La motonave Fiorenza
"E … al calar della sera si riempiva di zanzare, le dame e i cavalieri si scambiavano tenere grattate, l’orchestra suonava, i camerieri servivano e … le zanzare ronzavano e pungevano … al ritmo di un valzer lento".
Non molti sanno che l'Arno fra '800 ed il '900 era vissuto dai fiorentini molto più che oggi. In tutte le epoche il fiume è stato, nei periodi di carestia o delle grandi epidemie, la dispensa che permise di sopravvivere. Le pescaie, quei assurdi ostacoli che spesso creano problemi allo scorrimento dell'acqua, vennero costruite per agevolare la cattura del pesce e sfamare cosi l'intera, o quasi, città.
Fate una passeggiata su un qualsiasi ponte fiorentino e proviamo ad immaginarci cosa era l'Arno un secolo fa, non è solo un fantastico ornamento per il Ponte Vecchio, ma qualcosa di più. Da qui passavano moltissime merci che arrivavano dal mediterraneo, molte si fermavano qui, altre continuavano verso i mercati europei. Le rive dell'arno erano molto attive per il carico lo scarico merci ed anche dei molti bagni pubblici; Vi erano almeno tre porti, uno in Piazza delle Travi, l'attuale Piazza Mentana, un altro verso Borgognissanti e l'altro, molto grande, zona Pignone. Gli storici ci dicono che questi due esistevano già nel periodo romano.
Navigare sull'Arno a Firenze è un'esperienza che affonda le sue radici nella storia e nella tradizione. Negli anni '30, il colonnello Amedeo Sacerdote sentì la necessità di ravvivare le serate fiorentine un po' monotone e ideò il progetto di una motonave per crociere fluviali sull'Arno, ispirandosi alla lunga tradizione di costruzioni navali della regione. La scelta di realizzare la nave presso i cantieri navali di Limite sull'Arno, un centro rinomato per la sua maestria nella costruzione di imbarcazioni fin dal Rinascimento, rifletteva un legame profondo con le competenze artigianali locali. La Motonave Fiorenza, costruita nei cantieri Picchiotti di Limite sull’Arno, fu trasportata a pezzi a Firenze, sulla riva sinistra all'altezza di Piazza Demidoff per essere rimontata e messa in acqua sotto il Lungarno Serristori.
La "Fiorenza", lunga 18 metri e con un pescaggio di solo mezzo metro, era un'opera di ingegneria e artigianato, costruita con legni selezionati e secondo le tecniche dell'epoca. La nave divenne rapidamente un'attrazione, offrendo passeggiate fluviali con musica e ristorazione a bordo. Tuttavia, nonostante il successo iniziale, l'interesse dei fiorentini svanì presto, e la nave guadagnò il soprannome di "Raspamota" per i vortici di fango che sollevava.
Di fronte alle difficoltà operative e alla scarsa affluenza, la "Fiorenza" fu trasformata in un locale galleggiante, una mossa che però non migliorò la sua fortuna. La nave sembrava quasi una nave vera e poteva contenere una sala da ballo e un buon ristorante. Era pilotata dal Ponte alle Grazie sotto il Ponte Vecchio, il Ponte Santa Trinita e ancorata davanti al Lungarno Corsini. Alla fine, a causa di dissesti finanziari, la nave fu trasferita a Torino, dove fu ribattezzata "Vittoria!" e continuò a navigare sul Po per alcuni anni, prima di essere trasformata nuovamente in un caffè-ristorante. Nonostante gli sforzi, nemmeno a Torino riuscì a diventare un'attività remunerativa, finendo semi-abbandonata e spogliata degli arredi. Poi un brutto giorno la Fiorenze venne trascinata via da un’improvvisa piena e affondò. Fini cosi banalmente la vita di questa bella motonave.
La storia della "Fiorenza" è un esempio di come l'innovazione e la nostalgia possano intrecciarsi in un tentativo di rinnovare la tradizione, ma anche di come il successo commerciale non sia sempre assicurato, anche quando si attinge da una ricca eredità culturale e storica.
Considerazioni igieniche sul mangiare e bere per lo straniero che viene a Firenze alla fine dell'Ottocento.
Per il fiorentino fuori delle mura cominciava per lui l'ignoto, il meraviglioso, il paese della favola e della leggenda.
Il prete veniva usato per rendere caldo il letto o anche per asciugare i panni o la biancheria, soprattutto quella dei bambini.
Un vero problema o meglio "sagrifizio" e doverseli portare appresso.