Opimia, La vestale innamorata.

Opimia di Emilio Franceschi alla Galleria d'Arte Moderna di Firenze

La storia di Opimia, una nobile e bella vestale innamorata di un nemico di Roma, ha catturato l'immaginazione di molte persone nel corso dei secoli. Il suo dramma personale, reso celebre dalla letteratura e dalla critica artistica del XIX secolo, ha contribuito a plasmare il concetto di scultura moderna e ad alimentare dibattiti critici sul suo significato e la sua esecuzione.
Il grande successo personale di Opimia fu assicurato dalla sua tragica storia d'amore con un nemico di Roma, che la condannò a morte. Questo soggetto fu suggerito dalla abbondante letteratura contemporanea di ambientazione romana, tra cui una tragedia di D.A. Parodi menzionata nell'Illustrazione Italiana del 5 agosto 1877. La sua vicenda amorosa e la sua condanna hanno ispirato opere letterarie, artistiche e critiche che ne hanno fatto un'icona della sofferenza e dell'amore proibito.
Durante gli stessi anni in cui la storia di Opimia ottenne notorietà, la critica artistica italiana si confrontò con il concetto di scultura moderna. Si condannava l'abbondante e facile produzione commerciale, ma al tempo stesso si riconosceva il favore del pubblico, anche europeo, per queste opere. 

Il dibattito si orientava tra una scultura di "idea", espressione di un concetto nobile da tradurre plasticamente, e il naturalismo più o meno esasperato. Inoltre, si discuteva anche della scultura come espressione di emozioni, impasto di intuizione e riflessione, che rappresentava il sentimento e le meditazioni dell'artista.
Secondo i critici moderati come R. De Zerbi e F. Netti, la figura concentrata in se stessa di Opimia rappresentava innanzitutto l'espressione di un malinconico dolore. Solo in un secondo momento essi notavano il costume antico della vestale, sottolineando così la profondità emotiva e la complessità della sua rappresentazione artistica.

 

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