Via Dante Alighieri a Firenze

Via Dante Alighieri

"Dopo lo sventramento dell’antico centro ci fu chi propose di dedicare a Dante l’attuale via Strozzi, anche il bravo ed esperto di storie fiorentine Guido Carocci pensò che quello fosse un “lodevole pensiero” mentre l’attuale via Dante fosse un “povero e meschino omaggio quasi per continuare l’ingloriosa tradizione di ingratitudine verso il figlio cosi illustre”. L’amministrazione comunale nel 1880 del sindaco Tommaso Corsini, decise invece un’altra strada anche se in apparenza più modesta, ma piena di memorie storiche. Lungo l’attuale via Dante, “dentro dalla cerchia antica”, a due passi dalla Badia dalla quale la città “toglieva e terza e nona”, si trovava la casa natia degli Alighieri, dove il piccolo Dante “sentì di prima aer tosco”; respirò, dormi in culla all’ombra d’un fico. Voglio ricordare che per questo fico gli Alighieri presero un querela col Parroco di san Martino del Vescovo.
Su quella piccola via il giovanissimo Dante assistette all’ “annual gioco” del palio, nel periodo della festa di San Giovanni patrono di Firenze. A pochi passi da casa di Folco Portinari forse spiava la piccola Beatrice? Mentre la vedeva componeva con i suoi amici il “dolce stil nuovo?” Questa via vide passare Dante a braccetto con Gemma Donati, la sua sposa, i quali si incamminavano verso la loro chiesa parrocchiale San Martino Vescovo e qualche anno dopo li videro incamminarsi verso il “bel San Giovanni” mentre portava a battezzare i suoi figli, con nomi apostolici [1].
Sempre li vide passare i Priori delle Arti, che si chiudevano nella Torre della Castagna “acciò non temessero le minacce dei potenti” [2], e da quella via, aveva 25 anni, parti per quell’esilio senza più farvi ritorno: “Tu proverai sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.” 

 

La Storia di Via Dante Alighieri

Prima di assumere l'attuale denominazione di Via Dante Alighieri, questa strada ha attraversato diverse fasi di trasformazione, riflettendo sia la presenza di edifici storici che i capricci di una commissione incaricata dal Granduca Pietro Leopoldo, noto per il suo interesse nel cambiare i nomi delle strade cittadine. Uno dei risultati di questa commissione fu l'appellativo "Piazza delle Ciuche Ignude" per l'ultimo tratto della via, che si estende da Piazza di San Martino a Piazza dei Cimatori. Curiosamente, le ragioni di questa denominazione rimangono oscure fino a oggi.

Nel tratto iniziale, da Via del Proconsolo a Via del Presto, la via era conosciuta come "Via di Fianco alla Badia" e successivamente fu ribattezzata "Via Ricciarda" quando la famiglia Ricciardi acquistò le case Baldovini. Il secondo tratto, che si estende da Via del Presto alla Piazza di San Martino, aveva il nome di "Via della Castagna," in onore della torre che ancora domina questa incantevole piazza. Lungo il percorso, a destra prima di raggiungere Piazza di San Martino, si può notare la cosiddetta "Falsa Casa di Dante," una costruzione progettata dall'architetto Castellucci sulle antiche mura della famiglia Giuochi.

La Piazza di San Martino era originariamente denominata "Piazzola Seconda di San Martino," mentre la "Piazzola Prima di San Martino" si trovava di fronte alla chiesa parrocchiale della famiglia Alighieri. Tracce di questa prima piazzola sono ancora visibili nella nascosta stradina denominata Via del Canto di Quarconia. È importante distinguere le due chiese dedicate a San Martino: quella esistente ai tempi di Dante, in stile romanico, aveva l'ingresso sulla "Piazzola Prima," corrispondente all'attuale Piazza dei Cimatori, mentre l'abside si affacciava sulla "Piazzola Seconda," dove successivamente fu costruito l'Oratorio dedicato a San Martino del Vescovo. Da menzionare che entrambe le piazzole facevano parte del complesso del "Convento di San Martino," ma non avevano una funzione religiosa, essendo piuttosto luoghi di incontro per i mercanti della lana. È proprio su questo lato che gli archeologi avanzano l'ipotesi che la casa originale di Dante sorgesse, ora occupata da un ristorante o, come si diceva in passato, dall'Osteria del Pennello, decorata con un bassorilievo del pittore Mariotto Albertinelli. Quest'ultimo, all'inizio del Cinquecento, abbandonò i pennelli per dedicarsi ai fornelli in cucina.

[1] Jacopo, Pietro e Antonia e forse un quarto figlio Giovanni
[2] Cronica di Dino Compagni
[3] Dante Alighieri, Paradiso CantoXVII versi 58-60

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