Il saluto romano

Il saluto romano: Un falso storico

Il saluto romano è un argomento di grande interesse storiografico, poiché rappresenta un aspetto significativo della vita nell'antica Roma. Nonostante la sua popolarità e le rappresentazioni diffuse nel cinema e nella cultura popolare, la pratica del saluto tra i romani è avvolta da un velo di mistero, con una mancanza di fonti attendibili che ne delineino in dettaglio le modalità.
Contrariamente alle credenze diffuse, non esistono testimonianze concrete che descrivano come avvenisse il saluto tra i romani, sia tra conoscenti che tra sconosciuti. Mancano fonti affidabili che confermino la pratica del saluto romano come lo conosciamo oggi.
Si ritiene plausibile che i romani potessero scambiarsi abbracci o strette di mano come segno di saluto, indicando la mancanza di armi e la volontà di instaurare un rapporto pacifico. Tuttavia, l'idea che si salutassero formalmente con il braccio teso è infondata, in quanto tali gesti potrebbero essere stati riservati a figure d i alto rango, come imperatori o generali, in determinate circostanze.
L'arte oratoria romana, oltre a coinvolgere l'abilità verbale, poteva contemplare movimenti del corpo durante i discorsi pubblici.
Tuttavia, non esistevano regole rigide riguardo ai gesti da compiere durante un saluto o durante un'orazione. Le rappresentazioni artistiche, come le statue con il braccio alzato, spesso riflettono canoni estetici più che consuetudini storiche.
La credenza nel saluto romano come gesto formale e quotidiano deriva in gran parte dal film 'Cabiria' del 1914 (1), contributo dell'autore Gabriele d'Annunzio. Quest'idea ha successivamente trovato terreno fertile nella propaganda fascista, diventando uno standard di saluto associato a quel periodo storico e per riflesso agli ignoranti che oggi lo usano.
Tuttavia, storicamente, il saluto romano quotidiano come gesto formale è un concetto privo di fondamento.

(1) Nel panorama cinematografico italiano, un'iniziale manifestazione del "saluto romano" si fa risalire a "Cabiria" di Giovanni Pastrone (1914), spesso considerato il più imponente kolossal del cinema muto italiano. Curiosamente, le didascalie del film furono redatte proprio da Gabriele D'Annunzio. Questo gesto si diffuse ulteriormente durante il periodo della propaganda fascista, anche attraverso pellicole come "Scipione l'Africano," diretto da Carmine Gallone nel 1937, un periodo in cui il regime fascista era in pieno vigore.

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