Firenze Capitale
dal 3 febbraio 1865 al 30 giugno 1871
L'autore, Gargano Gargani, di questa poesia si rivolge a Dante Alighieri mentre la città festeggia di essere diventata Capitale, 1865:
"Io son d’avviso che leggendo le mie scene (se pur ti degnerai d’ abbassarvi le pupille) ti sembreranno impossibili tante sciocchezze tanta ignoranza tanta ingordigia tanto sciupio della pubblica pecunia uomini, che, a sentirli, hanno tutta I’aria di arcifanfani nati e sputati, e che nelle loro scritture ti porteranno a sette cieli l’amore di patria, la libertà «CHE É SI CARA» il disinteresse, la moralità, l’onestà, e ti faranno vedere come otto e otto fan sedici, qualmente colle loro virtù, col loro ingegno, col loro ardente e' santo patriottismo hanno ridotto l'Italia il paradiso terrestre. Certo, coi morti si può fare a fidanza nel mentire, e nel tuo cuore applaudirai agli sforzi eroici di questi Titani rigeneratori della patria tua diletta.
Ma deh! che tu implori dall’Amor Divino di poter batter le ali, ombra invisibile, per le nostre contrade!
Tu vedrai di che son capaci costoro che mentono sfacciatamente tutto giorno alla faccia del sole!... e forse ritornando nelle tenebre eterne non sarà difficile, che tu vada a ripescare fra le tue ciarpe, dove le avrai gittate, queste scene, e le mediterai e forse anche rivolgerai a chi le scrisse un amorevole sorriso; di che mi terrei pago più che se avessi toccato il cielo colle dita."
Riscritto in italiano moderno
Ritengo che, se avrai la cortesia di leggere le mie pagine (qualora tu voglia degnarti di abbassare lo sguardo su di esse), troverai apparentemente impossibili tante sciocchezze, tanta ignoranza, tanta ingordigia e tanto sperpero dei fondi pubblici da parte di individui che, ad ascoltarli, sembrano archetipi di grandiosi benefattori, nati e cresciuti nell'abbraccio del genio, e che attraverso i loro scritti ti porteranno alle vette dell'amore per la patria, della libertà "CHE È COSÌ PREZIOSA", del disinteresse, della moralità e dell'onestà. Ti faranno vedere come due e due fanno quattro, spiegandoti come con le loro virtù, il loro ingegno e il loro ardente e sacro patriottismo abbiano trasformato l'Italia in un paradiso terrestre. Certamente, con i morti si può essere certi nella menzogna, e nel tuo cuore acclamerai gli sforzi eroici di questi Titani rigeneratori della tua amata patria.
Ma, ti supplico, implora l'Amore Divino di poter sfiorare le contrade con le tue ali, ombra invisibile!
Vedrai di cosa sono capaci coloro che mentono senza vergogna tutto il giorno alla luce del sole!... E forse, tornando nelle tenebre eterne, non sarà difficile per te recuperare tra le tue vecchie scartoffie, dove le avrai gettate, queste scene, e le rifletterai, forse persino rivolgendo a chi le scrisse un affettuoso sorriso; di ciò mi riterrei più che soddisfatto, come se avessi toccato il cielo con un dito.
Di frasche e fronzoli
Cinta e di fiorì,
Firenze amabile.
Non m'innamori!
Hai l’occhio fulgido
La guancia rossa:
Ma o Dio! tu palpiti.
Sei pelle ed ossa!
Ti fanno ridere.
Ti voglion lieta,
T’adornan d’abiti
D’oro e di seta.
Razza d’ipocriti!
Mentre ciò fanno
Sott’acqua tramano
Sempre a tuo danno,
E chi ti scortica
Il dritto fianco.
Chi ti dilacera
Co’ denti il manco.
Sotto allo strascico
Ch’or ti fa bella,
Ti veggo perdere
Fin le budella.
Firenze allegrati.
T’alzano un trono.
Di mille popoli
Ti fanno il dono.
Ma bare e tumuli
Sono i gradini.
Dietro a chi onorati
Stan gli aguzzini.
In vesti a ciondoli
Di ciambellani
Sono al tuo seguito
Rabbiosi cani.
Per l’anticamere
Qua e là sdraiati.
Antichi botoli
Rimpannucciati.
Servi e domestici
Scalchi e staffieri
Risciacqua-canteri
Lacchè leggieri.
Che quatti strisciano
Per le tue stanze.
Mettendo in ordine
Banchetti e danze;
Sono ingordissime
Imposizioni​
Sotto la maschera
Di bei garzoni.
E t’offre a tavola
Ossami e fumo
L’arcinsaziabile
Dazio Consumo.
T’assesta il talamo
Ti fa da ancella
La tassa mobile
Che ci arrovella.
Se sorti a prendere
Un boccon d'aria.
Di dietro al cocchio
In marzial aria.
Alza terribile
La faccia sgherra
Colui che decimo
Disser di guerra.
Ti viene a latere
Di quinci un bracco
Ch’ha sull’occipite
«Sale e Tabacco»
Di quinci un istrice
Che schizza spine
Alle monastiche
Sacre propine.
Poi la tua reggia
Poderi e ville
Le tasse vegliano
A mille a mille.
Trecconi e maschere
D’ogni paese.
Lupi femelici
Male in arnese.
Buzzurri e bindoli
Martiri e spie
Strozzini e ruccoli
Lenoni e arpie,
Tutti ti seguono
Ti fan codazzo
Di lodi e brindisi
T'offrono un mazzo,
E in senti ficcano
Le acute Zanne
E ai rinfresca
Le asciutte canne.
Godi o mia patria!
Questo cibrèo,
Fatto col mestolo
Di cuoco ebreo
È il grande intingolo
Per empir l'epa
Che ti scodellano;
O mangia o crepa!
Tratto da Gargano Gargani, Scene della Nuova Capitale, Firenze, Tip. Simone Birindella, 1865
Gargano Gargani, nato a Firenze il 22 Aprile 1820. Morto al Pratello, presso Varlungo, il di 8 Novembre 1889.
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