Un Angolo Storico di Firenze
Nel cuore di Firenze, tra Via Sant'Antonino e Via dell'Ariento, si trova il famoso Canto della Cella di Ciardo, un luogo intriso di storia e tradizione. Questo angolo pittoresco era originariamente il sito della taverna di Ciardo Torrigiani (1), un membro della famiglia Torrigiani, noti vinai e gestori di una taverna vicino alla Chiesa di San Lorenzo fin dai primi del Trecento.
Nel XIV secolo, le strette viuzze del quartiere di San Lorenzo, allora chiamate "Camaldoli", erano punteggiate da umili abitazioni, botteghe artigianali e piccole officine. In questo contesto, la Cella di Ciardo rappresentava un importante luogo di svago e aggregazione, svolgendo un ruolo fondamentale nella vita sociale del quartiere (2). Il suo impatto nella comunità era tale che addirittura ispirò il nome di vie e piazze circostanti, conservando la sua denominazione fino al XVIII secolo.
Si suppone che la taverna fosse costruita sul sito di un'antica basilica o chiesa (3). Secondo alcune fonti storiche, alcune colonne ritrovate sembrano essere state parte di un'antica struttura ecclesiastica. L'ipotesi delle origini storiche della Cella di Ciardo è supportata da varie testimonianze e documenti storici, che la indicano come una costruzione di notevole importanza fin dal XIV secolo.
Diverse fonti storiche e testimonianze, tra cui opere di autori come Giovanni Targioni Tozzetti e Guido Carocci (4), confermano l'importanza e la maestosità della Cella di Ciardo. Descritta come una "grandiosa loggia sostenuta da pilastri ottagonali", si immagina come un luogo di grande attrazione per gli abitanti dei popolosi Camaldoli. La presenza di stemmi del Comandatore incisi sui pilastri suggerisce un legame con un'antica basilica o chiesa, confermando ulteriormente le sue radici storiche profonde.
Secondo storici e antichi documenti, la Cella di Ciardo era originariamente una grandiosa loggia sostenuta da pilastri ottagonali, che faceva parte di una pregressa basilica. Questo luogo doveva essere una grande attrazione per il popolo degli affollatissimi Camaldoli, e la sua importanza è evidenziata dalla presenza di eleganti colonne ancora visibili all'interno di un negozio situato in Via dell’Ariento 35/r.
Gli archivi storici raccontano che nel 1382 la taverna di Ciardo di Betto, discendente del primo Ciardo, fu distrutta a seguito del coinvolgimento nella Rivolta dei Ciompi. Questa rivolta, una vera e propria rivendicazione sindacale degli operai della lavorazione della lana, portò alla distruzione della Cella di Ciardo. I Ciompi, considerati il gradino più basso della scala sociale nel sistema corporativo medioevale delle Arti e Mestieri, videro respingere le loro richieste e inscenarono una rivolta violenta. La Signoria cedette alle pressioni concedendo tre nuove Arti, ma la corporazione dei Ciompi fu sciolta nel 1382 e i capi furono puniti.
Gli archivi storici raccontano che nel 1382 la taverna di Ciardo di Betto, discendente del primo Ciardo, fu distrutta quando l’oste cadde in disgrazia a seguito del suo coinvolgimento nella Rivolta dei Ciompi e la taverna venne bruciata (5).
Dopo l’incendio, la Cella di Ciardo venne riadattata ad abitazione e successivamente riaprì come taverna nel 1536 ad opera del nuovo proprietario Guglielmo di Niccolò Brunetti (6). Nel corso del 1500, la taverna godette di grande fama, diventando meta di allegre bevute e mangiate, nonché di incontri amorosi mercenari.
Nel corso dei secoli successivi, la Cella di Ciardo cambiò proprietà e fu affittata a diversi gestori. Durante il periodo 1856–1871, probabilmente fu ristrutturata per adattarsi ai cambiamenti urbani, inclusa la demolizione dei Camaldoli di San Lorenzo (7) per far spazio al nuovo Mercato Centrale.
Negli antichi documenti si scopre anche una curiosità: una denuncia di proprietà di una casa e bottega da orefice di un certo Tommaso Bigordi, padre del famoso pittore Domenico detto il Ghirlandaio, “in Via dell’Ariento vicino alla Cella di Ciardo”. Questo luogo è testimone di una parte importante della storia e della cultura fiorentina, riflettendo l'arte, l'artigianato e la vita quotidiana dei suoi abitanti nel corso dei secoli.
(1) Marcello Vannucci in Le grandi famiglie di Firenze: “i Torrigiani fecero i vinai, gestendo una loro taverna, che era vicina alla Chiesa di San Lorenzo, verso la Via dell’Ariento. Ciardo è il Torrigiani che incomincia, siamo ai primi del Trecento, a fare fortuna”.
(2) “L’importanza che ebbero le taverne o celle o osterie, è dimostrata anche dal fatto che suggerirono addirittura il nome a vie e piazze cittadine come ad esempio la rinomata Cella di Ciardo di Betto che si trovava in San Lorenzo all’angolo fra via dell’Ariento e via Sant’Antonino la quale dette il nome al canto, nome che conservò fino al nostro secolo. Questa denominazione di Canto alla Cella di Ciardo la si ritrova addirittura in documenti ufficiali fiorentini che vanno dal XIV secolo fino a tutto il XVIII” spiega Luciano Artusi nel libro Le Arti e Mestieri di Firenze.
(3) Nel libro Relazioni di alcuni viaggi in varie parti della Toscana del 1751 di Giovanni Targioni Tozzetti: “Alquante colonne nella cantina di un’osteria nei Camaldoli di San Lorenzo detta la Cella di Ciardo che sembra essere stata la Confessione di qualche antica basilica“.
(4) Guido Carocci in ‘L’Illustratore fiorentino’, del 1911, dove scriveva: “La cella di Ciardo era costituita da una specie di grandiosa loggia sostenuta da pilastri ottagonali dove erano incisi gli stemmi del Comandatore. Prima che la casa dov’era posta venisse completamente trasformata, ricordo di aver veduto i resti di questa interessante costruzione che aveva tutti i caratteri del XIV secolo“.
(5) Gino Capponi, 1876, Storia della Repubblica di Firenze:“…..andavano per la terra, avendo da prima arsa la casa d’un Ciardo vinattiere ch’era stato decollato come seguace di Giorgio Scali”.
(6) Documenti del 1427 trovati nel Catasto istituito da Cosimo il Vecchio dei Medici.
(7) "Camaldoli di San Lorenzo" esistevano fino al 1870. Questi quartieri antichissimi, situati nel quadrilatero tra via dell’Ariento, via Panicale, via Chiara e via Sant’Antonino, erano noti per la loro antichità ma anche per la loro insalubrità.
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