Dialologo fra una gatta e un gatto

Il nuovo centro di Firenze

Caro Lettore

Se pubblico quest'accozzaglia di rime strampalate, non lo faccio per credermi né darmi l'aria di poeta, ma solo per ricordare agli amici che in questo mondo ci sono io pure; ed essendo amante della poesia, mi sono azzardato, dirò così, a scimmiottare qualcosa in vernacolo fiorentino, cercando di scacciare la noia che ogni tanto mi prende. Se non sarò riuscito... pazienza! anderò a piangere in cantina. 
Ti saluto caramente.
 


Luigi Del Sere, artista comico

1.

Non so, se ti rammenti certi giorni,
Che più ratti del vento son passati;
Chi sa che al vecchio amico non ritorni
Il tuo cuore, il pensiero... che beati
E cari non ti sembrino tuttora
Gli ultimi di che tu vivrai per Flora.
2.
La brina abbiamo già sulla capocchia,
E qualche coserella di soppiatto,
Qualche piccolo stucco alle ginocchia,
Oppure qualche dente male adatto;
Ogni tantino una febbruccia asiatica,
E le patate poi son di prammatica.
3.
Ma lasciam che l'intonaco sia pure
Un po' guasto dal tempo o da tempesta
La pena ormai non vai d'aver paure,
E pria del tempo incerottar la testa...
Noi siamo torri dell'antica data.
Di forti fibre e d'anima ferrata.
4.
Su, coraggio, perbacco! Ora pensiamo
Al presente, al passato, e no al futuro:
Osserviam quel che siamo e dove siamo,
E cerchiam di star saldi più del muro;
Giacché facil non è, qual bere un uovo.
Gridare a tutti: — Abbiamo il centro nuovo!
5
Ti par cosa da nulla il poter dire
Ci hanno sventrata tutta la città,
E dove prima si potea marcire
Fra la melma, l'erbacce e il baccalà;
Or la bellezza e l'arte si distingue,
Che tu ci puoi leccar con quattro lingue?..,
6.
A gran rapidità sorgon le moli,
palazzi chiamar se più ti piace,
A far le beffe a via de' Calzajoli,
E dove si vendea carbone e brace
Gran Trianon (1), grandi sale e terrazzini.
Fin dove si vendevan roventini,
7.
Nando, confesso, le facezie ormai
Non le lasciai, né posso mai lasciarle :
E se fui buon compagno tu lo sai.
Coi motti, con gli scherzi e con le ciarle.-
senti questo dialogo bestiale,
E poi dimmi se sopra ho detto male.
8.
Passo un giorno per via Pellicceria,
E vedo due bei gatti accoccolati :
A momenti li pesto...
— Mamma mia!
Dissi fra me, e' è da esser graffiati!
E mi fermai pien di stupore a un tratto.
Dicendo:
— Poera gatta... poero gatto!
9.
Pria di narrarti il dialogo bizzarro,
Bisogna che tu sappia, e già il saprai.
Che il vate di bugie ne ha sempre un carro.
Dunque una nuova non te ne farai,
Che sui libri, sui fogli e sui giornali
Si trova che favellau gli animali.
10.
Or dunque ritorniamo ai due soriani,
Che con la penna gli darem favella:
Ma stiamo attenti che non vengan cani
A romperci dirò, le tavarnella,
Che arrivandone alcun, sarebbe fatta-
Addio centro, addio gatto, addio alla gatta!
11.
— Moro, dicea la gatta, ti rammenti
Quando in mercato si facea i padroni?...
Quelli davvero, gl'erano i momenti!
— Sì, rispondea leccandosi i baffoni.
— Ma che pappate, che sughilli, eh Moro?
Quella l'era per noi l'età dell'oro!
12.
Quando ti capitava un naselletto.
Quando l'agnello o un pezzo di sermone,
Un piccione, una razza od un galletto.
Una pollastra, un pezzo di montone;
Topi, talpe, galline malandate,
E qualche volta picchi e bastonate.
13.
Rispose il Moro : — Eh, io me ne ricordo,
Sulla groppa n' ho avute a centinaia,
Che a ricordarle solamente... mordo,
Graffio e divoro tutta una topaia ;
Ma quelle bastonate e quelle botte
Ce le davano i ladri della notte...
14.
Che con la scusa di badare ai gatti
Che rubavan la carne sulle soglie,
La portavano a casa, e colmi i piatti,
Sfamavano i figlioli e poi la moglie ;
Scoperto il furto la mattina poi.
Tutta la colpa la s' aveva noi.
15.
— I gatti, i gatti! andavano gridando,
Son proprio ladri, specie quelli neri;
Ne vidi uno, ma un ricordo quando.
Che scappava via via con de' panieri..
Acci...denti, che gatto proprio raro...
Per forza, era il garzon del macellaro!
16.
Se ti veniva poi saltato il grillo
D'entrare in ghetto... miserere me!
Tu potevi intonare il dies ilio,
Ed esclamare: „ Poveretto me! „
Dei ladri v' era il covo e dei... drusiani.
Tanto d' israeliti, che cristiani.
17.
Ghetto! Io dirò pur caverna infame.
Nido d'usura, ove i più tetri musi
Leccano il sangue a un lurido tegame,
E dall'oro rubato son confusi;
Muoion però, e questo è assai sicuro,
In mezzo al ladrocinio e allo spergiuro.
18.
— Senti, Gigietta mia, rispose il Moro,
Io sono un gatto, né so ben parlare:
Ma riflettendo... via, e' è più decoro.
Se proprio tonda le si deve dare;
Glie vero, che per noi non e' è più arrosto,
Ma se lo guardi bene, glie un bel posto!
19.
Ecco, Gigia, vien qua... guarda l'aspetto.
Osserva bene, e metti gli occhi in mira...

Tu non senti nel cuore un certo effetto?

Non ti senti toccar proprio la lira?
Io dico lira per dir l'istrumento
Della gioia, dell'amor, del sentimento.
20.
Ma guarda un pò* che bei loggiati han fatto,
Che colonne, che archi e che facciate...
— Stupendi! allor dicea la gatta al gatto,
Facendo le pupille stralunate;
Ma questi be' lavori gli hanno fatti
Per la rovina di noi, poveri gatti.
21.
— Chetati lì, testona! disse il Moro
Alla gatta, che male l'intendeva...
Rispetta l'arte, rispetta il lavoro,
Tanta bellezza prima non s'aveva;
È ver, che i carnevali son finiti.
Ma si respira meglio, e più puliti.
22.
Vorresti forse intorno a quei loggiati
Trovar qualche braciola andata a male?
Ormai que' giorni si sono scordati,
Per noi non c'è più Pasqua, né Natale...
Sei pure sciocca, gatta! Sai che quella
Fra le piazze è chiamata la più bella?
23.
Vedi quella ringhiera e quella mole.
Quel cavallo con su quella figura ?
Dall'alto il Ciel la illumina col sole
Ad eterna memoria imperitura.
Non sai, compagna mia, non sai che quelle
Sono le gesta del Re Emanuelle?...
 


L'inaugurazione del Monumento a Vittorio Emanuele II, 20 settembre 1890


24.
Guardalo bene, gatta mia garbata.
Lui fé' l'Italia, e un sindaco Peruzzo
Fece del centro la bella pensata,
E fece odore dove e' era puzzo :
Dove il Luci friggeva il pesce e il callo
Ci hanno messo un guerriero sul cavallo.
25.
— Certo, non ti dirò che unn' è più bello,
E mi piace anche a me la gran nettezza;
Ma i' preferisco un pezzettin d'agnello
A un monumento, oppure a una fortezza ;
E mi parrebbe cosa assai più bella
Un monumento fatto di budella.
26.
Allora il gatto Moro inviperito
A tal risposta della gatta ignota.
Che gli piaceva il mondo incivilito,
La prese con gli artigli per la gota
E disse: — Gatta, tien la lingua in gozzo,
Se no prima ti sbrano e poi ti strozzo I
27.
E pieno di velen, con voce chioccia:
— Sfacciata! le gridò, femmina ardita!
Disse fra sé la gatta: — Come incoccia!
E s' arricciava i baffi con le dita.
Il Moro seguitava: — malcreata,
Già dalla creazion stolta sei nata.
 


28.
Femmina sei, malcontenta ognora,
Invidiosa, irrequieta e petulante.
Vorresti far la dama e la signora.
Invece tu sei povera e ignorante...
Gli avoli nostri ci hanno detto a noi:
I primi a dare il centro foste voi.
29.
Convieni o non convien, che i fiorentini
Col centro ripulito stanno meglio?...
Par che abbiano in tasca più quattrini,
Più anima, più forza, più risveglio...
A un passero incalcinato fuor di covo
Ripuliscigli il centro... torna nuovo!
30.
Quello che ti confesso, e vedo anch'io
Che non sta punto bene, è che han permesso
Un certo andirivieni, un brulichio...
Noi, benché bestie, non s'avria concesso...
Quel Trianon, che con le cose strane,
Porge sollazzo a tutte le befane.
31.
Una sera per caso io mi trovava
Vicino all'entratura a miagolare,
Faceo da nesci attento però stava,
Che qualche piede m'avesse a schiacciare ;
E vidi entrar da quella porta d' oro
Gente senza coscienza, né decoro.
32.
Ero quasi tentato con un grido
Chiamarti ad attestar quanto vedea,
Ma ripensando, dissi: "Non mi fido!"
E di perder quel posto io prevedea ;
Allor dissi fra me: "Venga la morte.
Ma vo' veder chi entra e poi chi sorte."
33.
Ecco che scoccan l'otto e un biribissi
Di dame e cavalieri senza croce,
Chi mezzi cotti e chi briachi fissi,
Chi parlava sommesso o ad alta voce:
Parlavano i più matti e libertini,
Oppur chi avea più forza e più quattrini.
34.
Gatta mia, se ne vidi quella sera.
Dimmelo tu, bocchino mio ridente!
Ne vidi d' ogni conio e d' ogni sfera,
Che fra poco mi prende un accidente.
Io riconobbi fra quei cavalieri
Osti, ortolani, beceri e droghieri.
35.
Un ronzìo di cocottes di ruffellone,
Con seguito, si sa, di milordelli,
Tipi per dirla svelta, in conclusione,
Fan da civetta per tirar gli uccelli,
Anzi son novità... son cose strane.
Prendere il posto lor delle befane.
36.
Vidi di quei vecchion rimbambolati
Tinti di sopra e verniciati sotto,
Con lenti d'oro e tutti rincrostati,
E vidi il figurino ed il fagotto...
La vecchia, la fanciulla e il giovinetto,
E la drusiana piena di rossetto.
37.
Non ti voglio narrare il rimanente.
Che la coda arricciar potresti allora;
Io me ne venni malinconicamente
E censurar volea la bella Flora;
Ma mi venne un pensiero alla lontana..»
"Tutta la mela non può esser sana!"
38.
Però, gattina mia, statti tranquilla.
Quando avranno pulito il centro affatto
Starem come i signori stanno in villa,
E le parole torneran del gatto!
Allor la gatta die una sbuffatina,
Volsero l'ano e andarono in cantina.
39.
Nando, non ti so dir la mia sorpresa...
Ero rimasto lì come un piòlo,
A bocca aperta e con l'orecchia tesa;
Fu che per caso un vero birbacchiolo
Mi dette uno spintone, io mi voltai...
Il monello fuggì, io me ne andai.
40.
Scorsi la strada, e giunto sulla piazza
Ove sorge quel vasto monumento,
Io mi sentivo già la testa pazza
Dall'amor, dalla gioia, dal contento;
Pien d'entusiasmo dissi: — Oh patria mia,
Come sei bella! E me ne venni via.

(1) Trianon, locale alla moda dalla metà dell'Ottocento, situato in piazza della Repubblica ancolo via degli Speziali, dove adesso troviamo la Rinascente.

Tratto da Francesco Dani, Il libro per ridere; burle, curiosita del mondo, motti, racconti allegri, passatempi di famiglia, dettati e frizzi popolari, Firenze, A. Salani, 1909

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