Entriamo in casa di un ricco Signore
di Nino Tamassia
(Revere, 1º dicembre 1860 – Padova, 11 dicembre 1931)
giurista, politico e accademico italiano, studioso di storia del diritto e accademico dei Lincei.
Vogliamo enumerare le occupazioni ordinarie d'un uomo del trecento? Diciamole tutte d'un fiato e presto : scrivere i conti, le memorie, gli appunti di famiglia; visitare il fondaco, i registri, dare un' occhiata alla corrispondenza con le compagnie, che hanno in mano il commercio d' Inghilterra e di Francia (1)
Come uomo pubblico, deve puntualmente assistere alle assemblee delle arti, dei consigli, delle compagnie. Madonna, di sangue nobile, sposando lui borghese ar- ricchito, l'ha gettato nel mondo elegante (2); c'è quindi da frequentare il club del Falcone (3), da imparare la lingua francese, l'idioma aristocratico anche allora (4) e tante altre finezze dell'alta società. Questo in pace: se c'è la guerra, bisogna pensare ai cavalli, alla rassegna di questi, alle armi, ai bandi dell'autorità militare. Fra i milites, cioè quelli che vanno a cavallo, egli deve farsi onore.... Anche i suoi vecchi popolani, che restano a piedi, invidieranno il nuovo cavaliere (5)! L'ozio, come si vede, non è proprio un trecentismo: se ozio non sono guerra, caccia e giostre (6).
Indovino un pensiero di tutti. In questa casa, in questa famiglia, pare ci sia poco tempo, per volersi bene e per godere un'ora di serena felicità.
Il Natale, anche nel trecento, accendeva sul focolare, come sopra un' ara domestica, il ceppo famoso, e nei cuori un lampo di gioia festosa (7); la nascita dell'erede, continuatore della famiglia, era salutata da straordinaria contentezza (8); eppure, mi pare che dalla casa del dugento e del trecento traspiri un'aria fredda e triste.
Ciò che si ama ardentemente, che si ricorda con dolcezza nell'esilio, o nei lunghi viaggi, è la patria, la città. Dante sospira il suo bel san Giovanni, gli esuli tutti provano un senso acutissimo d'inguaribile nostalgia, ripensando al luogo natio, d'onde furono strappati crudelmente. Invece, in tutta la letteratura del trecento, non si legge una descrizione sentimentale della famiglia; non vi si ammira un quadro, da cui si mova quel sentimento di psichico benessere, di letizia tranquilla e profonda, che noi chiediamo e troviamo nel santuario delle domestiche pareti.
Perchè Dante fa commovere il « novo » pellegrino, col ricordo degli addii degli amici, col suono della squilla, che gli pare la voce solenne della diletta città lontana, e non con la rimembranza pia delle tremule parole materne ? E perchè il marchese di Saluzzo interrompe così crudelmente la completa sua felicità e pone, egli che non può dubitare dell' illibatezza e della devozione suprema di Griselda, a prove atroci, la dignità, gli affetti più santi della sposa e della madre?
Griselda è la moglie ideale ; è di questo parere il mite Petrarca, che traduce la famosa novella: sono figli ideali quelli che vanno, taciti e sommessi, al chiostro, o alle nozze, come vuol babbo (9)
L'uomo è imperador vero
Dentro di sua magione :
dicono la poesia e le leggi dell'epoca (10). Nel rossore della bella Gualdrada, v'è però casta e timida ribellione alla tirannia paterna (11); ma meno timide sono le ribellioni dei figli snaturati che, come l'Angiolieri, mettono in rime sacrileghe le maledizioni lanciate ai genitori, che non vogliono morire (12). " Nessuno potrà non riconoscere che la famiglia medievale è serrata, robusta; che è come un organismo, ove ogni volontà si piega a quella che domina : ma è appunto questa volontà che domina troppo, e non ancora raddolcita dall'affetto, è la prima cagione della debolezza dei sentimenti famigliari.
A disagio nella famiglia, l'amore sfumava nell'idea- lità cavalleresca, se però non diveniva terrestre, troppo terrestre. Ecco una brutta pagina del trecento, che non leggeremo; affrettiamoci, invece, a scorrerne altre, ove non mancano contrasti d'ombre e di luci, di sentimenti, d'idee (13).
(1) Continui ricordi del commercio con la Francia in Pre- diche cit. p. 70, 79, 149 e segg. Se si vogliono vedere le diramazioni delle compagnie fiorentine in Italia e fuori, leggansi le ricordanze d'un tal Guido di Filippo di Ghidone dell'Antella in Arch. Stor. Ital. 1243, T. IV; cfr. Leti. volg. cit., Appendice I, ecc.
(2) È il modo d' « ingentilir per moglie »; spediente non sol-tanto fiorentino: Decam. C.VII.nov. 7; Odo/redo, p. [71, ecc.
(3) Boncompagno, 1. c. p. 122: « Fiunt etiam in multis « partibus Ytalie quedam iuvenum societates, quarum aliqua « falconum, aliqua leonum, aliqua de tabula rotunda nomi- « natur; — et licet ista consuetudo sit per universas partes « Ytalie, multo fortius in Tuscia viget ». Il « codice * di queste brigate lo si può trovare nei precetti famosi di Folgore. Nella vita beata di questi eleganti, molti intravvidero la brigata spen- dereccia senese, della quale narrano tutti i commentatori di Dante. Come istituzioni venute meno, se ne parla in Decam. G. VI; Nov. 9, II, p. 104-5; "is- anche più tardi non man- cano cotali brigate: Sacchetti, Nov. 77, 209. Il Pucci, Le poprietà di Mercato Vecchio, I. c, p. 310: dice ancora:
Del mese di dicembre i buon briganti,
Che quivi son, si ragunano insieme,
E chiamano un signor di tutti quanti, ecc.
(4) Benvenuto da Imola., op. cit. II, p. 409.
(5) Lettere volgari, cit. p. 23. Un mercante scrive « traemo « tutto popolo e chavaieri » e poi soggiunge : * noi rimandamo « il popolo a Siena ». Per la proporzione tra fanti e cavalieri vedi G. Villani, op. cit. VI, 86; VII, 120; VII, 132. Nessun dubbio che in questi oneri del servizio militare, in proporzione degli averi, non vi sia V influenza del diritto longobardo (Ahist.e. I e segg.) secondo il quale i ricchi servivano a cavallo, i poveri a piedi. Una completa rassegna dei cavalli si ha nel Libro di Moìitapcrti, ed. Paoli, Firenze 1 886. Anche gli eredi di un fornaio consegnano un cavallo; p. 276; ed « Ugulinus barberius » ha un cavallo, p. 305. Armi ed arnesi dei milites (cavalieri) e dei peditcs si trovano descritte a pag. 373-4. La multa di chi non si presenta è doppia pel cavaliere. Sull'esercito, vedi Davidsohn, op. cit., p. 686. Il corredo dei cavalieri in guerra era molto ricco : cominciava con lenzuola di famiglia, e finiva con ricche coperte, cofani, ecc. (Lett. volg. cit. App. di doc, p. 108).
(6) «L'andazzo di giostrare» già messo in ridicolo dal Sacchetti, Nov. 64.
(7) Prediche cit., p. 406.
(8) Prediche cit., p. 16S. Per l'obbligo morale, se non giuridico, di conservare il patrimonio ai figli o al legnaggio, vedi Novellino, Nov. 25.
(9) Belgrano, op. cit., p. 241. Un tale, ricordando la nascita di un figlio, soggiunge: « e posimi in quore che, a onore « di S. Francesco, io el farei frate dell'ordine suo e così voglio « che sia ». Arch. Stor. ItaL, T. IV, 1843, p. 41; cfr. p. 42.
(10) Bonichi, Rime, 1. e, p. 77. Vedi Fertile, Storia del diritto italiano, voi. Ili, |§ 102, 103, 115. Aggiungo un doc. che debbo all'amico Zdekauer. Nel 1300, una donna costituisce procuratore il propro figlio Nino «ad capiendum... eius filium B.... et mictendum in carcerem comm. Fior, dojiec « revertatur ad bonum sensum... et sit in concordia cum dieta « sua matre » : Arch. di Stato di Fir. (Arch. notar, antecosim., Protoc. di Lapo Gianni, e. 24).
(11) Inf. XVI, 37; G. Villani, op. cit. V. 37.
(12) D'Ancona, Studj cit., p. 143 e segg.
(13) L'inferno dantesco c'è apposta per tutti i vizi del tempo, e noi non discenderemo laggiù. Ricorderemo che spesso chi contraeva matrimonio aveva già parecchi figli naturali: Arch. Star., T. IV, p. 13. Meno male che, per le vie, si leggeva il bando degl'insigniti di certi privilegi imperiali, che davano facoltà di legittimare i bastardi! Bandi lucchesi cit., p. 135; n. 208.
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