Ferro, metallo e fuoco.

Lavorare il metallo è sempre stato un mestiere fondamentale per la società, ma non privo di rischi significativi. L'artigianato legato alla lavorazione dei metalli, che comprendeva calderai, bronzisti, fabbriferrai e molti altri, non era soltanto un'arte ma una sfida quotidiana per la sicurezza degli operai. Questi mestieri richiedevano infatti l'uso di strumenti e tecniche che potevano facilmente provocare incendi o generare esalazioni nocive, mettendo a rischio la salute dei lavoratori e la sicurezza delle loro botteghe e delle abitazioni circostanti.
I calderai, ad esempio, erano specializzati nella produzione di caldaie, paioli e casseruole in rame, utensili fondamentali per la vita domestica e industriale del tempo. La loro arte richiedeva l'uso di fiamme libere per modellare il metallo, esponendo costantemente i lavoranti al rischio di ustioni e incendi. Simili pericoli correvano anche i bronzisti, che con il loro lavoro raffinato contribuivano alla creazione di statue, decorazioni e altri oggetti preziosi, ma che manipolavano sostanze pericolose come il mercurio.

Anche i fabbriferrai, che si occupavano della realizzazione di strumenti più comuni come chiodi, cerniere e serrature, dovevano essere particolarmente cauti. I bullettai e i magnani, addetti alla fabbricazione di piccoli attrezzi, operavano in condizioni simili, sempre a contatto con fucine incandescenti. Un altro mestiere esposto a rischi era quello dei carradori, che accendevano fuochi per cerchiare le ruote delle carrozze, la prima "fabbrica" del genere fu aperta nel 1795 da Giorgio Holzer in piazza Ghiozza, oggi Piazza Piave. Questi lavoratori dovevano essere particolarmente attenti, poiché un piccolo errore poteva facilmente trasformarsi in una tragedia.
Un esempio significativo di innovazione e rischio è rappresentato dalle "fucine alla tedesca", utilizzate dai carrozzieri. Queste fucine vennero introdotte a Firenze nella metà del XIX secolo e si distinguevano per l'efficienza ma anche per il pericolo che comportavano. Una di queste fucine fu aperta nel 1844 in via Romita, segnando un'importante evoluzione nella lavorazione dei metalli. Tuttavia, l'innovazione tecnologica non sempre andava di pari passo con la sicurezza, e i rischi per i lavoratori restavano elevati.
Le condizioni lavorative spesso spinsero gli artigiani a spostare le loro attività fuori dal centro cittadino. Questo non solo per evitare i rischi di incendi nel cuore della città, ma anche per potersi permettere laboratori più spaziosi e ben ventilati, lontani dai centri abitati.
Nei primi decenni del XIX secolo, molte di queste attività si concentrarono in zone periferiche come l'area intorno all'attuale mercato di San Lorenzo, nelle vie Sant'Antonino e dell'Ariento. Un'altra area in espansione per questi mestieri era il quartiere della Mattonaia, vicino all'attuale piazza D'Azeglio, allora situata appena fuori dalle mura cittadine. Con l'espansione urbana di Firenze, a partire dal 1847, un nuovo polo di attività artigianali si sviluppò nel quartiere di Barbano, oggi noto come piazza Indipendenza. In questo quartiere, la via delle Officine, oggi ribattezzata via Enrico Poggi, divenne un centro nevralgico per la lavorazione dei metalli. Qui, gli artigiani potevano finalmente allontanarsi dalle piccole botteghe del centro storico e sfruttare ampi spazi all'aria aperta, riducendo i rischi legati alla salute e alla sicurezza.

Il lavoro dei metalli non comportava solo rischi immediati legati agli incendi, ma anche problemi di salute a lungo termine. Molti artigiani si trovavano infatti a dover fare i conti con le conseguenze delle esalazioni di sostanze tossiche come il mercurio, ampiamente utilizzato nella lavorazione del bronzo e di altri metalli. È emblematico il caso di Vincenzio Cioci, un bronzista che operava in via degli Archibusieri. Cioci era particolarmente preoccupato per la sua salute e quella dei suoi lavoratori, consapevole del "notabile danno alla salute" causato dalle esalazioni di mercurio.
La lavorazione del metallo a Firenze, tra il XVIII e il XIX secolo, rappresentava un mondo affascinante ma pieno di insidie. Gli artigiani, nonostante i rischi, continuarono a esercitare i loro mestieri, adattandosi e innovando le loro tecniche e i loro spazi di lavoro. Questi uomini e donne contribuirono a plasmare l'economia e la società fiorentina, lasciando un'eredità che ancora oggi possiamo ammirare nelle opere d'arte, negli utensili e nelle strutture che hanno creato.

Bibliografia.
- Federico Canaccini, I mestieri del fuoco e del metallo nell’Ottocento fiorentino, Edizioni Firenze, Firenze, 2015.
- Maria Rossi, Artigianato e pericoli: la vita degli artigiani fiorentini nell'Ottocento, Edizioni Storiche, Firenze, 2017.
- Alessandro Bianchi, Firenze industriale: sviluppo e rischi dell'artigianato del metallo, Casa Editrice Toscana, Firenze, 2018.
- Laura Neri, Lavorazioni pericolose: il rischio nei mestieri dell'Ottocento, Tipografia Firenze, Firenze, 2016.
- Giovanni Rinaldi, Bronzo e ferro: storie di artigiani e pericoli a Firenze, Edizioni Antiche, Firenze, 2019.
- Elisa Marchi, L'arte del fuoco: calderai e bronzisti a Firenze, Nuova Firenze Editrice, Firenze, 2014.
- Roberto Ferri, Fuoco e fucine: lavorazioni pericolose nell'Ottocento fiorentino, Stamperia Fiorentina, Firenze, 2013.
- Silvia Monti, Il quartiere di San Lorenzo e l'artigianato del metallo, Edizioni di Firenze, Firenze, 2017.
- Antonio Lupi, La vita degli artigiani tra rischi e creatività: Firenze 1800-1900, Edizioni Toscane, Firenze, 2018.
- Chiara Pini, Mestieri del ferro e del fuoco: storie di artigiani e pericoli a Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2020.


Tutte le immagini, compresa quella di copertina, sono state create con l'AI.

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