Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola
(Ferrara, 21 settembre 1452 – Firenze, 23 maggio 1498).
In mezzo alle grazie fiorite del Rinascimento, fra le studiate eleganze di artefici amorosi de l'antico e di umanisti eruditi, fiera e sdegnosa s'erge la figura del Profeta, aspramente nemico dei costumi della società nuova. Girolamo Savonarola nacque a Ferrara il 21 settembre 1452 da Niccolò ed Elena Bonaccossi, nobildonna di Mantova. Poco sappiamo della sua giovinezza. Sembra che si nutrisse di studi severi, poco curandosi della gaia vita di Ferrara. Le asprezze dei digiuni addolciva con la musica.
Amò, non corrisposto, verso i vent'anni, la figliuola naturale di uno Strozzi, esule presso gli Estensi; forse questa disillusione lo spinse nel chiostro. Al 24 aprile 1475 abbandonò nascostamente la città natia e si presentò al collegio di S. Domenico in Bologna, ove rimase sette anni, e d'onde uscì predicatore. Tenne le sue prime prediche a Ferrara nel 1451; poi a Firenze, in S. Lorenzo, nel 1482, ma con mediocre successo. Negli anni seguenti predicò a Sangimignano, e in Lombardia, donde lo richiamava a Firenze Lorenzo de' Medici, poco prima di morire. Nel luglio 1491 il Savonarola fu eletto Priore di S. Marco. Le sue prediche, ove interpretava liberamente le verità della Bibbia, lo fecero presto famoso. Crebbe in potenza presso il suo ordine e sopratutto nel popolo fiorentino. Molti prestavano fede alle sue profezie e visioni.
Nominato nel '94 provinciale della Congregazione toscana dei domenicani, ch'egli separò da quella lombarda, volle riformarne la disciplina, preparandosi a combattere per la riforma della Chiesa e dello Stato.
Vagheggiava il Savonarola un mistico governo informato a spiriti repubblicani accesi da Cristo. Nel 1494 si trovò ad essere ambasciatore dei Fiorentini a Carlo VIII e propose per Firenze (1495) un "governo civile ed universale" proclamando Cristo re della città. Alessandro VI, impaurito forse della potenza minacciosa del frate, gli offerse nel '95 il cardinalato, che questi respinse. Allora il Papa gli proibì di predicare e indi lo scomunicò. (Maggio - Giugno 1497). Invano si difese il fiero domenicano, disobbedendo al pontefice, ed incitando principi e popoli a convocare un Concilio per la riforma della Chiesa. Contro di lui congiuravano, insieme al papa, Piero de' Medici cogli Arrabbiati, e Ludovico il Moro.
Nemici e fautori lo eccitarono per il 7 aprile 1498 alla prova del fuoco, per il trionfo della sua Verità; questa non ebbe luogo; il popolo, già fedele, gli si rivoltò contro; assalito da una turba di facinorosi in S. Marco, fu preso, legato e condotto, in mezzo agli insulti, nella prigione dell'Alberghettino. Ivi patì la tortura e fu processato, o, quantunque all'esame chiara risultasse la sua innocenza, con due suoi compagni il 22 maggio fu condannato a morte, o il 23 lo impiccarono e bruciarono su la piazza della Signoria. Le ceneri furono gettate in Arno. Ma, dalle fiamme del rogo, l'anima di Girolamo Savonarola risorse con la splendida aureola del martirio, a dominar le anime di molti italiani, tra i quali fu quella di Sandro Botticelli, il pittore della "Primavera..." che si converti alla fede savonaroliana.
Al rigido domenicano fece capo il moto dei cristiani intransigenti del Rinascimento; al quale si oppose quello francescano, promosso da S. Bernardino da Siena, inspirato a sensi conciliativi, amico delle lettere, delle arti, conscio dei bisogni nuovi della società, come della riforma della Chiesa. Girolamo Savonarola differì profondamente da S. Bernardino nei metodi più che nei principi; la violenza del suo carattere ne fece un ribelle, un antesignano di Lutero, quantunque lo venerassero come santo, Caterina dei Ricci e Filippo Neri.
Fra le opere lasciate dal Savonarola ricordiamo i Sermoni, raccolti e pubblicati con nuovi documenti intorno alla sua vita da P. Villari ed E. Casanova; il Trattato circa il reggimento e governo della città di Firenze, scritto al principio del 1498; una raccolta di lettere e di laudi spirituali. L'ultima opera del Profeta, scritta quand'egli si trovava in carcere è un'esposizione sul Miserere e sopra il salmo In te Domine speravi. Questo commento fu ristampato (Argontorati, 1524) da Martin Lutero. E il grido supremo di angoscia, di speranza, di fede nel Dio che comprende e perdona: è il testamento religioso di Girolamo Savonarola.
Questo testamento, dopo la sua morte, animò vari seguaci del frate a rimanergli fedeli, malgrado le persecuzioni. I Frateschi, così chiamavansi i devoti dei Savonarola, rialzarono presto il capo: nel 1499, tutte le cariche erano nelle loro mani; e come uno spettro del Maestro giustiziato sorse in mezzo ad essi, Martino di Brezzi, il pazzo annunziatore dei flagelli che Dio riserbava a Firenze ed alla Chiesa di Roma per il delitto compiuto su l'innocente.
Piero Misciattelli, Personaggi del Quattrocento Italiano, Roma, Editore Gaetano Garzone Provenzani, 1914
Fra Bartolomeo, Girolamo Savonarola, 1498, olio su tavola, Museo nazionale di San Marco, Firenze
La descrizione non è precisissima: la piazza, riferiscono le cronache del tempo, era infatti tumultuante di folla e assai diversa da come appare qui.
Ciononostante il rogo e le fasi dell’esecuzione sono ricostruiti con maggiore fedeltà.
Le sue parole e descrizioni trasmettono l'amore e la connessione profonda che aveva con Firenze, grigia e semplice. Essenziale e indispensabile.
Il buon Filippo ricorda molto bene quanto ha preso come dote dalla famiglia della dolce Bartolommea.
Agli inizi del secolo, di stanza sui colli di Firenze nella leggendaria villa dei Capponi,
Celebrato dal Vasari come continuatore di Raffaello. Un artista fiorentini che non lascia in patria quasi traccia della propria arte.