Prima che i computer e persino le macchine per scrivere prendessero il sopravvento, ogni libro, prima di essere pubblicato, passava attraverso la fase di manoscritto. Questo aspetto, sebbene possa sembrare scontato, rivestiva un'importanza fondamentale nel processo di trasformazione di un'idea dalla mente dell'autore alle pagine di un libro stampato. Anche il celebre romanzo "Pinocchio", scritto a puntate tra il 1881 e il 1882 e successivamente pubblicato in forma di volume nel 1883 da Carlo Lorenzini, noto come Collodi, seguiva questa prassi.
Il manoscritto originale de "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino" inizialmente consisteva di 23 capitoli, con un epilogo che narrava la tragica fine del burattino di legno per impiccagione. Questo finale, considerato da alcuni come "negativo", non fu ben accolto dai lettori, spingendo l'editore a convincere Lorenzini a rivedere e modificare il testo per giungere a un epilogo "positivo" che oggi conosciamo. Tuttavia, ciò che rende questa storia ancora più intrigante è il destino degli altri 21 capitoli.
Il fratello maggiore di Carlo, Paolo, irritato dal fatto che queste "bagatelle" fossero state rese pubbliche prima della sua morte, decise di distruggere ogni traccia relativa al romanzo. Paolo, motivato sia dalla sua insoddisfazione verso il testo che dal desiderio di far sì che il fratello fosse ricordato per opere più serie, fece tabula rasa di tutto ciò che riguardava il romanzo.
Fortunatamente, ciò che ci è rimasto oggi è il risultato degli sforzi del fratello minore, Ippolito, e la sua determinazione nel preservare parte della storia. Presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, è possibile trovare gli ultimi due capitoli di questa versione originale di Pinocchio, insieme a un prezioso archivio noto come le "Carte collodiane". Purtroppo, non ci sono tracce dei restanti capitoli manoscritti del romanzo.
È interessante notare che Paolo Lorenzini non condivideva l'apprezzamento per il tono letterario dell'opera di suo fratello e pertanto, alla morte di Carlo, decise di distruggere i primi 21 capitoli manoscritti per evitare che il nome del fratello fosse associato a un lavoro che riteneva insignificante. In quel periodo, Pinocchio non era considerato un capolavoro, ma piuttosto un semplice lavoro per bambini. La "pulizia" effettuata dal fratello, dopo la morte di Carlo, sortì l'effetto opposto, poiché la corsa al successo del romanzo non conosceva più ostacoli.
In definitiva, il romanzo di Pinocchio, il più tradotto al mondo con circa 250 diverse versioni, ha rischiato di essere cancellato dalla storia. Solo grazie alla visione lungimirante di un editore, abbiamo potuto preservare questo tesoro letterario dall'oblio, consentendo a generazioni successive di apprezzarlo. Dal punto di vista storico, è difficile non rimanere affascinati da queste pagine dense di scrittura, dove le avventure di un burattino "inventato" riflettono, da oltre un secolo e mezzo, sia i nostri pochi pregi che i nostri numerosi difetti.
"Poi si posero là (il gatto e la volpe), seduti sull’erba, aspettando che il burattino facesse l’ultimo sgambetto: ma il burattino, dopo tre ore, aveva sempre gli occhi aperti, la bocca chiusa e sgambettava più che mai.
Annoiati finalmente di aspettare, si voltarono a Pinocchio e gli dissero sghignazzando:
— Addio a domani. Quando domani torneremo qui, si spera che ci farai la garbatezza di farti trovare bell’e morto e con la bocca spalancata. ―
E se ne andarono.
Intanto s’era levato un vento impetuoso di tramontana, che soffiando e mugghiando con rabbia, sbatacchiava in qua e in là il povero […]"
La prima immagine in basso è illustrata da Benito Iacovitti (1923 – 1997) mentre la seconda è di Roberto Sgrilli (1897 - 1985)
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