Incipit tratto da “Il Quartiere”, Vasco Pratolini, Mondadori
Noi eravamo contenti del nostro Quartiere. Posto al limite del centro della città, il Quartiere si estendeva fino alle prime case della periferia, là dove comincia la via Aretina, coi suoi orti e la sua strada ferrata, le prime case borghesi, e i villini. Via Pietrapiana era la strada che tagliava diritto il Quartiere, come sezionandolo fra Santa Croce e l'Arno sulla destra, i Giardini e l'Annunziata sulla sinistra. Ma su questo versante era già un luogo signorile, isolato nel silenzio, gravitante verso San Marco e l'Università, disertato dalla gente popolana che lasciava i figli a scavallare sulle proprie strade dai nomi d'angeli, di santi e di mestieri, nomi antichi di famiglie "grasse" del Trecento: Via de' Malcontenti ne era un'arteria e un monito; via dell'Agnolo la suburra, sulla quale immetteva Borgo Allegri ove in un'età lontana un'immagine della Madonna, dipinta da un concittadino immortale, portata in processione, si degnò miracolare in mezzo al popolo, “rallegrandolo”.
"Il Quartiere", opera di Vasco Pratolini, emerge come un capolavoro della letteratura italiana del Novecento, offrendo uno sguardo intimo e profondo nella vita di Firenze durante il periodo tra le due guerre mondiali. Attraverso le sue pagine, Pratolini non si limita a narrare una storia, ma dipinge un quadro vivido di un'epoca, di un luogo e delle persone che lo abitano. La sua scrittura, l'ambientazione e la trama si intrecciano in modo tale da offrire al lettore un'esperienza letteraria indimenticabile, che va ben oltre la semplice narrazione di eventi.
Il tipo di scrittura adottato da Pratolini in "Il Quartiere" si distingue per la sua capacità di essere al tempo stesso diretto e poetico. L'autore utilizza uno stile che sa catturare la quotidianità attraverso una prosa semplice ma carica di significato, dove ogni parola sembra essere scelta con cura per evocare immagini, odori e suoni della Firenze di quel tempo. La lingua utilizzata, pur essendo accessibile, non scade mai nel banale, ma riesce a trasmettere con forza le emozioni, i pensieri e le speranze dei personaggi. Pratolini mostra una particolare maestria nel descrivere le sfumature delle relazioni umane, rivelando i loro aspetti più nascosti con sensibilità e acume.
L'ambientazione gioca un ruolo cruciale nell'opera, fungendo quasi da personaggio a sé. Firenze, con i suoi vicoli stretti, le piazze, le trattorie e le case popolari del quartiere di Santa Croce, diventa lo sfondo contro il quale si dipanano le vite dei giovani protagonisti. Pratolini riesce a catturare l'essenza di questo spazio urbano, descrivendolo con una tale vividezza da far sentire il lettore parte dell'ambiente. La città non è solo un luogo fisico, ma anche il simbolo delle dinamiche sociali e culturali dell'epoca, riflettendo le tensioni, le aspirazioni e le delusioni di chi vi abita.
La storia raccontata in "Il Quartiere" è quella di un gruppo di giovani che cercano il loro posto nel mondo, affrontando le difficoltà economiche, i dilemmi morali e le complessità delle relazioni interpersonali. Pratolini intreccia abilmente le vicende individuali in un racconto corale che offre una visione panoramica della società fiorentina di quel periodo. Attraverso gli occhi dei suoi personaggi, l'autore esplora temi universali come l'amore, l'amicizia, la perdita e la ricerca di identità, rendendo la narrazione profondamente umana e relatabile.
In conclusione, "Il Quartiere" di Vasco Pratolini è un'opera di straordinaria bellezza e profondità, che riesce a trasportare il lettore in un altro tempo e luogo, facendogli vivere le esperienze, le emozioni e le riflessioni dei suoi personaggi. Il tipo di scrittura, l'ambientazione accuratamente delineata e la storia ricca di sfumature contribuiscono a fare di questo libro un classico intramontabile della letteratura italiana, capace di parlare al cuore e alla mente di chi lo legge.
Quando il signor Cosimo de' Medici fu diventato Duca di Firenze, gli cominciò ben tosto a parere stretta alla sua maestà la cosa di Via larga, e volle tornare nel palazzo che fu della Signoria...
Vedrai di cosa sono capaci coloro che mentono senza vergogna tutto il giorno alla luce del sole!
Oltrepassato Montedomini, in faccia alle mura c'erano già in basso molti orti detti di Granchio dal soprannome dell'ortolano...
Le prime notizie circa una sede stabile della Confraternita fiorentina risalgono al 1321 quando, grazie ad una donazione, i Fratelli acquistano la porzione di una casa di Baldinuccio Adimari nell’omonimo vicolo.