La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino
scritta, per lui medesimo, in Firenze
«Così Benvenuto finì per diventare un modello, anzi un eroe e forse anche un mito: era un po', per intendersi, il rappresentante di un'Italia dei pugnali, dei veleni e degli intrighi quale poté vagheggiarla uno spirito lucidissimo eppur romanticamente inquieto come Stendhal. Non senza ragione il suo Fabrizio del Dongo evade - nella Chartreuse de Parme - dalla Torre Farnese come il Cellini aveva fatto da Castel Sant'Angelo!» (Carlo Cordié)
Proemio
Questa mia Vita travagliata io scrivo
per ringraziar lo Dio della natura
che mi diè l’alma e poi ne ha ’uto cura,
alte diverse ’mprese ho fatte e vivo.
Quel mio crudel Destin, d’offes’ha privo
vita, or, gloria e virtú piú che misura,
grazia, valor, beltà, cotal figura
che molti io passo, e chi mi passa arrivo.
Sol mi duol grandemente or ch’io cognosco
quel caro tempo in vanità perduto:
nostri fragil pensier sen porta ’l vento.
Poi che ’l pentir non val, starò contento
salendo qual’io scesi il Benvenuto
nel fior di questo degno terren tosco.
"Io avevo cominciato a scrivere di mia mano questa mia Vita, come si può vedere in certe carte rappiccate, ma considerando che io perdevo troppo tempo e parendomi una smisurata vanità, mi capitò inanzi un figliuolo di Michele di Goro dalla Pieve a Groppine, fanciullino di età di anni XIII incirca ed era ammalatuccio. Io lo cominciai a fare scrivere e in mentre che io lavoravo, gli dittavo la Vita mia; e perché ne pigliavo qualche piacere lavoravo molto piú assiduo e facevo assai piú opera. Cosí lasciai al ditto tal carica, quale spero di continuare tanto innanzi quanto mi ricorderò".
Capitolo I
"Tutti gli uomini d’ogni sorte, che hanno fatto qualche cosa che sia virtuosa, o sí veramente che le virtú somigli, doverieno, essendo veritieri e da bene, di lor propia mano descrivere la loro vita; ma non si doverrebbe cominciare una tal bella impresa prima che passato l’età de’ quarant’anni. Avvedutomi d’una tal cosa, ora che io cammino sopra la mia età de’ cinquantotto anni finiti, e sendo in Fiorenze patria mia, sovvenendomi di molte perversità che avvengono a chi vive; essendo con manco di esse perversità, che io sia mai stato insino a questa età, anzi mi pare di essere con maggior mio contento d’animo e di sanità di corpo che io sia mai stato per lo addietro; e ricordandomi di alcuni piacevoli beni e di alcuni innistimabili mali, li quali, volgendomi in drieto, mi spaventano di maraviglia che io sia arrivato insino a questa età de’ 58 anni, con la quali tanto felicemente io, mediante la grazia di Dio cammino innanzi".
Si tratta del dipinto rinascimentale che raffigura il famoso orafo Benvenuto Cellini, che fu creato nel XVI secolo dallo stesso artista fiorentino