Tabernacolo di Santa Maria della Tromba

Tabernacolo di Santa Maria della Tromba

 

Sull’angolo fra la piazza del Vecchio Mercato e via Calimala, forse dal 1300 è una immagine che ebbe per secoli la popolare venerazione e per la quale si vide ben presto erigere un decoroso ornamento ed un vano atto a contenere un altare per le sacre funzioni. Ma non era nè un oratorio, nè tanto meno un tempietto come si è stampato, ma un tabernacolo, con solo in più l’altare notato.
Nel 1361 la Repubblica, che a tutto teneva d’occhio, pose codesta immagine sotto la protezione dei Consoli dell’arte dei Medici e degli Speziali, i quali provvidero non solo alla custodia del Tabernacolo ma anche a raccogliere le offerte e regolare le sacre funzioni.
È il Tabernacolo in discorso posto assai in alto, in una specie di lunetta, nella quale osservando attentamente si scoprono le immagini della Vergine, seduta a destra e Cristo sedutole al lato sinistro; l’una e l’altro circondati da una raggiera circoscritta in una specie di mandorla; ai loro lati tre angioletti per parte uno soprammesso all’altro, conservati ancora per modo da poterne distinguere pienamente le forme. Al disopra delle teste della Vergine e del Salvatore si scorgono due linee convergenti in forma di sesto acuto, le quali accennerebbero che altra volta il dipinto fosse circoscritto a tal punto; il che meglio avrebbe consuonato con la parte inferiore del Tabernacolo a colonnette spirali, beccatelli soprammessi e architrave tutto di stile ogivale.

Le forme dell’altare che servì per oltre quattro secoli alle Messe quotidiane ed alle sacre funzioni si ignorano; non così quello che fosse la tavola che gli stava al disopra, dipinta da Jacopo da Casentino (1), la quale per decreto sovrano, quando nel 1774 venne soppresso quel luogo di preghiera, passò nella prossima chiesetta di San Tommaso. 
In questa circostanza il Sovrano concedè al custode che aveva prestato per molti anni i suoi servigi a quel luogo la proprietà del piccolo vano che serviva alle sacre funzioni e, lo avverta il Comune, donò lo Stato il vano e non altro, onde fosse ridotto a bottega.
Oggi per l'allargamento di quel luogo il Tabernacolo è necessario che venga remosso e, come altri ha già detto la sua su questo oggetto e fatte proposte in proposito, anche noi vogliamo dire propria; ed è che codesto Tabernacolo, graziosa decorazione per un luogo aperto, non gli sembra abbia importanza di essere trasportato in un luogo chiuso.

Un tempo Firenze si gloriava di esporre i suoi capolavori in piena aria, in ogni piazza e ogni via: oggi per ogni bazzecola si propone il Museo. Noi che non siamo di questo parere, consiglia dunque che nei tagli che si faranno per isolare l’antica residenza dell’Arte della Lana, o dalla parte di Mezzogiorno o da quella di Tramontana, l’una e l’altra da architettarsi di nuovo, si collochi il Tabernacolo di Santa Maria della Tromba senza il vano, s’intende, con in basso il solo breve aggetto dei pilastri e delle colonnette spirali, possibilmente coronato con quelle forme a sesto acuto delle quali nel Tabernacolo, come ho già avvertito, gli sembra restino traccie, ottenendo per tal mezzo il doppio vantaggio di non allontanarlo dal luogo dove stette per secoli e farlo servire alla decorazione di un piccolo tratto di via sopra una fabbrica singolarmente adatta a riceverlo.

(1) Jacopo del Casentino, detto anche Jacopo da Pratovecchio (Pratovecchio, 1297 circa – 1349 circa), è stato un pittore e miniatore italiano, attivo in Toscana, principalmente a Firenze, tra il 1339 e la metà del secolo.
 

Il tabernacolo nella collocazione originaria, olio di Fabio Borbottoni

 

Veduta della Madonna in trono con santi di Jacopo del Casentino

 

Tabernacolo di Santa Maria della Tromba
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