Provvedimenti e soccorsi del Governo Italiano
nell'inondazione del 1864 e del Granducale in quella del 1844
Unicuique suum
La Gazzetta di Firenze ed i giornali manutengoli, salariati per illuminare le menti, hanno ascritto a merito unico del governo italiano, i pochi danni arrecati in città da questa inondazione. Con enfatiche parole ogni ora hanno gareggiato a innalzare alle stelle governo e municipio, quasi che il cerajolo Giulio Carobbi (1) abbia, come Mosè, ordinato alle acque di arrestarsi. Non é necessario protestare che non scriviamo per ira e passione, perchè proveremo co' fatti che governo e municipio ben poco operarono, e quel poco assai male.
Consumarono il tempo prezioso in adunanze, in proteste scambievoli di affetto, in inchini, in progetti, in gite dalla prefettura al municipio, e da questo a quella, mentre se avesse comandato ed ordinato un solo, sarebbe stato provveduto con maggiore sollecitudine, e spiegata più attività. Leopoldo II nel 1844 parlò poco e fece molto, e dietro il suo esempio governo e municipio, abbandonando complimenti ed etichette, si diedero unanimi a salvare la città. Vuole però giustizia che qui ricordiamo tre corpi, allo zelo ed operosità de' quali è minore ogni elogio; la milizia torinese, i pompieri, gli impiegati alle strade ferrate. Tutti costoro con nobile gara, con istancabile perseveranza, con ammirabile annegazione, con rischio molti anco della vita si esposero ad ogni fatica, affrontarono ogni pericolo. I generali stessi Cadorna (2) e Treville non si mostrarono generosi a parole, ma sotto l'acqua che cadeva a torrenti, notte e giorno perlustrarono tutte le vie della città, seguiti da tutti i loro ufficiali. Questi tre corpi ricordarono alla Toscana il regime di Lorena. Gli altri tutti in questa dolorosa catastrofe mostrarono lo zelo dei Greci, i quali al momento che i Turchi scalavano Costantinopoli, discutevano sulla luce del Tabor! (3)
Illustrazione dell'alluvione del 1864
Se i danni di questa inondazione furono ben lievi per Firenze, lo si deve intieramente al governo granducale. Dal 1844 al 1859 non si rimase un solo momento da ordinare lavori idraulici, da formare arginazioni, onde l'Arno ingrossando non avesse più o di poco ad allagare Firenze. I due grandi emissari, i quali ricevono le acque di tutte le fogne furono incominciati e condotti molto innanzi dal governo granducale, e sarebbero stati già da tempo ultimati, se la Toscana non fosse passata in mano di millantatori, e poscia divenuta provincia di Torino. Il governo italiano in sei anni di poco gli proseguì, ma in alcuni luoghi son rimasti sospesi per difficoltà non saputo risolvere nè superare. Le grandi caleratte alla porta alla Croce ed a S. Niccolò furono poste sotto il governo granducale, come tutte quelle lungo l'Arno nella città. Le bene intese arginazioni che si estendono oltre la porla S. Niccolò, ed i non pochi condotti nella città di Firenze in comunicaziouc con gli emissari, furono ultimati sotto il regime di Leopoldo II. Al governo italiano spetta l'opera materiale dell'elevamento delle sponde lungo l'Arno Corsini e dal ponte Vecchio a S. Trinita, di cui già però era slata prevista l'utilità sotto il governo granducale dall'illustre commendatore Alessandro Manetti (4), nome benedetto da migliaia di famiglie per i lavori bene ordinali ed egregiamente compiuti nelle Maremme, celebre ancora per il prosciugamento del lago di Bientina, e per avere ritornato al loro natio splendore i più bei monumenti gotici de' quali a dovizia e ricca Firenze. Al governo italiano spettano le arginazioni lungo l'Affrico portale via dall'acque.
E quanto ai provvedimenti presi dopo il grave disastro, che fece di più l'italianissimo municipio ed il governo, che non avessero appreso da quello granducale nell'inondazione del 1844? Agl'infelici furono a quell'epoca con la maggiore sollecitudine apprestati gli opportuni soccorsi, presi provvedimenti di ogni specie per tutelare la vita dello persone, per recare alimenti a chi ne avesse bisogno, per alloggiare in luoghi non umidi le famiglie, le cui abitazioni erano state inondale. L'autorità governativa, la militare, la civica ben più allora gareggiarono di zelo, animate dall'esempio del loro amato sovrano, e tanto più degne di elogio e d'ammirazione, in quanto che allora non assuefatte a tali disastrosi eventi. Barche galleggiavano per tutte le vie coperte dalle acque a grand'altezza, in cui si portava a dovizia acqua potabile, e pane si donava a chi ne voleva ed a chi non ne voleva. Il principe Neri Corsini (5), allora segretario di Stato, il Cempini ministro di Finanze (6), e Pier Francesco Rinuccini gonfaloniere (7) non erano uomini ciarlieri nè millantatori, e nel governo dello Stato e della Comune non facili a lasciarsi vincere in operosità, in zelo ed in carità. Un grave errore commise però il governo granducale, di non avere mandato barche tinte a tre colori, come si è usata nella inondazione presente. Oh! quale consolazione non sarà stata agl'infelici che si trovavano nell'acque vedersi avvicinare una barca co' colori nazionali! (8) Imbecilli anco nelle disgrazie! Nel 1814 dai commissariati entro le sole mura di Firenze, ed in quattro giorni furono dispensate sedici mila cinquecento libbre di pane! Quante ne ha elargite la comunità in questa inondazione? Lo ignoriamo ancora.
Sappiamo però che gli abitanti in via delle Torricelle (9), ove l'acqua sali alla maggiore altezza, niuno ebbe pensiero di soccorrere; e che dalle ore ventitré del giorno sei, alle sette della susseguente mattina vissero nelle più acerbe smanie e disperazione, niuno vedendo in aiuto. Un solo carabiniere, Paolo Ferro, tirando un barroccio con gran fatica, e lottando con pericolo di vita contro le acque, preservò quelle abitazioni e le famiglie da più grandi disastri. Sappiamo anco che fuori la porta a Pinti (10), ove l'acqua era pure a grande altezza, ed ove molte famiglie si trovavano senza alimenti, solo sulla sera comparvero due giandarmi con del pane, mentre il cav. Tempestini, provveditore della Misericordia, aveva fino dalla mattina mandato pane e carne in abbondanza per non poche persone, rimaste nella casa del cappellano del Campo Santo.
Nell'inondazione del 1844 il governo granducale, in unione all'autorità ecclesiastica, volle fosse scoperta alla venerazione l'immagine miracolosa della SS. Annunziata, onde dell'affliggente desolazione implorare il soccorso divino. Ma il governo italiano, che asinescamente ritiene per fenomeni i flagelli del cielo, non ricorse nè a preghiere nè a santi. Il calvinista, il luterano, il buddista, il greco scismatico, l'ebreo riconoscono un Dio punitore, lo temono e pregano. Anche l'Idolatri scongiurano i loro idoli siano sole o luna, cipolle o coccodrilli: ma il governo italiano è ateo, nulla crede, di nulla paventa, adora soltanto oro, e neppure teme i disastri della bancarotta (11). Almeno rispettasse la fede e la pietà altrui!
La stessa notte del sei, mentre l'Arno cresceva minaccioso, la popolazione passava ore d'agonia, sul Duomo e per le vie non inondale percorrevano torme di giovani scapestrali cantando arie rivoluzionarie e laide, e niuno intimava loro tacere.
Faceva raccapricciare! Ecco quali sono i proseliti ed i sudditi di un governo restauratore della morale, e che vuole assidersi maestro sul Campidoglio. E mentre gli animi erano angustiati, neir afflizione e nel timore di nuovi mali, il giornale insulso, la Chiacchiera, poneva in derisione il Pontefice mostrandolo, vestito in abiti episcopali, che strozzava la libertà, che quei sciagurati pretucoli confondono con la licenza. Tanto sono asini!
I giornali manutengoli hanno portato alle stelle le autorità del Municipio per i prodigati soccorsi. Non credo che sarà stato di un grande aiuto, se il prefetto, conte Cantelli (12), da Palazzo Vecchio ebbe la bontà di portarsi e rimanere al Municipio, onde con la presenza animare gli altri a provvedere a' bisogni più urgenti (13). Non credo sarà riuscito di molta consolazione a chi si trovava in mezzo alle acque o minacciato, che Giulio Carobbi si aggirasse in qua e in là per le vie con Brandimarte al fianco (14).
Tutti potranno convenire che Carobbi sia un ottimo cerajolo, ma per la nascita, per li studi, per l'ingegno incapace dell'alto ufficio di Gonfaloniere, occupato sempre da patrizi e da uomini versati in quelle materie. E quantunque sappiasi che la barca commutativa e spinta da Carlo Torrigiani e dall'ingegnere Lolli, e che il Carobbi solo è un materiale esecutore, pure non ostante i provvedimenti non potevano essere presi nè più serotini nè più inconcludenti. Ne sia d'esempio via delle Torricelle, ove maggiore era il pericolo e l'inondazione, ed i cui abitanti non ebbero neppure la consolazioue di vedere in viso nè Carobbi nè Brandimarte.
Il Carobbi a piedi fece come Erminia a cavallo:
Errò senza consiglio e senza guida
per tutta Firenze, si diede gran moto, e perciò la Gazzetta, la Nazione resero i meritati onori a lui, a Lotti ed a Brandimarte. E siccome gli adagi fiorentini mai errano, e perciò ubi multitudo ubi confusio, cosi se siamo bene informati, nella notte stessa della inondazione la comunità rimase senza torce, e fù necessario svegliare i dormienti e gaudenti servi della Misericordia per prenderne dalla compagnia. Nei disastri non vale il rumore, le parolone, l'ostentazione, ma per meritarsi l'amore del popolo richiedesi annegazione di sè, non millanterie ma opere. So il prefetto conte Cantelli, il Carobbi, il Torrigiani ed anco il nostro Brandimarte, in nulla simile a quello dell'Ariosto, all'avviso dell'inondazione, fossero montati in barche, e solcando le vie inondate si fossero fatti vedere a porgere pane, acqua ed ogni altro soccorso a chi pericolava, sarebbe stato giustizia dire che i loro cuori sentivano molto innanzi nella carità del prossimo e nell'amore di patria. Ma per essersi aggirati per le vie ove non vi era pericolo, avere seduto alla comunità a deliberare, parmi non abbiano diritto neppure ad essere nominati. Se non fosse stata l'ottima e generosa milizia torinese, i carabinieri, i pompieri, le guardie di sicurezza che solleciti ed animosi si esposero ad ogni rischio, Firenze non si sarebbe avveduta di avere un governo ed un municipio, e non le rimaneva che confidare nella Provvidenza Divina. I giornali rivoluzionari hanno levalo un gran rumore per i pronti soccorsi, che il governo e la comune presero a tutelare e soccorrere i danneggiati! In che consisterono? In alcune barche e carrozze con cui neppure regolarmente né con gran sollecitudine né in ogni luogo si distribuiva pane ed acqua, e si riconducevano alle abitazioni i cittadini, o si levavano overa pericolo. Ma tali provvedimenti erano stati appresi dal governo di Leopoldo II nell'inondazione del 1844.
A lode della verità però bisogna confessare che Giulio Carobbi ben conscio di sua poca capacità, più volte ebbe almeno il coraggio di dimettersi dal difficile ufficio; ma altrettante volle obbedendo ai voti de' suoi compagni s indusse a riprenderlo.
Era forse una commedia come quella di Giulio Cesare che mentre rinunziava ad essere capo dello Stato, pregava poi i senatori in ginocchio a riconfermarlo? Non abbiamo prove da assicurarlo. Giulio Carobbi intanto a ragione può insuperbirsi di avere veduti genuflessi ai suoi piedi un Gino Capponi (15), un Torrigiani (16), un Mannelli, un Lotti, a supplicarlo di non lasciare acefala la comunità. Con piacere dunque potrà ripetere a se stesso:
Tre volte nel cerume
Tre volte sugli altar!
Certo che se nel tempo dell'inondazione si fosse trovato a caso a fabbricare stoppino a Sesto, i fiorentini non si sarebbero accorti di sua assenza. Ma il merito maggiore del conte Cantelli prefetto, del Carobbi, e del municipio, a giudizio de' giornali illuminatori, consiste nell'avere ricoverato né conventi dei religiosi quante mai famiglie poterono, le cui abitazioni avevano sofferto dall' inondazione. Oh! ne hanno menato gran vanto! Ma quante ne alloggiaste, caro conte Cantelli, in palazzo Vecchio, pure quante ne prendeste con voi nella vostra abitazione? Quante voi, signor Carobbi, che pure avete una vasta casa, e non poche altre? Quante ne ricoverò Gino Capponi nel suo palazzo quasi un castello? Quante ne accolse nel suo, Carlo Torrigiani dal collo sulla destra e le mani sul petto? Quante ne mandaste dal Peruzzi? Quante n'ebbe Ridolfi? Quante ne alloggiaste nel palazzo Ricasoli? Impostori e buffoni! Siete generosi sempre col denaro e la roba altrui, caritatevoli del vostro mai! Sapete che fece LEOPOLDO II nel 1844? Sentite ed arrossite. Primo di ogni altro, nella real villa del Poggio a Cajano, ricoverò dugento individui e li alimentò per dei giorni a sue spese.
In quella villa ove passavano allegramente l'autunno i Peruzzi, i Ricasoli, i Ridolfi, i Capponi, i Digny e mille altri, adulando il Granduca che più tardi volevano tradire!
Ma alla Gazzetta di Firenze, a quella del Popolo, alla Nazione mancarono le pagine per innalzare al terzo cielo gli atti eroici, inauditi della guardia nazionale (17). Noi ci aggirammo per le vie di Firenze,o non vedemmo di questa milizia, che delle sentinelle poste alle cateratte lungo l'arno, dodici uomini alla casa del Mazzoni in via delle Torricelle, ov'era affondato un pavimento, ed altre ancora da via degli Archibusieri, che proibivano il passo ai pedoni, e dalle Logge del Grano, perche l'acqua era prossima ad invadere l'ufficio della Gazzetta... Oh! disgrazia se fossero affogate tante menzogne! Oh! infortunio irreparabile, se fosse slata anco un sol momento in pericolo la vita preziosa di Zanobi Bicchierai (18), il quale ci tiene tanto divertiti con la sua gazzetta, ed a cui, con più ragione del cardinale d'Este all'Ariosto, potremmo domandare, ma di dove le levate, o Bobi, tante bug... corbellerie? Nullostante non intendiamo qui per nulla menomare l'utilità, ed i servigi resi dalla guardia nazionale; forse i diari rivoluzionari avranno creduto bene non pubblicare per modestia gli alti eroici esercitati, e perciò siamo anco noi costretti a tacerli. Vedemmo però l'infaticabile Lotteringo dei Lotteringhi della Stufa, guardiano dei palazzi reali, ex-direttore di strade ferrate, lo vedemmo la mattina, dopo la inondazione, vestito dell'assise militare nazionale, strascinare lo squadrone, correre da un luogo ad un altro, come la colombina nel sabato santo, ma però coperto da capo a' piedi di finissimo incerato per non bagnarsi a soccorrere il prossimo.
Che se il municipio credè decretare, che la guardia nazionale aveva ben meritato della patria, il municipio non può errare e ne conveniamo. Il sarto che ci fornisce da coprire le membra, lo speziale che ci prepara le medicine, il medico che ci ritorna a salute, quando non ci uccide, il fornaio che lavora la notte per darci il pane, può dirsi che meritino ben della patria anch'essi, tutti insomma... eccettuato i deputati.
Bibliogradia:
Augusto Guerrini, Inondazioni in Firenze del 3 e 6 novembre 1844 e 1864 provvedimenti e soccorsi del Governo granducale e italiano, a spese dell'autore Augusto Guerrini, 1864
(1) Giulio Carobbi (primo priore facente funzione di gonfaloniere), 11 ottobre 1863 – 31 dicembre 1864.
(2) Carlo Cadorna, Nato a Pallanza (Novara) il 8 dicembre 1809, Deceduto a Roma il 2 dicembre 1891. Il 27 marzo 1865 è eletto Vicepresidente del Senato e poco dopo, in maggio, prefetto di Torino, un compito di estrema delicatezza dopo i sanguinosi moti del 1864, causati dal trasferimento della capitale a Firenze. Dotato di equilibrio ed autorevolezza, riesce a garantire l'ordine pubblico con moderazione, tanto che le manifestazioni per il primo anniversario dei tumulti (20- 21 settembre 1865) si svolgono senza incidenti.
(3) Tradizionalmente il Tabor (oppure in alternativa il monte Hermon) viene identificato come l'"alto monte" sul quale, secondo i Vangeli, avvenne la trasfigurazione di Gesù.
(4) Alessandro Manetti (Firenze, 7 marzo 1787 – Firenze, 10 dicembre 1865) è stato un ingegnere e architetto italiano. Fu un importante esponente del rinnovamento tecnologico e del linguaggio neoclassico in Toscana. Una rapida carriera, in rivalità con Pasquale Poccianti, lo portò a progettare e dirigere, per 45 anni, le opere più importanti del Granducato di Toscana, soprattutto per quel che riguarda bonifiche, opere idrauliche e strade.
(5) Neri Corsini (Roma, 23 novembre 1771 – Firenze, 25 ottobre 1845) è stato un diplomatico e politico italiano, primo ministro del Granducato di Toscana dal 1844 al 1845.
(6) Francesco Cempini (Terricciola, 5 settembre 1775 – Firenze, 23 ottobre 1853) è stato un avvocato e politico italiano, primo ministro del Granducato di Toscana dal 1845 al 1848, sotto Leopoldo II.
(7) Pier Francesco Rinuccini, Confaloniere dal 1º gennaio 1843 - 31 dicembre 1846.
(8) Nota originale: Ne vidi una sulla piazza delle Travi , oggi Piazza Mentana, orlata tutta di russo, bianco e giallo.
(9) Via delle Torricelle oggi scomparsa, sbucava in piazza della Ghiozza oggi piazza Piave.
(10) Porta a Pinti era una degli antichi varchi nelle mura di Firenze. Fu distrutta nel 1865 per la creazione dei viali di Circonvallazione.
(11) Nota Originale: Monsignore Arcivescovo con commovente pastorale ordinò dopo alcuni giorni fosse scoperta la SS. Annunziata. Tutti i cleri, i corpi religiosi, le confraternite si portarono processionalmente a visitarla. Il popolo fiorentino e delle campagne accorse tutti i giorni in gran folla, mostrando così che ferve ancora in esso l'antica pietà. Il governo granducale era solito mandarvi della milizia per l'ordine e per onorare Maria. Ma l'italiano credè derogare al pio uso. Che forse abbisogna di aiuto di santi? Egli non chiede che quattrini, purchè piovano come la manna.
(12) Girolamo Giuseppe Maria Gaspare Cantelli (Parma, 22 giugno 1815 – Parma, 7 dicembre 1884) è stato un patriota e politico italiano, senatore e ministro del Regno d'Italia. Nominato prefetto di Firenze (7 settembre 1864), incarico che resse fino al 3 novembre 1867 (giorno in cui avvenne la battaglia di Mentana). L'atteggiamento di Cantelli nei confronti degli ex sudditi del Granducato di Toscana fu poco amichevole in quanto, a suo parere, poco favorevoli alla politica del governo centrale.
(13) Nota originale: Gazzetta di Firenze.
(14) Nota Originale: La Nazione.
(15) Il marchese Gino Capponi (Firenze, 13 settembre 1792 – Firenze, 3 febbraio 1876) è stato un politico, scrittore e storico italiano.
(16) Carlo Torrigiani, Confaloniere dal 29 settembre 1850-20 novembre 1850.
(17) Nota originale: Nazione e Gazzetta del 7 e 8.
(18) Zanobi Bicchierai, fondatore del “Passatempo” (10 gennaio 1856 - 29 luglio 1859), giornaletto di «critica drammatica e letteraria, mescolata a piacevolezze non dozzinali e plebee».
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