La Dama Italiana

La Dama Italiana
 

La presente figura è copiata da un piccolo quadro che conservasi nell'Accademia di Belle Arti a Siena. Il nome dell'autore è ignoto: ma se devesi giudicare dall'esecuzione e dal merito di questa pittura facilmente si riconosce che appartiene alla scuola di Giotto e per con seguenza al decimoquarto secolo. I precetti di galanteria che formavano in gran parte la base della educazione della nobile gioventù di Francia e d'Inghilterra non erano molto conosciuti ed anche pochissimo usati in Italia: le donne nondimeno vi esercitavano quella influenza, che, in ogni tempo e presso tutti i popoli, produsse le più nobili azioni ed i maggiori disordini.
« Nell'anno 1215, messer Buondelmonte dei Buondelmonti, nobile cittadino fiorentino, aveva promesso di sposare una nobile damigella della famiglia degli Amidei, onorati cittadini: poscia il suddetto mes ser Buondelmonte, che era un cavaliere bello e ben fatto, passeggiando un giorno a cavallo per la città, fu chiamato da Madonna Gualdrada, moglie di messer Forese Donati. Questa dama così gli parlò: Cavaliere senza onore, tu hai promesso la tua mano per timore degli Uberti e dei Fifanti: rinuncia a quella cui devi sposare, prendi questa, ed in allora tu sarai sempre tenuto per un cavaliere onorato. »
E nel medesimo istante mostrogli la sua figlia, che era di una seducente bellezza. Buondelmonte abbagliato vi accondiscese sconsideratamente; e nel vegnente giorno, quando le famiglie erano riunite, andò ad impegnare la sua fede colla figlia del Donati, lasciando in preda all'onta quella degli Amidei, che egli sì crudamente oltraggiava. I parenti della sposa abbandonata, si collegarono acerbamente sdegnati, e deliberando intorno al modo di vendicarsi, diedero origine alle fazioni che angosciarono Firenze: poichè molte famiglie nobili congiurarono di lavare l'onta loro nel sangue di messer Buondelmonte. Alcuni erano d'avviso che si dovesse bastonare, altri che venisse ferito in volto, ma messer Mosca dei Lamberti insurse e disse loro: « Che colui il quale opina di batterlo o di ferirlo, pensi prima a scavarsi  la tomba che dovragli servire di rifugio: trattiamolo piuttosto in una maniera che provi che cosa fatta capo ha. » Convennero di consumare la loro vendetta nel luogo medesimo in cui s'avevano a riunire per la celebrazione del matrimonio. Nella mattina del giorno di Pasqua, all'ingresso del Ponte Vecchio, quando messer Buondelmonte veniva su di un palafreno, vestito di un abito di seta, e col suo mantello e colla testa coronata di fiori, messer Schiatta degli Uberti gli s'avventò veloce e datogli un colpo di mazza sulla testa lo rovesciò di cavallo: subitamente gli altri lo uccisero. La città fu tutta in allarme: il cadavere venne posto su di una bara e la giovane sposa struggendosi in lagrime ne sosteneva la testa sul suo seno. Venne così portato per tutta la città e da questo giorno incominciò la ruina di Firenze. Udironsi allora per la prima volta le terribili parole, parte Guelfa, parte Ghibellina (*). » 
La dama italiana che vedesi sulla presente tavola ha in testa un velo bianco, ricamato d'oro e vergato di nero. La veste è turchina e la sottovesta color di lacca. La pelliccia superiormente al gomito è bruna. Il cinto è nero filettato d'oro. La calzatura è nera, ed i vari ricami sono in oro.

Cammillo Bonnard, Costumi nei secoli X III, XIV e XV tomo I, Milano, dalla Tipografia e Calcografia di Ranieri Fanfani, 1832.
(*) Ricordano Malespini, c.f 104. Cronaca M.S. nell'archivio della famiglia Buondelmonti


 




I guelfi e i ghibellini, dipinto novecentesco di Ottavio Baussano

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