o gesti ridicoli: non impediremo, che egli ci squaderni le dissennate scritture sue, anzi verremo a metterle sott'occhio, e subito: noi non terremo chiuso nella gabbia, per paura, questo povero mostro, ma lo trarremo fuori dinanzi al pubblico, perchè sia studiato tutto, nella terribile e pur miseranda nudità sua, dalla pianta del piede fino al vertice del capo; perchè si veda e si sappia bene, come questa povera umanità può essere tratta a mal fare (e ciò umilia e conforta ad un tempo), non solo per depravazione morale, ma anche per mala struttura corporea; perché si finisca una volta di chiamare nel foro uomini di scienza e di coscienza,e tenerveli per 9 giorni, mattina e sera, a fare la parte di che? la parte di gente, che, dopo avere passato gli anni a studiare sui libri e cervelli umani vivi e morti, non sa distinguere, per Dio, un imbecille da un uomo savio di mente.
Ed ora la storia incomincia; storia tremendamente dolorosa, per l'atrocità inaudita de' casi, per la pietà delle vittime innocenti, per una mala intesa vendetta della legge, e per uno scandaloso conculcamento d'ogni sano principio scientifico.
Il buon Filippo ricorda molto bene quanto ha preso come dote dalla famiglia della dolce Bartolommea.
C'era una volta una giovane ragazza immaginaria di nome Isabella.
Nel contesto dell'evoluzione della scultura moderna, e ha contribuito ai dibattiti critici tra la rappresentazione di idee nobili e il naturali.
Le sue parole e descrizioni trasmettono l'amore e la connessione profonda che aveva con Firenze, grigia e semplice. Essenziale e indispensabile.