L'ultima condanna a morte a Firenze.
Il patibolo conobbe la sua ultima vittima a Firenze quando Emilio Lapi (1), in possesso di un prezioso tesoro, lo trasportò sull'Isola di Portoferraio. Era una modesta croce di appena 25 centimetri, apparentemente insignificante ma di importanza storica.
La croce venne presentata all'ultimo condannato a morte proprio mentre si preparava ad affrontare l'impiccagione in piazza Beccaria a Firenze, il 22 febbraio 1817.
Questo fatto avvenne dopo che il Granducato di Toscana, il 30 novembre 1786, eliminò la pena di morte, per poi reintrodurla nel 1790 per i crimini eccezionali. La pena fu definitivamente abolita il 30 aprile 1859, dal Governo della Toscana del 10 gennaio 1860, sottoscritto da Bettino Ricasoli alla vigilia dell'unione della Toscana con lo Stato Italiano.
Spesso queste esecuzioni si trasformavano in spettacoli cruenti e macabri, suscitando vivaci dibattiti anche nel campo medico-scientifico. Nel 1817, durante l'impiccagione del "brigante Guazzino" presso la Misericordia, il "professore d'anatomia umana comparata e pittorica Filippo Uccelli dell'Università degli Studi di Pisa, residente a Firenze" inviò una lettera. In essa, il professore chiedeva il trasferimento del corpo di Antonio Guazzini al teatro anatomico del Regio Ospedale di Santa Maria Nuova. Lo scopo era investigare con precisione la causa della morte degli impiccati, se derivasse dalla lussazione della prima vertebra del collo o da apoplessia. Inoltre, il corpo sarebbe stato utilizzato per le lezioni di anatomia ai pittori dell'Imperiale Scuola delle Belle Arti di Firenze.
La richiesta fu accolta, e il servizio eseguito venne registrato nei documenti ufficiali. La descrizione riporta che il 22 febbraio 1817, Antonio Guazzini fu giustiziato per impiccagione da un boia proveniente da Roma, Giovan Battista Bugatti, noto come "mastro Titta". Dopo la benedizione presso la Badia, Guazzini fu condotto al patibolo attraverso un percorso specifico, fino a essere preso in carico dalla Compagnia che successivamente trasferì il suo cadavere all'Ospedale di S. Maria Nuova per la dissezione richiesta dal professor Uccelli.
Le deduzioni scientifiche del professor Uccelli non sono note, ma nell'estate dello stesso anno, la Segreteria di Stato annunciò pubblicamente le "Sovrane determinazioni". Queste prevedevano la sostituzione dell'impiccagione con il "taglio della testa" durante le esecuzioni capitali, poiché questa forma di morte era stata riconosciuta come fisicamente meno dolorosa.
La croce giunse a Portoferraio attraverso Mario Foresi (2), che ne preservò la narrazione. I protagonisti erano il condannato, il brigante Guazzino (Antonio Guazzini), originario di Casacce Sinalunga (Siena), il boia Mastro Titta e il frate Bernardino.
Guazzino, meno celebre del "Passator cortese" di Giovanni Pascoli, era comunque un fuorilegge temuto nel Granducato di Toscana. Mastro Titta (3), noto come "er boia de Papa-re", venne chiamato appositamente a Firenze per giustiziare Guazzino, vantando la fama di essere il boia più celebre d'Italia, con oltre 514 esecuzioni in quasi 70 anni di attività.
Le storie di Guazzino e Mastro Titta, che sarebbero potute scomparire nell'oblio giudiziario dell'Italia preunitaria, furono salvate e tramandate da Sandro Foresi, letterato elbano e appassionato collezionista, noto per la sua capacità di selezionare oggetti carichi di emozioni.
Il crocifisso, originariamente regalato al pittore Emilio Lapi da padre Bernardino dell'oratorio di ponte alla Carraia (4), accompagnò Guazzino fino al patibolo di Porta alla Croce, diventando l'ultimo testimone delle sofferenze dell'esecuzione capitale. Nel 1888, Mario Foresi ottenne il crocifisso e lo valorizzò con un piedistallo, annotando personalmente l'anno, le circostanze e il donatore.
Mentre Mastro Titta divenne una figura leggendaria, Guazzino rimase un ricordo sbiadito, contribuendo però a creare, attraverso i racconti post-unitari, un'aura romantica di ribelle generoso, eroe della protesta individuale contro gli oppressori.
(1) Emilio Lapi è stato un pittore, incisore e disegnatore italiano del XIX secolo. È nato a Firenze nel 1822 e ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Raffaello Buonaiuti e Giuseppe Bezzuoli.
(2) Mario Foresi è stato uno studioso e intellettuale elbano del XIX secolo, nato a Pisa nel 1849 e morto a Firenze nel 1932 1. Foresi ha raccolto l’eredità del padre Raffaello e dello zio Alessandro, grandi collezionisti e cultori di storia delle arti figurative 1. Nel 1914, ha donato la sua collezione privata di oggetti d’arte alla città di Portoferraio, che ha dato origine alla Pinacoteca Foresiana.
(3) Mastro Titta è il soprannome di Giovanni Battista Bugatti, un boia italiano dello Stato Pontificio noto anche come “er boja de Roma”. La sua carriera di incaricato delle esecuzioni delle condanne a morte durò ben 68 anni ed iniziò all’età di 17 anni, il 22 marzo 1796: fino al 1864 raggiunse la quota di 514 condanne a morte.
(4) L'Oratorio di Santa Maria alla Carraia, eretto sulla coscia sinistra dell'omonimo ponte nella seconda metà del XIV secolo, fu demolito nel 1867. Tale decisione seguì l'approvazione di un progetto per l'ampliamento del ponte alla Carraia e l'esecuzione di interventi di risanamento lungo l'attuale lungarno Soderini.
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