Le Cappelle della Chiesa di San Lorenzo a Firenze
La lista
I Cappella, dei Medici, dedicata alla Visitazione. Sull'altare (2): Visitazione (1710) di Agostino Veracini (1689-1762), tela soprammessa ad un affresco: La Madonna dei Chierici, di Scuola fiorentina del sec. XV.
II Cappella, quella dei Ginori, dedicata allo Sposalizio della Vergine. (3) Lapide (1890) a ricordo dell'insigne primato della scuola di tre compositori che appartennero al Capitolo dei canonici: Francesco Corteccia, autore di mottetti, di madrigali e della musica per cantate ed intermedi nelle rappresentazioni date per le nozze di Cosimo I con Eleonora di Toledo (1539) e per quelle di Francesco I con Giovanna d'Austria (1565); Luca Bati, autore di intermedi per la Esaltazione della Croce di G. M. Cecchi (1589) e di cori per la favola a Il rapimento di Cefalo di Gabriele Chiabrera (1600); Marco da Gagliano (1575-1642), il più celebre, compositore di madrigali, di messe polifoniche e di responsori, il quale musicò la Dafne di Ottavio Rinuccini (1608), la Fiera di Michelangelo Buonarroti il giovane (1619) ed altre commedie, dalle quali aveva glorioso inizio il melodramma italiano.
Sull'altare (4), Sposalizio di Maria (1523), tavola di Giovan Battista Rosso, detto il Rosso Fiorentino (1495-1540), l'esuberante seguace di Bartolomeo della Porta.
Lastra terragna (5) della tomba di Francesco Landini detto Francesco Cieco o degli Organi (m. 2 sett. 1397), organista e compositore di musica sacra e fabbricante di organi.
III Cappella, degli Inghirami, già dei Dacci, dedicata a San Lorenzo.
Sull'altare: (6) Niccolò Lapi (1661-1732), San Lorenzo intercede per la liberazione delle anime dalle pene del Purgatorio.
IV Cappella, dei Martelli, dedicata a S. Sigismondo. Sull’altare, (7): Arte di Michele del Ghirlandaio (c. 1572), La Vergine assunta in cielo e gli Apostoli al suo sepolcro.
Le lapidi ricordano il vescovo Ugolino, dotto teologo e letterato (m. 1592) e Baccio Martelli (m. 1564) generale del mare di Cosimo I e del re Enrico di Francia.
V Cappella, dei Ginori, del ramo di Gabriello, dedicata a S. Girolamo.
Sull'altare (8): Ottaviano Dandini, Crocifissione con S. Girolamo, S. Francesco e S. Maria Maddalena, che sostituì una tavola di Filippo Lippi, con lo stesso soggetto, di cui si ignora la sorte.
VI Cappella, dei Medici, già dei Bonaiuti, già Nelli, dedicata a S. Cristoforo, costruita sull'area in cui sorgeva il campanile della seconda chiesa. Sull'altare (9): Adorazione dei Magi, di Girolamo Macchietti, detto Girolamo del Crocifissaio (o. 1535-1592). Il manierato dipinto sostituì la bellissima tavola che fra Bartolomeo aveva cominciata per commissione di Piero Soderini, coi Santi patroni di Firenze, rimasta incompiuta per la morte del pittore e che oggi si trova agli Uffizi.
Applicato alla parete della navata di destra è il Ciborio (10) di Desiderio da Settignano (c. 1461), opera delicatissima di bassorilievo. E il primo modello di una nuova forma di monumento che ebbe vastissima diffusione in tutta l'Italia. La figurina di Gesù Bambino, oggetto di particolare ammirazione ed ebbe la più amorosa popolarità: nelle feste del Natale era posta sull'altar maggiore, sin dai tempi del Vasari.
VII Cappella, dei Corsi, dedicata a S. Giuliano. Sull'altare (11): S. Lorenzo in trono, fra S. Leonardo e S. Stefano martire tavola (1511) attribuita a Rodolfo del Ghirlandaio. Alla parete, Natività di Gesù, S. Giuliano e S. Francesco, dipinto su tavola (Cosimo Rosselli, Raffaellino del. Garbo o Piero di Cosimo.
VIII Cappella, dei Neroni detti Diotisalvi, dedicata a S. Lorenzo, oggi del SS. Sacramento. Dietro l'altare (12), Crocifisso d'argento, dell'arte di Ferdinando Tacca (sec. XVII).
Nel vano a destra doveva stare il monumento che Baccio Bandinelli scolpì per Giovanni dalle Bande Nere e che fa ricomposto sulla piazza di San Lorenzo.
Alla parete di sinistra il severo sarcofago di porfido (13) opera dell’Opificio delle Pietre Dure, per la salma della principessa Maria Anna Carolina di Sassonia (1799-1832), sposa del granduca Leopoldo.
Dalla porta (14) a sinistra della cappella, ordinariamente chiusa, si accede alla Sagrestia nuova di Michelangelo.
IX Cappella, dei Ridolfi, già, dei Ciai, dedicata a S. Bernardo. A destra: (15) il monumento onorario, al pittore Pietro Benvenuti di Aristoderno Costoli (1852).
Il B. (n. Arezzo, 1769), popolare e fortunato fondatore della scuola neoclassica fiorentina, mori nella carica di direttore dell'Accademia di Belle Arti (1834) e fu sepolto nella cripta di questa basilica, dov'è la sua più laboriosa opera, l'affrescatura della cupola nella Cappella dei Principi.
A sinistra: (16) l'altro monumento onorario all'orafo Bernardo Genuini, di Leopoldo Costoli (1871). Sulla notizia del nuovo metodo di stampa segretamente usato a Norimberga, il Cennini incise le matrici e fuse i punzoni dei caratteri mobili, coi quali, il 7 novembre 1471, compì la stampa dei Bucolica di Virgilio, il primo libro impresso a Firenze, a costernazione degli amanuensi. Il motto riportato sul dimesso monumento, a Florentinis Ingeniis Nil Ardui Est (ai fiorentini ingegni nulla è difficile) fu usato dallo stesso stampatore come finale della sua impresa, durata ben due anni. Anche il Cennini è sepolto nella cripta.
X Cappella, dei Lotteringhi Della Stufa, dedicata a S. Andrea. Una lunga iscrizione (17) riassume la storia del tempio.
XI Cappella, o Cappella Maggiore, dei Medici. Il primo disegno del Brunelleschi subì tali manomissioni che ben poco ne resta. La parete di fondo fu perfino spostata e poi aperta con un grande arco che permettesse la vista della retrostante Cappella dei Principi; ma il risultato dell'esperimento apparve poco soddisfacente. Per di più le condizioni di stabilità, delle muraglie apparvero preoccupanti,
pomelli si disse che i fondamenti posavano sul poco compatto letto antico del torrente Mugnone. Nel 1860, l'architetto Gaetano Baccani (1792-1867) richiudeva la parete e vi costruiva la porta e la cantoria, servendosi di elementi architettonici e decorativi copiati, con l'insidioso metodo del tempo, dal Brunelleschi, da Michelangelo e dal Verrocchio, dando alla cappella l'aspetto attuale (18).
L'Altar Maggiore (19) è una preziosa fattura dell'Opificio delle Pietre rare su disegno di Gaspare Maria Paoletti (1787). Il Crocifisso, di perfetta modellatura, attribuito a Baccio Sinibaldi, detto da Montelupo (1469-1535).
Dinanzi all'altare, è segnato da grate di bronzo e dall'iscrizione (20) — e COSMUS MEDICES-HIC SITUS EST-DECRETO PUBLICO-PATER PATRIAE-VIXIT ANNOS LXXV-M(ENSES) III-D(IES) XX - il luogo nella sottostante cripta, in cui è sepolto Cosimo di Giovanni de' Medici.
L'eccezionale titolo conferitogli, anche se discusso, avversato e cancellato una volta dal popolo stesso, indica in realtà l'eccezionale importanza che Cosimo riuscì ad acquistare nella Repubblica fiorentina, senza assumer mai formalmente, i poteri di sovrano, come avrebbe potuto.
La Cupola (21) fu affrescata da Vincenzo Meucci (1694-1766) per conto dell'Elettrice Anna Maria Luisa; vi rappresentò i Santi titolari della chiesa fiorentina che glorificano Maria nel Paradiso (1742).
XII Cappella, dei Rondinelli, dedicata a S. Concordia martire. Sull'altare: La Bentornata (22), statua lignea a colori del sec. XIV.
XIII Cappella, dei Ginori, dedicata a S. Nicola da Tolentino. Sull'altare (23): Sant’Antonio Abate, San Leonardo e San Giuliano e, nella predella, Storie dei tre santi, con lo stemma dei Taddei, per la cui cappella era stata dipinta da un pittore della bottega del Ghirlandaio (e. 1500), forse David.
Alla parete di sinistra (24): Monumento alla contessa Berta Moltke Hwitfeld (1864), scolpito da Giovanni Duprè. L'Angelo della resurrezione, La Modestia e la Carità sono le tre allegorie espresse dallo scultore, al quale non deve farsi carico dell'inopportuna collocazione.
XIV Cappella, dei SS. Cosma e Damiano, o delle Reliquie, appare
l'altra fronte del sarcofago del Verrocchio. Sull'altare (36),entro un'incorniciatura di Francesco Conti (1714), coi santi Lorenzo, Ambrogio e Zanobi, è la Madonna del Latte, di ignoto maestro dei primi del sec. XIV. A sinistra (37), gli armadi in cui furon conservate le reliquie che oggi sono esposte nella Cappella dei Principi.
XV Cappella, dei Martelli, Aldobrandini e Taddei, dedicata, alla Concezione. A d. (38), superfluo monumento di Dario Guidotti e Raff. Romanelli (1896), in onore di Donatello (m. 13 dic. 1466), che fu seppellito nella cripta sottostante, presso le tombe della famiglia Martelli e di Cosimo Vecchio, i quali lo avevano protetto e aiutato. Alla parete sopra l'altare (39), Crocifisso ligneo del sec. XV. Sull'altare è
una delle più: espressive opere di Fra' Filippo Lippi, (e. 1450): L'Annunciazione Maria Vergine, con la predella di S. Nicola da Bari, patrono di Niccolò Martelli (Resurrezione dei giovani tagliati a pezzi; il soccorso alle fanciulle in pericolo di perdizione; il condannato alla decapitazione salvato). La scena dell'Annunzio è piena di religiosa gentilezza, nell' inquadratura architettonica, nei particolari raffinatissimi, nella dolcezza dei toni di colore.
Alla parete di sinistra (40), il sarcofago a forma di cestone, che Donatello fece per Niccolò e Fioretta Martelli (c. 1450), coll'elegantissima arma bronzea del grifone rampante. Alla parete soprastante, Adorazione di Gesù Bambino, coll’Eterno Padre e lo Spiriti, Santo, ad espressione della SS. Trinità, S. Girolamo, S. Bernardino da Siena, S. Giovannino, attribuito a Raffaellino del Garbo o a David del
Ghirlandaio (sec. XVI).
Alla parete della navata destra (41) grande affresco di Angelo Bronzino, il martirio di S. Lorenzo (1565-9), macchinosa composizione, nella quale possono isolarsi non pochi bei pezzi di pittura specialmente dei numerosi ritratti, fra cui quello dell'autore.
Sulla porta di accesso al Chiostro, dalle eleganti imposte intagliate e intarsiate (e. 1470), è l'originalissima Tribuna dell'organo (42) di Donatello (c. 1460), decorata con festosa policromia di marmi colorati e mosaici: oltre agli emblemi araldici medicei, si osservino le due armi con otto palle, sostenute da due putti.
XVI Cappella, degli Aldobrandini, intitolata a S. Sebastiano. Sull' altare (43): Martirio di S. Sebastiano (1580-90) di Jacopo Chimenti, detto l'Empoli, (7) opera del periodo meno brillante del pittore, ma pur sempre ricca di pregi, come nella figura del martire, in cui fu ritratto il senatore Leone Nerli.
XVII Cappella, dei Taddei, già dei Donati, dedicata a S. Antonio da Padova. In luogo della tavola (23), trasportata nella cappella dei Ginori, sull' altare (44), S. Acazio crocifisso con quattro suoi compagni, (1521), di Giov. Ant. Sogliani.
Il dipinto aveva una predella del Bachiacca, oggi nella Galleria degli Uffizi.
XVIII Cappella, dei Cambini, intitolata a S. Antonio abate. Sull'altare (45): Crocifisso di legno (sec. XV) affiancato da Maria Vergine e S. Giovanni evangelisti, dipinti su tela montati su legno (sec. XVII).
XIX Cappella, degli Altoviti, già dei Neroni, dedicata a San Leonardo.
Sull' altare (46): La Vergine e il Bambino in trono, fra S. Lorenzo e S. Zanobi, di Z. Canovai (1877), nel luogo della tavola posta nella cappella VII.
XX Cappella, dei Medici del ramo dell'Antella, intitolata ai Diecimila
Martiri. In luogo del Martirio di S. Acazio (44), sull'altare: (47) La Vergine svenuta ai piedi della Croce, S. Giovanni evangelista e Santa Maria Maddalena (e. 1709) di Francesca Conti.
XXI Cappella, degli Ubaldini, già dei Marignolli, dedicata a S. Matteo. Sull' altare: (48) La vocazione di S. Matteo, di Pietro Marchesini (c. 1739). Le spiacevoli sostituzioni delle opere d'arte sugli altari, contrastanti con le ragioni storiche e religiose, risalgono in massima, al secolo scorso e furono ritenute necessarie, dopo che gli altari vennero ridotti ad un tipo uniforme.
Sotto le ultime arcate della navata centrale, prima della crocera, i due Pergami della Passione di Gesù Cristo (49 e 50) commessi da Cosimo Vecchio a Donatello, al suo ritorno a Firenze da Padova (e. 1461). Originariamente erano destinati per i lettori dell'Epistola e del Vangelo e dovevano esser collocati in simmetria presso ai pilastri della crocera ai lati dell'altar maggiore, probabilmente; ma, rimasti incompiuti per la morte dello scultore (1466), venivano composti e montati irrazionalmente su quattro colonne, circa un secolo dopo e finalmente integrati con pannelli di legno scolpito (1619-35), nelle parti che dovevano aderire ai pilastri e perciò mancavano.
Si sa che Donatello, quasi ottantenne, fu aiutato “a rinettare i getti” dal suo scolaro ed aiutante Bertoldo di Giovanni (m. 1491); ma si è voluto riconoscervi con verosimiglianza anche la mano di Bartolomeo Bellano (1435? -1497?) che aveva lavorato col maestro all'altare di S. Antonio, a Padova. Le attribuzioni riferite si fondano tutte su apprezzamenti stillatici non sempre concordanti.
Nel pergamo di sinistra (49), dalla banda del Vangelo, le scene sono divise da figure, alcune delle quali mancanti: Santo Stefano; Gesù flagellato, scultura di legno colorato di un seguace del Giambologna da un modello di questi (c. 1619-35); S. Lorenzo; S. Giovanni evangelista, legno colorato, da un modello del Ghiberti, dello stesso autore della Flagellazione; Orazione nell'orto, disegnata da Donatello, compiuta dal Belluno; Gesù davanti a Pilato; Gesù davanti a Caifa; Crocifissione; Seppellimento, tutti e quattro di Donatello, compiute da Bertoldo.
Nel pergamo di destra (50), dalla banda dell'Epistola, le scene son divise da elementi architettonici: Martirio di S. Lorenzo di Donatello e Bertoldo; San Luca evangelista e Gesù Incoronato di spine, ambedue di legno colorato, di un seguace di Giambologna; le Marie al sepolcro; Discesa al limbo; Gesù risorto; Ascensione; Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, tutte e cinque di mano di Donatello e del Bollano.
Il fregio paganeggiante, con vasi, amorini, centauri, putti e la firma di Donatello, è opera vivacissima, probabilmente compiuta da Bertoldo.
Non occorre ricordare che questa è l'ultima opera del rinnovatore della scultura fiorentina, per provare una vera commozione davanti all'ardire di esperimenti nuovi di tecnica del rilievo, all'impeto tutto giovanile del disegno, alla potenza di interpretazione dei più tragici temi iconografici. Così come era avvenuto per il progetto della basilica preparato dal Brunelleschi, così come avverrà più tardi per i progetti di Michelangelo per la Sagrestia Nuova, la vastità del concetto soverchiò le possibilità fisiche e la durata stessa della vita di Donatello ed il compimento dell'opera restò affidato a continuatori, capaci di eseguire il disegno del maestro, ma non di elevarsi fino a lui, di integrare le lacune, di continuarne il dinamismo.
Chiesa San Marco: inizio nel 1299, passaggio ai Domenicani nel 1435. Ristrutturazioni, cappelle e cupola nel XVII-XVIII sec.
La cripta, la parte più antica della chiesa (XI secolo), è sormontata dall'altare maggiore che si suppone contenga le ossa di San Miniato.
Chiesa del IX sec. a Firenze, legata a storia e arte, distrutta nel 1889 per il nuovo urbanismo, era nelle vicinanze di piazza della Repubblica.
La presenza di monoliti e un campanile intrigante contribuiscono al suo mistero. Un chiostrino medievale e feritoie suggeriscono scopi difesa.