Ospizio della Maternità

L'Ospizio della Maternità
 Per provvedere sempre più al sollievo delle classi bisognose, l'animo pietoso del Sovrano aveva già fondato col Motuproprio del 21 novembre 1815 l'Ospizio della Maternità nel recinto stesso dello Spedale degli Innocenti. Quest'Ospizio ebbe per precipuo scopo il procurare abili levatrici in tutto lo Stato; e per raggiungere l'intento, ogni comune fu obbligato di mantenere a turno per diciotto mesi in detto Ospizio, una donna dell'età dai venti ai trent'anni che sapesse almeno "leggere benissimo per esservi istruita da un professore d'ostetricia" nella teorica e nella pratica.

Nell'Ospizio della Maternità si montarono quattro letti, unicamente e costantemente pronti per le donne partorienti, le quali si ricevevano nel nono mese inoltrato della gravidanza, affinché le alunne potessero osservare un maggior numero di casi pratici. Il professore incaricato di istruire le alunne levatrici, aveva l'obbligo di assistere gratuitamente le partorienti povere del quartiere di Santa Croce, e di condurre seco alle loro case, a turno, alcune delle alunne stesse.
 

Ferdinando III

 

I tre corsi per la istruzione completa eran di sei mesi ciascuno; ed al termine dei diciotto mesi le alunne venivano pubblicamente esaminate davanti al Collegio medico, il quale conferiva, alle meritevoli, il diploma di potere esercitare la professione d'ostetrica, assegnando altresì un premio in danaro alle più abili.
Alle lezioni d'ostetricia potevano intervenire anche quelle che non erano ammesse come convittrici, purché sapessero legger bene.
Le alunne che convivevano nell'Ospizio dovevano essere in numero fisso di dodici; ed erano sorvegliate da una "Maestra levatrice" che dimorava nell'Ospizio stesso.
Le donne incinte che volevano essere ammesse all'Ospizio della Maternità, dovevano presentarsi al Commissario dello Spedale degli Innocenti, che ne era il direttore, munite della. fede del proprio parroco che attestasse della loro povertà e dei loro buoni costumi; e di non "essere attaccate da alcuna malattia estranea alla gravidanza". Quelle di campagna, per regola, non erano ammesse, eccettuato il caso che appartenessero ad uno dei comuni che mantenevano un'alunna levatrice nell'Ospizio.

Con lo stesso Motuproprio del 24 novembre 1815, fu pure istituita una pubblica cattedra d'Ostetricia per gli uomini nello stabile dello Spedale degli Innocenti, dove si ricevevano tutte le creature che venivano esposte.
Il sistema col quale si esponevano i fanciulli consisteva in una ruota come quelle usate nei conventi; entro la quale deposto il fanciullo, la persona che lo aveva portato girava la ruota, dava una strappata al campanello per avvisare chi era incaricato di ricevere quei piccoli infelici, e fuggiva per non essere scoperta entrando subito sotto l'arco di Via della Colonna, che allora si diceva Via del Rosario.
Dallo Spedale degli Innocenti si sussidiavano pure quelle famiglie che non erano in grado di pagare una balia quando la madre era impotente ad allattare; e si accordava altresì un sussidio mensuale a quelle povere madri le quali per quanto allattassero da sé stesse la creatura, si trovavano in condizioni miserabili o perché rimaste vedove, o perché abbandonate dal marito.

 

La ruota dell'ospedale degli Innocenti a Firenze

 

All'oggetto che tutti gli stabilimenti di pubblica beneficenza fossero tenuti con la massima regolarità e corrispondessero in tutto e per tutto allo spirito di pietà che li aveva istituiti, vennero posti col Motuproprio del 21 marzo 1817 sotto la sorveglianza di una speciale deputazione incaricata di curarne la buona direzione e la retta amministrazione.
E ad accrescere questi istituti di beneficenza, Ferdinando III col Motuproprio del 28 novembre 1817 fondò l'I. e R. Istituto dei Sordomuti nel quale si destinarono otto posti gratuiti per altrettanti sordomuti della Toscana a nomina del Granduca. In tale istituto venivano accolti anche quei sordomuti italiani e stranieri che pagassero la retta stabilita dal regolamento organico approvato col R. Dispaccio del 20 giugno 1818.

 

La guardia alla ruota dei trovatelli di Gioacchino Toma (1846-1891)

 

 "In quest'opera di intensa commozione, condotta con grande sobrietà e finezza di mezzi pittorici Toma ritrae due donne, abbigliate semplicemente, che riposano durante la guardia notturna in attesa dell'arrivo di qualche neonato abbandonato. La ruota dei trovatelli campeggia sulla parete di fondo della stanza, come due occhi vigili che guardano verso di noi.
La profonda tristezza e la miseria che connotano l'ambientazione in cui i trovatelli venivano raccolti, rappresentano il tema dell’abbandono. Tutto conferisce un senso complessivo di profonda desolazione." (Slide Player)
 Tratto da Giuseppe Conti, Firenze vecchia : storia, cronaca aneddotica, costumi: 1799-1859, Firenze, 1898

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