Santa Maria Maggiore
[929-964]
L'origine di questo vetusto tempio, che è il primo dedicato in Firenze alla Madonna, è coinvolta alla leggenda, la quale vorrebbe che fosse stato consacrato dal pontefice Pelagio II nel secolo VI. Sembra però che non debba ritenersi più antico del secolo X. La tarda leggenda del miracolo della neve sul colle Esquilino a Roma,non deve essere stata certamente la causa della fondazione di Santa Maria Maggiore, non trovandosi ricordata la festa della Madonna della Neve nel codice Riccardiano del secolo XII, Rubricae Ecclesiae florentinae, e nel codice Mores et consuetudines canonicae florentinae del secolo XIII, nei quali sono descritti i riti e le feste della Chiesa di Firenze. Dal Regesto fiorentino abbiamo il più antico documento in cui si fa parola di Santa Maria Maggiore: Qualiter dominus Rimbaldus episcopusflorentinus concessit in pheudum Petro Agiprandì terram cimi casa posìtam prope ecclesiam sancte Marie Maioris prò amino fiche trium denariorum dicto Episcopatui solvendorum per dietimi Peirum annuatim. Carta manu Rodulphi not. Questo documento, privo di data, si riferisce all'epoca in cui il vescovo Rambaldo resse la Chiesa di Firenze, cioè dall'anno 929 al 964 circa. La demolizione dell'altare principale, effettuata nell'occasione del restauro eseguito dell'ing. arch. prof. Giuseppe Castellucci, ha portato alla scoperta del muro dell'abside della chiesa primitiva.
Il muro misura m. 0.73 in grossezza e conserva traccie di antichi affreschi. Dall'abside facilmente si deduce che l'antica chiesa doveva essere di modeste proporzioni. Da un compromesso del dì 31 marzo dell'anno 1222 dell'Archivio capitolare di Santa Maria del Fiore, e riferito dal Lami, risulta che era preceduta da un portico. Fa parte delle chiese comprese nel primo cerchio di mura e delle dodici leggendarie priorie. Da un atto riferito dal Lami sembra che nell'anno 1182 fosse già chiusa nel secondo cerchio. È da supporsi che nell'anno 1224 il pittore Fidanza avesse operato in Santa Maria Maggiore, trovandosi che in queir anno il priore Diotifece, col consenso del suo Capitolo, vende una casa posta in campo Corbolini per pagare un debito a maestro Fidanza. La chiesa fu rinnuovata nella seconda metà del secolo XIII per opera di Buono fiorentino; quello stesso che lavorò alla cappella di Sant'Jacopo e in varie chiese di Pistoia. E indubitato che nelle costruzioni di stile ogivale in Firenze è la prima e quindi anteriore a Santa Maria Novella e a Santa Maria del Fiore. E a conferma di ciò, vale anche il fatto di trovare nelle decorazioni dei capitelli dell' abside teste umane scolpite di tutto rilievo, decorazioni che non fanno seguito nelle costruzioni successive. La chiesa, bella nelle sue forme architettoniche, per la munificenza dei Manovelli, dei Panciatichi, dei Del Beccuto, degli Orlandini, dei Carnesecchi, dei Boni, degli Agli e di altre famiglie, fu nelle interne parti ed anche nella sua facciata splendidamente decorata dai migliori dipintori dei secoli XIV e XV. Spinello Aretino, per commissione di Filippo di Barone Cappelli, dipinse nell'abside «molte storie della Madonna a fresco, ed alcune di Sant'Antonio Abate, ed appresso la sagrazione di quella chiesa antichissima il che tutto lavorò Spinello così bene, che pare fatto tutto in un giorno e non in molti mesi come fu».
Nell'attuale restauro sono venute in luce due di queste pitture, una delle quali rappresenta la Strage degl'Innocenti (attribuito a Jacopo di Cione e a Mariotto di Nardo). Della maniera di Spinello ritengono alquanto le pitture dei primi due pilastri a man dritta di chi entra in chiesa. Nel primo, appoggiato nella parete interna della facciata, si vede Santa Scolastica e San Giovanni Evangelista, figure assai belle. Nel secondo, che per essere isolato è dipinto intorno, ha in una faccia la Fede e San Giovanni Battista, nell' altra Santa Maria Maddalena e Santo Stefano; nella terza San Sebastiano e Giona rigettato dalla balena e nella quarta una storia di San Niccolò di Bari e San Pietro, figura bellissima. Furono scoperte nel 1849, e liberate dall'intonaco che le aveva guaste e manomesse, per opera di Gaetano Bianchi furono ripulite e ritoccate. Per l'altare maggiore Agnolo Gaddi fece una tavola, sulla quale dipinse «intorno a una coronazione di nostra Donna un ballo d'angeli ragionevole». Lippo nel 1383 dipinse nella cappella dei Del Beccuto gli atti di San Giovanni Evangelista, e sulla parete dove fu addossato il barocco altare della cappella dei Carnesecchi gli atti di San Dionigi Areopagita. Di Lippo potrebbe essere anche il bellissimo affresco venuto in luce quando dalla cappella Orlandini fu remossa la tavola della Madonna, assicurandoci il Vasari che quest'artefice lavorò sulle pareti della chiesa molti altri dipinti. Masaccio eseguì una tavola per un'altra cappella, nella quale vedevasi la Vergine in mezzo a Santa Caterina e San Giuliano. Alla munificenza di Terrino Manovelli devesi la bellissima porta maggiore con la Statua della Madonna, nella cui base leggonsi queste parole:
HOC FECIT FIERI
TERRINVS JÒHES DE MANOVELLIS.
I Barucci godettero lungamente il patronato di questa chiesa e, secondo le usanze dei tempi, il priore ogni anno mandava ai patroni per la Pasqua di Resurrezione un agnello e per la Madonna di agosto delle carni o dei formaggi ed uova. Tale offerta è di data antichissima, trovandosi al 17 di maggio del 1231 una sentenza a favore di Aldobrandino Barucci, nella quale si conferma il diritto dei patroni di ricevere annualmente.
La chiesa fino al 1515 fu una insigne collegiata; quindi passò in proprietà del Capitolo di Santa Maria del Fiore e al 31 ottobre del 1521 venne affidata ai frati carmelitani della congregazione di Mantova, che prima stavano in San Barnaba.
Tra le condizioni imposte ai frati dal Capitolo fiorentino leggesi quella che in fra due mesi dal sopradetto giorno abbiano messa sopra la porta principale della chiesa l'arme di nostro Signore Leone X e del Rev.mo signor cardinale Giulio de' Medici fiorentino e l'arma del Capitolo.
Il giorno in cui entrarono i frati, per la chiesa di Santa Maria Maggiore fu, sotto l'aspetto artistico, giorno nefasto. Infatti, come avevano deturpata la chiesa di San Barnaba, misero mano a fare altrettanto in Santa Maria Maggiore. Demolirono gii antichi altari, sostituendone altri sul gusto barocco, che man mano si avanzava a deturpare quanto di bello e di buono avevano fatto gli antichi maestri. I pregevoli affreschi sparirono sotto la calce e sotto i pesanti ornati. Le antiche finestre furono chiuse insieme al bellissimo finestrone dell'abside a bifora e colonnini di pietra, che oggi saggiamente è stato ripristinato. Spostarono l'occhio della facciata per dar posto ad una cantoria per l'organo e alle vòlte delle navi fu tolta tutta la bellezza delle linee ogivali. Nondimeno tra i dipinti ordinati dai frati ve ne sono alcuni importanti di mano del Poccetti e del Volterrano.
Interno della chiesa
Perfino il bellissimo campanile, lodato dal Varchi per una delle più belle torri campanarie della città, non fu risparmiato, e nei libri del convento, sotto la data del dì 19 marzo del 1630, trovasi ricordato come havendo fra Adamo Redini priore desideri d'abbellire, e restaurare la chiesa, e considerando il pericolo che minacciava di rovinare il campanile vecchio e Vimpedimento che rendeva ad una bella cappella determinai levarlo, onde havendone prima parlato ad aures con il Serenissimo Gran Duca fu rimesso il negozio nel sig. Giulio Cavallo, il quale havendo visto esso campanile, disse essere bene levarlo e diede il placet a nome di S.A. con la condizione però che la testa che era nel campanile rappresentante certa memoria antica, si accomodasse in luogo che fosse vista come canta la supplica segnata dal Serenissimo G.D. et havendone in questo giorno parlato con i PP. tutti capitolarmente congregati epoi con voti segreti anco essi diedero il placet cortesemente nemine repugnante, onde si messe mano il dì 20 detto et ancora si va levando tutto a gloria del grande Iddio e benefizio della nostra chiesa.
L'antica memoria, cui allude il documento, esiste tuttora proprio in quella parte dove trovavasi il campanile e consiste in una testa sotto alla quale si legge «Berta». Intorno a questo nome si sono ricamate le favole più strane: chi volle che fosse il nome della figlia dell'imperatore Eraclio di Costantinopoli, chi della madre di Carlomagno, chi una «trecca» o «cavolaia», la quale avrebbe fatto fondere una campana, perchè ad una certa ora suonasse nelle sere d'inverno, onde i lavoranti cessassero dalle veglie.
I frati carmelitani, quando ai primi del secolo XVII fecero le nuove campane fondendo le antiche, sulla più grossa fecero scolpire questa iscrizione:
BERTA . PRIOR . CONFLAT . CARMELI . AVXERE . SODALES
CHRISTIPARAE . EXCELSVM . NOMEN . VTRINQVE . GERO. MDCX
Del resto, nessuna di queste leggende, parto di fantasie popolari, deve ritenersi per vera: sembra più probabile che quella testa, simile ad altre che si vedono nei costoloni dell' abside, sia stata collocata all'esterno del campanile forse per bizzarro ornamento, applicandole poi il nome col quale l' aveva battezzata il popolo. Nel cimitero di Santa Maria Maggiore ebbe sepoltura Ser Brunetto Latini, segretario della Repubblica, restauratore insigne dell'eloquenza e della poesia, maestro di Guido Cavalcanti e di Dante. Fiorì nel secolo XIII, essendo nato appunto nel 1230 e morto di anni 64. Vi sarebbe stato sepolto pure Salvino degli Armati a cui, senza fondamento, è attribuita l'invenzione degli occhiali.
Del sepolcro di Brunetto non rimane oggi che una delle quattro colonne che sostenevano il sarcofago; vi si vede scolpita lo stemma dei Latini, con queste parole:
S. S. BRVNETTI . LATINI . ET. FILIORVM
Salvino è ricordato da questa iscrizione di caratteri del secolo XVII, sormontata da un piccolo busto proveniente da un'antica statua:
QUI . DIACE SALVINO . D'ARMATO . DEGLI . ARMATI DI . FIRENZE
INVENTOR . DEGLI . OCCHIALI DIO . GLI . PERDONI . LA . PECCATA
ANNO . D. MCCCXVII
Queste memorie sono state raccolte nella cappella del Sacramento, dove all'altare è stata collocata la bellissima tavola bizantina scolpita e dipinta, esprimente la Vergine col Bambino, che prima stava alla cappella Orlandini, nascosta dietro pesanti e barocchi ornamenti.
La ex chiesa di San Pancrazio si trova nell'omonima piazza a Firenze, incastonata su via della Spada, sul retro del Palazzo Rucellai.
Il culto andò lentamente guastandosi fino al punto che vediamo quasi in ogni chiesa trasformato l'altare in una mostra di chincaglierie.
L'Oratorio a Fucecchio custodisce un affresco di Filippino Lippi e celebra le antiche tradizioni fin dal 1473.
il "Tempio di Iside", costruito nel II secolo d.C., sorgeva fuori dalle mura orientali. Era la Dea delle grazie miracolose.