Sesso sfrenato o prurito da grattare?
Sant'Agostino (354-430) una volta disse: "Rimuovi le prostitute dal mondo e la lussuria scomparirà da ogni parte." Non era un complimento, anzi, lo faceva in modo critico, paragonando le prostitute ai carnefici. Voleva affrontare un grosso problema sociale dell'epoca: la sodomia.
Nel 1329, fu introdotto un provvedimento che diceva: "I postriboli devono essere situati in luoghi specifici." Questo significava che i bordelli furono spostati fuori dal cuore della città. Inoltre, le case di appuntamento illegali venivano demolite, e le prostitute venivano punite con frustate e marchiate a fuoco sulla guancia sinistra se ripetevano l'offesa.
Un di questi bordelli si trovava inizialmente a Campolucio, che era un ex lebbrosario situato vicino al Mugnone, un piccolo fiume che scorreva fuori dalle mura della città. È interessante notare che oggi alcune di queste zone sono parte del centro di Firenze. Tuttavia, visto il grande successo del bordello a Campolucio, fu presto deciso di creare un intero quartiere a "luci rosse" nella zona del Mercato Vecchio, che oggi è conosciuta come piazza della Repubblica.
Nel passato di Firenze, c'era un aspetto della vita cittadina che coinvolgeva molte persone, tutte accomunate da un unico obiettivo: sfruttare i desideri e i vizi spesso segreti delle persone. Questo avveniva attraverso mezzi come il gioco d'azzardo, l'alcol e i "magnati" dell'immobiliare che affittavano piccole stanze a prezzi esorbitanti. In queste stanze, molte donne, uomini e ragazzi venivano costretti a prostituirsi. È importante notare che, come oggi, non tutti erano costretti a vendere il proprio corpo; per molti, era semplicemente un modo per sopravvivere in una Firenze difficile.
Gli "immobiliaristi" sopra citati erano spesso personaggi influenti con potenti amicizie. Grazie alla loro influenza, decisero che i bordelli dovessero essere ubicati nelle zone più centrali della città anziché in periferia. Non c'era più bisogno di nascondersi, e nemmeno la paura dell'eterna dannazione poteva fermarli.
La famiglia dei Medici iniziò a salire al potere attraverso la gestione dei bordelli situati in luoghi come l'attuale Hotel Savoy in via Roma. Questa famiglia veniva persino chiamata "la Masnada del Mercato Vecchio". Uno dei loro bordelli più redditizi era l'Ostello dei Medici in via de' Cardinali (oggi via de' Medici), e rimasero proprietari di questa struttura fino al 1500, come indicano i documenti catastali. Tuttavia, i Medici non erano gli unici a trarre profitto dalla prostituzione; anche i Tosinghi e i Tosi, i vice-domini della sede vescovile, guadagnavano affittando case ai ruffiani e ai magnati dell'immobiliare.
Gli interessi legati a questa situazione erano molteplici, ma tutti avevano un obiettivo in comune: sfruttare le persone in base ai loro desideri e vizi, spesso inconfessabili, usando questi desideri come strumento. Questo coinvolgeva donne, uomini e ragazzi. Nel passato di Firenze, c'erano diversi problemi sociali, tra cui il gioco d'azzardo, l'alcolismo e avidi "immobiliaristi" che affittavano catapecchie a prezzi esorbitanti. In queste catapecchie, i papponi, i manutengoli e i lenoni costringevano le persone a prostituirsi.
Va notato che, come avviene anche oggi, non tutti coloro che si dedicavano alla prostituzione erano costretti a farlo. Per molti, era un modo per cercare di migliorare le proprie condizioni di vita.
I suddetti "immobiliaristi" erano spesso figure di spicco, con amicizie potenti che influenzavano le decisioni prese a Palazzo Vecchio. Queste decisioni includevano la scelta di posizionare i bordelli nella zona centrale della città invece che in zone periferiche. L'opacità delle azioni, oggi come allora, sembra non spaventare più nessuno.
La famiglia dei Medici inizia così la sua ascesa al potere attraverso i bordelli situati nella zona che oggi ospita l'Hotel Savoy, in via Roma. Questa zona era conosciuta come "la Masnada del Mercato Vecchio". Uno dei bordelli più redditizi dei Medici era situato in via de' Cardinali, oggi conosciuta come via de' Medici, chiamato l'Ostello dei Medici. I Medici rimasero proprietari di questo bordello fino almeno al 1500, come indicato nei documenti catastali. Non erano gli unici a trarre profitto dalla prostituzione; anche i Tosinghi e i Tosi, che erano i "vicedomini" della sede vescovile, guadagnavano affittando case ai ruffiani e ai papponi.
I Brunelleschi e i Pecori, noti nomi dell'epoca, affittavano interi edifici per scopi di prostituzione, e le strade che portano ancora oggi i loro nomi testimoniano questa attività. La prostituzione era un affare sempre redditizio e resistente alle crisi economiche, come lo è sempre stata. Nel contesto di Firenze nel medioevo, una città in rapida espansione doveva accogliere numerosi stranieri, e il sesso era una componente essenziale di questa accoglienza.
È interessante notare che nei documenti dell'epoca si trova un aumento delle denunce e dei processi nei confronti di coloro che dichiaravano entrate modeste al fine di evitare di pagare troppe tasse. Questo riflette la realtà sociale dell'epoca, in cui molti cercavano di nascondere la loro coinvolgimento nella prostituzione per evitare problemi legali o fiscali.
A Firenze, praticamente ogni zona della città aveva la sua presenza di postriboli. Uno dei primi fu situato intorno alla Chiesa di San Lorenzo, che comprendeva bagni pubblici o "stufe" e case private. Michel de Montaigne, scrittore francese del XVI secolo, scrisse nel 1581 delle prostitute fiorentine, descrivendole come "vestite male, non belle né attraenti" e "concentrate in un quartiere particolare", vivendo in "alloggi vili e miserabili". La sua conoscenza dettagliata di queste condizioni di vita potrebbe suggerire una familiarità con questi luoghi.
Le parole di Jarro in "Firenze sotterranea" del 1881 dipingono un quadro ancora più crudo di questi luoghi, descrivendo gli angoli più oscuri e depravati dell'ambiente della prostituzione. Queste testimonianze ci offrono uno sguardo storico interessante ma crudo sulla realtà della prostituzione a Firenze in quel periodo.
Nel XV secolo, Firenze era un luogo pieno di vita, con le sue strade, piazze e vicoli che ospitavano un'ampia varietà di persone e attività. Tra queste, c'erano anche postriboli, spesso situati in diverse parti della città. Questi luoghi erano frequentati da prostitute e da coloro che le visitavano, creando una realtà che faceva parte della vita quotidiana di Firenze.
Immaginatevi nel cuore del XV secolo, lasciatevi alle spalle il magnifico Duomo e il Battistero di Firenze. Attraversate la Volta dei Pecori e vi troverete nella Via dell'Arcivescovado, che inizia dal Canto alla Paglia (l'odierno incrocio tra via de' Cerretani e via Borgo San Lorenzo) e si estende fino all'inizio di via Roma. Successivamente, la strada prende il nome di via della Macciana, tra l'arco dei Pecori, sull'attuale via de' Pecori, e il Mercato Vecchio. È qui che inizia a comparire la presenza dei primi postriboli e delle "botteghe" delle prostitute, molto prima dell'Amsterdam odierna.
Proseguendo, arriverete al Chiasso di Malacucina, ora noto come via Tosinghi, che era la strada bordello più famosa di Firenze, quasi un simbolo della città. Questa strada conduceva alla piazza "grande" o "culla" del Frascato, un luogo che aveva una reputazione malfamata e decadente. Questa area sarebbe stata successivamente ristrutturata su progetto dell'architetto Bernardo Buontalenti, ma in quel periodo ospitava esecuzioni e situazioni che sembravano quasi provenire da un racconto kafkiano: amore, morte e disperazione.
Dalla piazza del Frascato, avreste potuto procedere lungo via della Vacca (l'attuale via dei Pecori) e via Guadalotti. In questo modo, sareste giunti al Chiasso dei Buoi, oggi noto come via Teatina, una strada malfamata e tortuosa che emanava un fascino peccaminoso di un passato squallido. Da qui, sareste potuti arrivare a via Padella, famosa per i cibi fritti, e alla Stufa di Lippozzo Mangione, una nobile famiglia fiorentina, di fronte alla Chiesa di San Michele Berteldi. Oggi, di questi palazzi, rimangono solo alcuni nomi, ma erano situati tra via de' Pecori e Piazza della Repubblica, tra via Roma e Piazza degli Antinori (già piazza di San Michele Berteldi), con un'incursione verso Santa Maria Maggiore, dove era situata la Berta, una testa marmorea.
Nel 1476, la peste fece la sua ricomparsa a Firenze, portando con sé malattie, contagio e morte. Due anni dopo, venne promulgata una legge che minacciava la forca per ruffiani, papponi e prostitute, ordinando loro di allontanarsi dalla città. Questa paura della morte ebbe un impatto moralizzatore e fece tornare i mariti alle loro mogli, contribuendo alla stabilità della società. Con il declino dell'epidemia, la popolazione crebbe, e sembrava che tutto stesse tornando alla "normalità". Tuttavia, fu anche un periodo in cui il frate domenicano Savonarola iniziò a condannare le donne, che sentirono la vocazione non solo per diventare prostitute ma anche suore, in un periodo di "nefandi eventus."
La zona della Baldracca, che si estendeva dalla Chiesa di San Piero Scheraggio (oggi occupata dalla Galleria degli Uffizi) a quella di Santo Stefano al Ponte , era particolarmente famosa e conosciuta. Qui si trovava la Torre dei Sassetti, dove persino Jacopo Saltarelli, un personaggio che avrebbe messo in difficoltà persino Leonardo da Vinci, si prostituiva.
Altre case chiuse si aprivano vicino alle antiche terme romane, dando vita al famigerato chiasso della Bombarda, tra via delle Terme e via Santi Apostoli. Non lontano da qui si trovava il chiasso del Parione. Ci sono molti altri luoghi famosi per la prostituzione e il gioco d'azzardo, come il vicolo del Chiasso, della Vacca e del Porco (all'interno del "Postribulus Magnus"). Poi ci sono quelli di Chiassolino e Oche, nella via omonima, delle Bertucce, nei pressi dell'attuale Corso, della Malvagia (vicino a San Cristofano "dirimpetto al chiasso"), di Panico (tra il Corso e via Dante Alighieri), di Vinegia (la strada omonima dietro Palazzo Vecchio), del Buco (tutt'ora collega via Lambertesca e Piazza Saltarelli), e molti altri.
Questi luoghi erano frequentati dalle "male femmine," come venivano chiamate, e nel 1502 furono sgomberati da queste zone mediante una delibera. Tuttavia, il problema si spostò altrove, con alcune prostitute e papponi che si stabilirono tra Ognissanti e il Prato, occupando strade come via della Scala, via dei Fossi, via Nuova (via del Porcellana) e via del Trebbio. Altre si trasferirono in zone come "Gualfonda" (l'attuale via Valfonda), via Faenza, via Guelfa, via San Gallo e nelle vicinanze della Basilica di San Lorenzo.
Da qui, le troverete anche in via della Pergola, via Fiesolana, nel rione di Sant'Ambrogio e in via dei Pentolini (l'odierna via dei Macci). Questa via conduceva a un altro centro principale del "commercio carnale", il quartiere di Santa Croce, dove si trovava un grande e famoso bordello pubblico vicino a via del Giardino (ora via dell'Ulivo).
Le donne coinvolte in questa professione dovevano pagare tasse, ottenere un permesso per lavorare e rispettare le tariffe stabilite dagli Ufficiali dell'Onestà, a seconda di vari fattori come la loro posizione e il loro aspetto. Questi ufficiali venivano chiamati anche per risolvere dispute tra clienti e prostitute o tra prostitute e papponi. Lo Stato tratteneva una parte significativa dei loro guadagni e divenne in certo senso il loro protettore, anche se non riuscì a proteggerle dalle violenze dei loro ruffiani o dei clienti.
Ogni anno, le prostitute erano obbligate a partecipare a una cerimonia nella Basilica di Santa Maria del Fiore, il Duomo, durante la Quaresima e la Pasqua. Questa cerimonia era tenuta rigorosamente a porte chiuse e consisteva in una predica in onore di Maria Maddalena, la santa prostituta redenta da Gesù, considerata la patrona delle meretrici. L'inosservanza di questa cerimonia era severamente punita.
Le prostitute professioniste non potevano permettersi di avere relazioni sentimentali, in parte a causa dei loro protettori e in parte a causa delle malattie che spesso le condannavano a una morte orribile e prematura, oltre che a un invecchiamento precoce e malato. Un antico libro dei conti contiene una copia di una poesia di autore anonimo che recita: "A puttana non portare amore.../ Femmina lusinghiera è traditrice / ella non tama come ella dice.../ Femina vana di molto s'inbarda, / nolla amare, anzi te ne guarda. / Lassala andare, che nel fuoco arda." Questa poesia riflette la relazione complessa tra le prostitute e i loro clienti, dove l'amore spesso si basava sui soldi e scompariva quando i soldi finivano.
Nel corso dei secoli, Firenze ha visto un gran numero di strade e vicoli frequentati da prostitute, alcune delle quali sono diventate famose anche nei decenni successivi. In alcuni casi, su richiesta dei cittadini rispettabili, venivano erette pareti di legno lungo alcune strade per separare le prostitute dalla gente comune, creando una sorta di esilio temporaneo per queste donne, anche per coloro che non erano iscritte all'albo delle prostitute.
Un aspetto interessante è che alcuni dei bordelli pubblici, come quello del Giardino, via dell'Ulivo e dei Quattro Pagoni, avevano al loro interno osterie, botteghe e "scuole di ballo". Questi luoghi venivano dati in appalto "al suono di tromba alli più offerenti" e potevano essere utilizzati solo quando non c'era una minaccia di epidemie. Le "male femmine" che lavoravano in questi luoghi non potevano uscire senza un permesso scritto, altrimenti sarebbero state punite severamente. Tuttavia, queste minacce non sembravano essere un deterrente, poiché le prostitute cambiavano spesso luogo e rimanevano sempre in movimento.
Infine, molte donne sposate richiedevano un "bullettino" per esercitare la prostituzione, spesso per sfuggire a un marito che le costringeva a prostituirsi in casa propria. Gli Ufficiali dell'Onestà stabilivano le tariffe in base al tipo di donna, se fossero cortigiane o di strada, in base al loro abbigliamento e al luogo in cui lavoravano. Questi ufficiali venivano anche chiamati a risolvere le dispute tra clienti e prostitute, nonché tra prostitute e papponi. In questo modo, lo Stato traeva profitto dalle attività delle prostitute, ma non riusciva a proteggerle completamente dalle violenze e dalle difficoltà della loro vita.
Insomma, la storia dei postriboli a Firenze è un capitolo complesso e affascinante della storia della città, che coinvolgeva una vasta gamma di persone e situazioni, riflettendo le sfide e le complessità della vita urbana nel Rinascimento.
Bibliografia:
Franco Sacchetti, Le trecento novelle, Giulio Enaudi editori, Firenze,
1970 P. I. Fraticelli, Delle antiche carceri di Firenze, Giuseppe Formigli, Firenze, 1834 Benedetto Varchi, Storia Fiorentina, della Società Tipografica dei Classici Italiani, Milano, 1803
Donatien Alphonse Francois de Sade, Viaggio in Italia, Newton Compton Editori, Roma, 1993
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