La targa attuale “Canto alla Macine”, all'incrocio tra Via Guelfa e l'asse stradale Via San Gallo – Via de' Ginori, ci ricorda che qui passava il torrente Mugnone, che forniva l'energia allo strumento per triturare il grano, tanto che questa “cantonata” (o angolo, o spigolo) vi prendeva nome, come succede frequentemente nella toponomastica fiorentina.
Una nuova deviazione del Mugnone fu determinata con l'ultima (la sesta) cinta muraria fiorentina (la seconda cerchia comunale), quella iniziata nel 1284, e compiuta nel 1333, cinta che corrisponde ai moderni viali di circonvallazione, e alle Porte ancora esistenti, come “San Gallo” (a Nord), “alla Croce” in Piazza Beccaria (ad Est), “Romana” (a Sud), o “al Prato” (ad Ovest).
Vicino al Canto alle Macine (Decameron, VIII 3, 50: Calandrino e l'elitròpia) c'era la casa di Calandrino, come testimoniato dal Boccaccio, che ci racconta che il protagonista della novella vi ritorna, da Porta di San Gallo, convinto di aver trovato la pietra che rende invisibili. E che in questo posto si trovava un mulino è confermato da un documento del XVI secolo, dove si dice che la costruzione servì da pulpito per le prediche di un compagno di fede di Ignazio di Loyola.
Immagine di copertina creata con AI
La Cella rappresenta un frammento prezioso della storia fiorentina del XIV secolo, un periodo segnato da lotte sociali e politiche.
l'origine esatta del termine resta incerta. Interessante il fatto che qui c'era la casa di Bartolomeo, fratello minore del più famoso Leonardo.
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