Il "Pendolo" di Collodi
e tanta simpatia per Foucault ed Eco
Carlo Lorenzini, detto Collodi (1826-90), è stato “cannibalizzato” dalla sua celeberrima creatura, Pinocchio (un po' come Doyle con Holmes [1], per intenderci).
Piace però ricordare che è stato anche giornalista (partecipò alla querelle del “secolare squallore”, ovvero del “risanamento” del centro storico di Firenze), traduttore (le sue traduzioni delle fiabe dei fratelli Grimm sono una testimonianza della lingua viva dei nostri bisnonni più verosimile e fedele delle “risciacquature” manzoniane) e autore di opere meno rinomate (racconti vari, una commedia, addirittura una guida storico umoristica). Fra queste, si ricorda qui “I misteri di Firenze”, uscito nel 1857 presso la tipografia Fioretti e ristampato nel 1988 da Salani editore.
Si premette che l'Ottocento, fra le altre cose, è anche il secolo del romanzo d'appendice. Capostipite del genere è “I misteri di Parigi”, che Eugène Sue inizia a pubblicare a puntate il 19 giugno del 1842. La formula del successo di questa letteratura, che arriva fino a Dumas ed Hugo, è semplice: v'è una realtà difficile (Parigi e le sue miserie sociali e personali, nella fattispecie) che sfocia in un “lieto fine” grazie all'eroe di turno (Rodolphe di Gerolstein, Dantes, Jean Valjean) [2].
Seguono, quindi, varie imitazioni: dai “misteri di Berlino” ai “misteri di Marsiglia” si assiste alla medesima sequela di ingiustizie sociali, fanciulle perdute, sotterranei medievali o preromani, eroi filantropi.
L'ispirazione degli emuli del Sue, poi, viene sollecitata dalla cronaca nera più controversa, nonché dalle cronache giudiziarie locali.
Ciò premesso, Collodi prova a costruire una vicenda di cospirazione risorgimentale, con la banda dei “Domino” (maschera carnevalesca simile a Pierrot), il Cavaliere di Santa Fiora, il popolano Braccio di Ferro, l'agente britannica Lady Clara e l'impiegato Gastone Dalla Bruna.
Non ritengo opportuno svelare la trama di tale “spy story”; preferisco, quindi, oltre a ricordare la già citata freschezza linguistica del Collodi, sottolineare un'osservazione arguta del Lorenzini medesimo che vale ben più di un trattato di sociologia dell'epoca.
Più precisamente, egli constata che l'unico mistero de “I misteri di Firenze” consiste nel fatto che a Firenze non possono sussistere misteri. Sono pagine di una bellezza tale che sarebbe un peccato riassumere senza riportare .
Quindi, “quando in un romanzo contemporaneo fiorentino vi saltasse l'estro di notare una strada o una porta di casa, trovereste cento, trecento, mille che sarebbero in caso di dirvi con tutta esattezza chi abita il quartiere da voi disegnato e posto in scena e il nome, cognome, professione... e moralità di tutti gli inquilini che successivamente vi presero domicilio, da quarant'anni a questa parte”.
A tal riguardo, spero che l'ottimo Vichi [4] non passi di qui ma, a scanso di equivoci, gli ricordo che “ambasciator non porta pena”!
L'arguzia collodiana, dunque, contribuisce a farci respirare l'atmosfera della Firenze ottocentesca.
In un altro articolo.
Infine, per concludere, Collodi ci riporta un colloquio illuminante: “Appena il Fiorentino, reduce dal suo pellegrinaggio a Livorno, rimetteva i piedi sulla soglia domestica, tutti gli amici gli si affollavano dintorno domandandogli com'è naturale:
- Dà retta, Nanni, che è bello di molto il mare?
-Io non vi dirò che sia brutto: ma gira e rigira, alla fine l'è tutt'acqua; e per me l'acqua l'ha saputo sempre di poco, anche quando l'è salata.
-O per noi? Noi s'è detto sempre: piuttosto un bicchier di vino che tutto il Mediterraneo. A proposito, Nanni; tu che da ragazzo hai studiato geometria, perché il mare a Livorno lo chiamano il Mediterraneo?
- Gli è un soprannome che gli hanno messo i Livornesi. I Livornesi sono famosi per queste burlette. Figuratevi che loro le Cascine, invece di chiamarle come noi, le chiamano l'Ardenza.”
Su quest'ultimo punto, infine, rilevo una parte di verità:
nell'ultima guerra, la corazzata Roma era piena di Fiorentini non per tradizioni marinare risalenti all'Ordine di S. Stefano e alle operazioni navali dei Medici contro i pirati barbareschi, ma perché si trattava di operai della Galileo, il cui elemento naturale, più che il Mediterraneo, era il complesso di macchinari che innervava la nave da guerra.
[1] Sherlock Holmes: protagonista dei romanzi di Arthur Conan Doyle
[2] Rodolphe di Gerolstein: Protagonista del “I misteri di Parigi” di Eugène Sue
Dantes: protagonista del romanzo d'appendice “Il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas.
Jean Valjean: Protagonista dei “I Miserabili” di Victor Hugo.
[3] Lorenzini Carlo il vero nome di Carlo Collodi
[4] Vichi Marco è uno scrittore italiano che vive nel Colline del Chianti.
Di Giuseppe Corsi- giuseppe.corsi.fi@gmail.com
“Delle mura della nostra città si potrebbe dire quel che dicono gli scrittori delle mura di corte, cioè che hanno degli occhi per vedere e delle orecchie per ascoltare. Così la cronaca pubblica è informata di tutto e di tutti. Due terzi delle cose si sanno: l'altro terzo si tira ad indovinare e, occorrendo, si inventa".
Un bel titolo è sempre una certa garanzia per l'esito dell'operazione (editoriale, NdR).
Feuilleton in pillole
Alcuni brani da altrettanti «Misteri». Qui di seguito esempi di scrittura, il primo dei quali è preso dai «Misteri di Parigi» di Eugène Sue, capostipite di tanti «misteri» italiani. E tra i numerosi estensori troviamo anche Benito Mussolini.
«… I barbari di cui parliamo, si trovano in mezzo a noi; possiamo incontrarli se ci avventuriamo nei covi in cui vivono, si raccolgono per concertare la morte, il furto, per spartirsi le spoglie delle loro vittime».
Da I Misteri di Parigi
di Eugène Sue
«… Juanita prese posto vicino al capezzale del ferito. Poco lungi dal letto stava, sopra un tavolo, il libro di Pellico, e la fanciulla or su quello, or sull’um ile giaciglio che sorreggeva il volontario, teneva fisso lo sguardo».
Da I Misteri di Firenze
Di Egisto Maccanti
«… Oh, i misteri terribili, sanguinosi, da lasciare inorriditi, che si celano in certi orribili tugurii dove le belle signore della Torino elegante non vi starebbero neppure dipinte! La vita delle misere creature che ivi tentano di rimanere oneste, è un vero sacerdozio».
Da Raffaella o Misteri del Vecchio Mercato
Di Carolina Invernizio
«… E la donna dalle nudità lungamente agognate, quali appaiono nei furori di un erotismo coartato ai forzati della castità, la donna bella e impudica che domani gli avrebbe gettato le braccia al collo, Claudia dagli occhi neri come quelli del diavolo, dagli omeri rotondi, dai capelli odorosi, dalla bocca paradisiaca, dalla pelle bianca e tenera, Claudia la cortigiana turbò il sonno di don Benizio, coll’incubo dei desideri insoddisfatti, colla speranza di carezze ignorate, di voluttà ineffabili sino all’esaurimento, sino all’esasperazione… ».
Da Claudia Particella o L’Amante del Cardinale
Di Benito Mussolini
Quanto al giardinetto, pare un giardinetto vero e proprio; ma, invece, è una felice imitazione del vero. Pochi fiori artificiali... di Carlo Collodi
Bella ricostruzione delle diverse facciate di Santa Maria del Fiore dal 1297 al 1888. Al costo di 1 lira.
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