La crisi della lana e della seta

La crisi della lana e della seta a Firenze nell'Ottocento.
 

Durante l'Ottocento, Firenze era conosciuta per la sua lunga tradizione nella lavorazione della lana e della seta. Questi due settori, che per secoli avevano rappresentato il fulcro economico della città, erano centrali non solo per l'industria locale, ma anche per l'occupazione di numerosi artigiani. La produzione laniera, in particolare, aveva una tradizione che risaliva al Medioevo, mentre la seta, pur non essendo una novità, godeva di grande prestigio, con Firenze che si imponeva come un centro manifatturiero di riferimento. Tuttavia, questa situazione di prosperità stava per subire un cambiamento drammatico. Nel corso del XIX secolo, entrambi i settori iniziarono a mostrare segni di declino. Per la manifattura della lana, il problema era radicato nella crescente concorrenza estera e nel calo della domanda, dovuto anche a nuove tecniche industriali che rendevano obsolete le antiche lavorazioni artigianali. Il comparto della seta, invece, soffriva a causa di una crisi ancora più evidente. Un chiaro segnale di questa situazione di stagnazione si ebbe nel 1843, quando la Comunità di Firenze decise di cancellare la fiera della seta greggia, che si teneva annualmente presso lo "stanzone" di S. Matteo in piazza di S. Maria Nuova. Nonostante fosse stata istituita solo due anni prima, la fiera non aveva dato i risultati sperati e venne annullata per risparmiare costi inutili, in un contesto di affari stagnanti.

La crisi della manifattura laniera e serica fu causata da un insieme di fattori. Da un lato, l'avvento della rivoluzione industriale portò all'introduzione di macchinari in grado di produrre tessuti in maniera più rapida ed economica rispetto alle tradizionali tecniche artigianali fiorentine. La competizione con le industrie straniere, in particolare inglesi, che utilizzavano queste tecnologie, portò a una graduale perdita di mercato per i produttori locali. Per la seta, un ulteriore colpo arrivò dalla diminuzione della domanda internazionale. Firenze, che per secoli aveva beneficiato del commercio di tessuti preziosi con il resto d'Europa, iniziò a risentire della crisi economica globale che colpì diversi settori di lusso. L'annullamento della fiera della seta nel 1843 ne è la testimonianza più evidente: un evento nato con l'intento di rivitalizzare il settore si rivelò inutile di fronte a una realtà economica che non offriva possibilità di ripresa.

La produzione di lana e seta seguiva ancora pratiche tradizionali, come il lavaggio ai lavatoi. La lana veniva lavata nei lavatoi medievali situati in via dei Lavatoi, nella zona di S. Simone, mentre la seta era portata ai lavatoi dei Cavalleggeri, in via delle Torricelle (oggi corso Tintori). Dopo il lavaggio e la tintura, i tessuti venivano stesi ad asciugare nei cimiteri – una pratica secolare dell'Arte della Lana – o nei "tiratoi", strutture imponenti in legno. Tra i tiratoi più importanti vi erano quello della Porticciola di Piazza delle Travi, affacciato sull'Arno, demolito nel 1861 per fare spazio alla Borsa delle merci, e quello dell’Uccello, situato nell'attuale piazza del Tiratoio, nel quartiere di S. Frediano. Quest'ultimo, un simbolo della lavorazione tessile locale, venne distrutto da un incendio nel 1874, segnando la fine di un’epoca.
Con la chiusura di questi tiratoi e la crisi generale del settore, molti artigiani persero il lavoro, e intere famiglie che dipendevano dalla produzione tessile si ritrovarono in difficoltà. La perdita di queste attività non fu solo economica, ma anche sociale, poiché i mestieri legati a lana e seta erano radicati nella tradizione fiorentina da secoli. Firenze, che per lungo tempo aveva fatto affidamento su questi settori, si trovò costretta a cercare nuove strade per sostenere la sua economia.

Bibliografia
- Riccardo Francovich, L’economia della Toscana nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari, 1999.
- Paolo Malanima, La decadenza economica della Toscana nel XVII secolo, Sansoni, Firenze, 1976.
- Fernand Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo, Einaudi, Torino, 1981.

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