Domenico Lenzi «Il Biadajolo»
Cod. membr. sec. XIV. mill. 270 X 386. (Laur. Tempiano n. 3).
È una specie di libro mastro in cui Domenico Lenzi (1), mercante di biade, scriveva quasi giornalmente in carattere gotico italiano e calligrafico con frequenti rubricature i prezzi del grano e delle biade su la piazza d’Or San Michele dal 1320 al 1335, aggiungendo, con intento morale, notizie cittadine specialmente inerenti ai raccolti e alle carestie. È ornato di una lettera iniziale in cui vedesi raffigurata l’Abbondanza e di 8 minii a pagina piena eseguiti sicuramente da un artista toscano.
La tav. I dovrebbe rappresentare la cacciata dei poveri da Siena durante la carestia del 1328-1330. Ma in essa abbiamo una veduta di Firenze con le armi di Siena, in cui son rappresentati la prima cerchia delle mura, la Porta del Vescovado, Santa Reparata, il campanile di Badia, e la Torre di Giotto non ancor terminata.
La tav. II mostra le stesse mura, la porta del Vescovado, il Battistero, il campanile di Badia, la torre del Bargello e altri edifizi dell’ epoca, e la pietosa accoglienza che, durante la carestia, i priori e i cittadini di Firenze fanno ai poveri, dando loro di che sfamarsi.
La tav. II reca una scena della mietitura; gente che falcia, che batte il grano e che lo raccoglie con volto lieto, mentre in alto è un angelo dalla cui bocca per mezzo di una tromba escon le parole «con allegrezza ogn’uom canti cho meco» e «voi abbondate in fructi e in benedi[zioni]». Dietro all’angelo una mano stringe una terza tuba dalla quale escon le parole: «posso rimuover tucto, me ringrazia!».
La tav. IV mostra il mercato del grano in un anno di abbondanza, e in alto son due angeli l'un dei qual dà fiato a tre tube, gridando «chon allegrezza ogn’ uomo canti cho meco», — «in dovizia fa ben che mal non segua», — e «tropp’aver ben non ti faccia peggiore ».
La tav. V rappresenta un’altra scena della mietitura: in alto il mostro della fame minacciante e l'angelo, lasciate cader le tube contorte e spezzate, vola al cielo esclamando: «tomo e lor lascio in alpestre pastura»: due braccia escon da una nube più in alto, protese in atto di accogliere il messaggiero celeste, con le parole «rimenato m’ a in ciel più netta e pura».
La tav. VI ci mostra il mercato de’ grani in Or San Michele, in un anno di carestia, con il tabernacolo miracoloso della Vergine, quale doveva essere prima degli abbellimenti posteriori, coll'ufficiale che siede al banco con la candela accesa per le contrattazioni. — Il mercato appare in gran scompiglio; alcuni sembrano questionare, altri piangono e si dolgono, campeggiano sulla folla i berrovieri armati di lancia e scudo accorsi a quotare il tumulto. Su in alto una mano protesa, quella di Dio, in atto di consegnare una spada al mostro della fame, che alle parole divine «l'anima serva e il corpo sia punito», risponde «io farò come tu m’ ai largito». Dalle ali del diavolo escon i versi «piangi eh’ ai donde eh’ addietro il ben torna», «in fame in charo vi farò dolere», «duol sopra duol che dio ci lascia al peggio». — L’ angiolo, con le tube spezzate, vola verso la nuvola gridando: «gioconda allegra son dentro al mio sito».
La tav. VII ci conserva una veduta di Colle di Valdelsa, dalle cui porte i somieri vuoti escono verso Fiorenza e carichi vanno verso Pisa, a ricordare​ che i cittadini di quella terra rifiutarono a Firenze il grano promesso per venderlo un po’ più caro a Pisa.
(1) LENZI, Domenico, detto il Biadaiolo. - "Domenicho Lenzi Biadaiuolo" si dice l'autore dello Specchioumano, un testo rilevante per la storia economica, letteraria e artistica della Firenze trecentesca. Incerta e carente la documentazione relativa a questo personaggio. (Fonte Treccani)
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