Ponte Vecchio
Il primo ponte che Firenze abbia avuto sull'Arno è incerto se fosse dove è oggi quello che chiamiamo Vecchio ed è opinione di alcuni storici che egli slanciasse le sue arcate sul fiume fra la base del poggio San Giorgio nel punto fra le piazze dei Tempi e dei Giudici sotto l'ultima delle quali restano visibili ancora gli avanzi di una pigna. Ma l'Osservatore non partecipa di codesta opinione credendo egli si sia pensato a costruire un ponte fra le estremità ora dette dopo la piena del 1333, reputando codesto luogo per la sua maggiore ampiezza più adatto di quello dove il ponte è al presente; e che la cagione perchè non si continuò in quel proposito altra non possa essere stata che lo spostamento grandissimo che avrebbe portato la nuova ubicazione alla importantissima via che metteva in comunicazione diretta Porta Romana con porta S. Gallo, via praticata fino dal tempo che Firenze era colonia romana.
Ma sia che si voglia sulle intenzioni di dare al ponte località diversa basta oggi sapere con certezza che nel 1177 il Ponte Vecchio era dove oggi si trova, sapendosi per documento non dubbio che in quell’anno la seconda delle sue pile dal lato di S. Felicita fu rovesciata dalle onde. (1) Ricostruito subito dopo la data ora detta, si ignora quali forme prendesse, ma la denominazione di Ponte Vecchio gli venne solo dopo la edificazione del ponte sopraccorrente che si chiamò Rubaconte, in onore di Rubaconte da Mandella, Podestà di Firenze che lo fece costruire e che oggi per l'Oratorio che vi stette per secoli dedicato alla ver¬ gine si chiama il Ponte alle Grazie.
Quando il Ponte Vecchio avesse le forme della costruzione presente non occorre andare ad investigarlo presso i pubblici archivi, vedendosi a destra di chi valica il Ponte stesso (2) dalla via Por Sante Maria una iscrizione che ciascuno può leggere e che ne ragguaglia così:​
NEL TRENT'TRE DOPO ’L MILLE TRECENTO
IL PONTE CADDE PER DILUVIO D'ACQUE
P I DODICI ANNI QUANDO AL COMUN PIACQUE RIFATTO
FU CON QUESTO ADORNAMENTO (3).
Sorse dunque con le nuove forme quando Arnolfo e Giotto non erano più, ma quando per ventura potevasi affidare l’opera a un Taddeo Gaddi, ingegno non indegno per certo di successore come capomastro per le fabbriche del Comune, ad uomini tanto singolari; e senza poter dire quello che altri sarebbe stato capace di fare giustizia vuole si dica che egli ci aveva lasciato un monumento da non desiderare di più.
Il Ponte disegnato e costruito da lui, oltre di essere della massima comodità, era anche superbo pei grandi suoi tre archi di mirabile robustezza rinfìancanti per modo da dare all’ insieme con gli edifìzi che sovrastavano le arcate laterali, l'idea della eternità. (4)
Lasciata affatto libera la parte centrale, dove rimaneva a così dire una piazza, i lati lunghi del ponte erano coperti da fabbricati rettangoli nei quali si erano praticate arcate per uso di negozii e su queste terrazze scoperte con sedili per godersi il fresco o la vaga vista del fiume; terrazze alle quali si accedeva per quelle anguste ma graziose porticelle che ancora si vedono nelle piazzuole accennate. (5)
Le arcate dei quattro rettangoli, contrariamente a quanto crede il popolo, non furono mai in comunicazione fra loro (6) e perciò non avrebbero mai potuto servire, nè lo potrebbero d’ora innanzi, ad uso di loggiati o di vie coperte; ma furono edificate col solo​ fine di servire ad uso del Commercio, ed era severamente proibito a chi aveva quelle botteghe in affitto per qual si volesse fine alterarle. Che quelle arcate non fossero state costruite per servire ad uso di vie coperte, a certi artisti che si sono occupati del ponte avrebbe dovuto bastare l'osservazione delle interruzioni centrali ed i bei sodi che circoscrivono ciascuna sezione; ma gli artisti generalmente, nonostante non comportino ad altri di occuparsi delle loro professioni non sempre vedono a dovere, e qui mi pare se ne abbia riprova palpabile.
Il Ponte essendo stato inalzato in tempo che il governo della città ei’a nelle mani di parte Guelfa, è ornato degli stemmi della parte medesima, di quelli della chiesa, della casa d’Angiò ed anche dello stemma degli Uffìziali di torre ai quali il ponte era soggetto.
Gli archi e botteghe furono e sono quarantotto, e da queste che non avevano le cosiddette madie in aggetto, che tanto tolgono alla bellezza e maestà del ponte intero, come alla viabilità ritraeva il Comune una rendita così rispettabile che nel tumulto dei Ciompi potè essere assegnata dalla plebe ad Averardo de’ Medici perchè gli servisse a stipendiare una milizia. (7)
Non furono come si crede generalmente dal popolo, quelle botteghe ad uso esclusivamente dei beccai e macellari, ma vi trovarono luogo pizzicagnoli, calzolai, linaiuoli e fabbri ed ogni altra sorta di venditori, non opponendovisi fino al 1591 alcun regolamento; ma in quest’epoca una ordinanza dei Capitani di parte essendo divenuto questo luogo per il soverchio ingombro quasi un mercato comandò lo sfratto di tutti i vecchi esercenti destinando tutte le botteghe del ponte agli argentieri ed agli orafi.​
Quando venisse conceduto che le botteghe con rag¬ giunte dei muriccioli invadessero lo spazio riservato al pubblico, l’Osservatore non lo ha potuto rintracciare, ma non gli sembra debba essere da tempo remoto perchè la fattura del pietrame mostrerebbe non potesse essere più antica del secolo XVIII.
Egualmente ignote restano le notizie sulle prime concessioni ci praticare ai terghi delle botteghe quelle che si dissero terrazze coperte e che si sorreggono su puntoni; solo si sa, che nel 1749 un Pietro Ciseri, orefice, che possedeva uno di codesti negozi domandò di poter fare alla sua bottega una terrazza conforme esistevano alla maggior parte dei terghi dei negozi, spostando sul fiume per braccia fiorentine 4 braccia e per tutta la lunghezza del proprio possesso che era di braccia 7; domanda soddisfatta senza difficoltà e con la sola condizione che egli si obbligasse a sostenere la stanzetta con buone mensole sorrette da puntoni di castagno e travi di ferro ed al pagamento per una sola volta di lire fiorentine 14 da passarsi alla cassa di S. M.
Quello che fosse il ponte decorativamente all’interno osservandone l’ultima sezione dal lato del Borgo Sant’Jacopo si può ancora argomentare; non​ così l'esterno, della cui vecchia decorazione non è più alcuna traccia (8), ma è certo che ella dovette essere della più grande semplicità.
Ai nostri tempi più volte si è mostrato il desiderio di togliere il ponte a quel miserabile pittoresco nascente dall’infelice aggregato di costruzioni, nessuna fatta con garbo, che vi si vede al presente; ma, incredibile a dirsi, in cosa che dovrebbe esser tanto facile per i progettisti quanto sarà scabroso per il Comune il rivendicare la proprietà di quei negozi per rimettere il ponte a dovere, non si è ancora trovato un architetto che abbia mostrato d’intendere quello che occorra alla reintegrazione dell’opera di Taddeo Gaddi, e forse, e soprattutto, perchè ciascuno artista ha preteso fin qui di sostituire se stesso e le proprie idee a quelle del grande artefice, sperando ciascuno di essere dichiarato egli stesso l’autore delle decorazioni del ponte superbo.
Giuseppe Martelli, ad esempio, aveva ideato per il Ponte Vecchio, or sono trent’anni, un disegno che sarebbe stato eccellente (?) volendo inalzare di pianta un ponte coperto e ne abbiamo un saggio nella bottega fatta decorare da Luigi Ricci nella quale sono membrature bene intese ed una eleganza squisita; ma restata inattuata ed inattuabile oltre tutto perchè palesando di troppo il gusto moderno sarebbe stata affatto disdicevole alla ornamentazione dell’ opera severa sulla quale avrebbe dovuto essere innestata. (9)
Dopo del professore Giuseppe Martelli si provò Ferdinando Comolli, appena uscente dall’ accademia a fare alle arcate dei negozi una ricca decorazione medioevale; ma per quanto la sua idea fosse più razionale di quella del professore la forma infelice non la fece prendere in con iderazione. Nell’anno ora per¬ duto tutti hanno potuto vedere all’accademia delle belle arti un progetto di riduzione del Ponte Vecchio progetto che confido non sarà stato preso sul serio da alcuno perchè non meno condannabile degli altri, vedendosi in quelle linee trasformato l'edifizio della Taddeo Gaddi in un ponte militare nel quale annullata affatto l’idea del costruttore riducendo tutte le arcate sul mezzo tondo con sovrapposte finestre bifore perfettamente eguali a quelle del palazzo di Signoria, finiva con torrini alle testate identici affatto a quello che resta ancora sull’Arno a contrafforte delle mura di San Frediano e col coronamento ad archetti e merli guelfi come al palazzo del Podestà, come il torrino ora detto e come ogni edifizio fortificato del medio evo suoleva farsi fra noi.
L’apertura delle arcate di via degli Archibusieri ha reso anche più urgente la necessità di liberarlo da tutte quelle superedifìcazioni che sparito il ghetto lo residueranno ad essere il luogo più miserabile del centro della città. A farci desiderare quello che già i Capitani di parte nel 1591 che cioè per l'ornamento e maggior bellezza della città per fare più riguardevole e comodo a soddisfazione universale il Ponte Vecchio luogo frequentatissimo dalla cittadinanza e dai forestieri, prendano gli edili nostri a riattare il semplice e tanto maestoso monumento facendo ogni sforzo per liberarlo almeno da tutte quelle barbare superedifìcazioni che la incurante bonomia dei nostri vecchi vi lasciò radicare, ma che non si può condonare che Firenze, a vergogna di sè stessa tolleri ancora.
(1) Vedi l’opuscolo di Domenico Maria Manni, della antichità sovraggrande del Ponte Vecchio.
(2) Nella piazzetta di sinistra è altra iscrizione in latino relativa alla costruzione medesima.
(3) Questa data del 1345, proverebbe come si debba e sersene dibattuta lungamente l'ubicazione.
(4) Questo ponte per testimonianza degli storici costò alla Repubblica oltre 70,000 fiorini d’oro.
(5) In queste terrazze da una parte edificò il Vasari il corridore, le altre abusivamente sopportano supereclifica- zioni che il Comune dovette far di.tutto perchè prontamente sparissero.
(6) Alcuni negozi furono costruiti con doppia arcata.
(7) Nel 1371 quella rendita superava 600 fiorini d'oro.
(8) Da quella parte il ponte rinfiancava in due edifizi, uno dei quali mirabile esiste ancora pressoché intatto, ed è la torre dei Mannelli, e nell’edifizio di fronte a questa dove si trovava uno Spedale dei Pellegrini la cui primitiva costruzione sarebbe facile ritrovare sotto rintonaco della infelice riduzione.
(9) Il disegno del Martelli portava il ponte tutto coperto a cristalli.
Muraglie fortissime che s'incontrano specialmente ai piani terreni e nelle cantine, possono essere tracce delle costruzioni romane...
In origine il Mugnone sfociava nell'Arno nei pressi dell'attuale Ponte Vecchio e la confluenza tra i due fiumi era stata una delle probabili cause della scelta del sito per l'edificazione della citta romana
Si tratta forse del miglior esempio di realizzazione del sogno romantico di medioevo della nutrita colonia inglese che nell'Ottocento
Uno scrittore pagato dai potenti dell'epoca oppure un uomo che ha dedicato il suo tempo ai meno fortunati?