L'orrenda vendetta di Veronica

Morte di Caterina Canacci
Avvenuta in Firenze il 31 dicembre 1638
 

E se incontro un infelice, compiango la nostra sorte
e verso quanto balsamo posso sulle piaghe dell' uomo;
ma lascio i suoi meriti e le sue colpe sulla bilancia di Dio.
«Ultime lettere di Jacopo Ortis, Ugo Foscolo

 

Dolce provida e affettuosa è la donna quando assisa alle cure domestiche è governala da uno spirito docile e mansueto, ma allorché la gelosia e l'ambizione la invadono è da temersi; se ella provocata dalle offese viene a sdegno, sebbene diffìcilmente in cuore femminile alberghi fierezza, non ha ribrezzo di intraprendere qualunque mezzo di vendetta. Fra i casi lacrimevoli e tristi ritrovati in una raccolta di manoscritti di cose accadute nelle nostre mura, uno dei più strepitosi è quello che imprendo a raccontare assai in succinto.
Primeggiava allora in Firenze nell'ordine dei Grandi la famiglia dei Salviati, non tanto per esser congiunta alla regnante famiglia Medicea, quanto ancora per le ricchezze che sopra le altre la distinsero. Fu di questa Jacopo Salviati Duca di S. Giuliano, Cavaliere oltre ogni credere affabile ed avvenente; si uni costui in matrimonio con Veronica Cibo dei Principi di Massa, donna tanto risoluta ed altiera, quanto gelosa e sdegnosa; e siccome le qualità personali di questa sua moglie non furono mai capaci ad occupare lo spirito e le passioni di lui, concepì ardente passione per una giovine sposa per nome Caterina maritata a Giustino Canacci settuagenario, ed a cui restava un figlio già adulto di primo letto. Questa donna, preclare per doti di spirito e per singolare bellezza, incontrò l'ammirazione di molti; e siccome Jacopo era assai fornito di gentilezza e beltà, così con facile via sintrodusse nel cuore della bella amata, che ricambiollo di un'egual copia d'affetti.
Era venula frattanto agli orecchi della Duchessa la tresca
di questi amanti; ed a misura che nel Salviali si accendeva viepiù l'amore, si accresceva nella Duchessa il furore ed il desiderio della vendetta. È fama che in principio avesse tentato di fare avvelenare questa sua rivale: ma ciò non riuscitole, immaginò un altro tragico modo per distorne il Consorte.
Risaputosi dalla Duchessa come il figliastro della Canacci era molto irritato contro la matrigna, lo credè bene a proposito per i suoi fini, e corrottolo coll'oro, lo fece istrumento di sua vendetta, e lo rese consapevole di tutta la trama. Chiamò frattanto da Massa col mezzo di qualcuno della casa sua tre sicarii armati come meglio potessero, ed avutili a sé in brevi note manifestò loro a quale impresa aveali destinati.
Concertato il tutto dovette questa prezzolata gente trattenersi in Firenze alcuni giorni per attendere, non so per quali circostanze, un momento favorevole alla loro premeditazione.
Venne questo, e fu il 31 Dicembre ultimo dell'anno, ed ultimo per l'infelice Canacci. — Era sera assai avanzata, in tranquillo sonno se ne riposavano gli abitanti, quando quella spietata gente introdottasi nella casa di Caterina, in tempo appunto che la traviata sposa vegliava con gli amici del Duca Saiviati, miseramente straziandola, la trucidarono e troncarongli la testa (1).
Nè questa sola fu la vittima; si scagliarono contemporaneamente contro la serva di casa, la quale, fuggiti gli altri era restata l'unico testimone di si atroce misfatto, e barbaramente l'uccisero (2). Compita l'infame opera con l'aiuto di una carrozza furon segretamente levati di casa i cadaveri; quello della serva fu gettato in un pozzo li prossimo (3), e quello della Canacci portato in Arno, fu il di veniente ritrovato e riconosciuto sebbene mancasse della testa, che fu portata in dono alla promotrice di un tal misfatto.
 


La vendetta di Veronica Cybo, 1874, di Francesco Saverio Altamura (1822-1897)​


Né qui finirono le vendette della Salviati perchè (secondo il Manoscritto del Rosselli) «essendo Ella solita di mandare la Domenica mattina e gli altri giorni festivi in camera del Duca suo marito per una sua damigella in un bacile d'argento la biancheria, vi mandasse il giorno primo del nuovo anno invece della biancheria la testa della Canacci coperta con il solito drappo. Levatosi il Duca e accostandosi alquanto al bacile vide il tremendo spettacolo; trasalì a quella vista e poco mancò che non cadesse per terra. Consegui donna Veronica la tramata vendetta, ma non l'intento che ella si era proposto, poiché per quanti fossero i preghi e maneggiati non la volle il duca Salviati mai più vedere.»
Fattosi dalla giustizia il processo, il figliastro della Canacci fu decapitato sulla porta del Bargello, i sicarii si sottrassero con la fuga, e la Duchessa Salviati, non per il rigore delle leggi, ma per solo timore dell'odio pubblico, si prese volontario esilio da Firenze.

(1) Il Manoscritto del Rosselli che diffusamente narra questo fatto dice, che quando questa infelice donna fu trucidata avesse concepito di tre mesi una creaturina.
(2) Si dice che Lorenzo Serzelli e Vincenzo Carlini, che erano in compagnia della Canacci quando questa fu assalita, si nascondessero per le scale al piano superiore e si salvassero su dei tetti.
(3) Àncora ai nostri giorni si vede questo pozzo all'entrare nella Via dei Pentolini (oggi via dei Pilastri).

Tratto da Antonio Cavagna SanGiuliani, Il Fiorentino istruito nelle cose della sua patria, dalla Tipog. Nicola Fabbrini, 1846

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