Viale de' Colli, seconda parte
descrizione storico - artistica di Guido Carocci
Di lassù tu vedi spiegarsi sotto i tuoi occhi, prima i serpeggiamenti del viale, poi la città, le colline di Bellosguardo e di monte Oliveto sparse di villaggi, di palazzi e di case, che la circondano dal lato di mezzogiorno, poi le fertili pianure solcate dall’Arno. Dietro poi son tutte le belle colline d’Arcetri che da Firenze vanno a morire in una vallicella dietro il Poggio Imperiale ed a ricongiungersi poi coi colli di Montici. E tutti questi poggetti dalle delicate pendenze, dalle viottole ripide si, ma non affannose, dai fianchi eternamente coperti di verzura, son seminati di case e di ville che più o meno hanno tutte qualche memoria, qualche ricordo dei loro antichi proprietari o dell’assedio di Firenze.
L'assedio più che ogni altro fatto lasciò quivi le sue tracce, i suoi ricordi, perchè allora queste vaghe colline, queste ville incantevoli eran profanate, infestate dalle accozzaglie di armati di tutte le nazioni che stipendiate da Papa Clemente VII e comandate da Filiberto di Chàlons, principe d’Oranges, guerreggiavano contro la repubblica fiorentina che si dibatteva negli ultimi palpiti dell’agonia.
In una piccola spianata al di sotto del piazzale, e contornata da un boschetto di cipressi annosi e di querci, sorge la magnifica villa del Poggio Imperiale, alla quale si può recarsi in un momento per mezzo d’un viale che dal piazzale Galileo sbocca nello stradone del Poggio.
In illo tempore, quando attorno a Firenze sorgevano i feudali resedii di tante nobili famiglie, quando su tutte le colline apparivano le merlate torri, i forti bastioni dei castelli signorili, nel luogo oggi occupato da questa villa era un possesso della famiglia Baroncelli che a quella collinetta dette il nome di poggio Baroncelli. Dai Baroncelli cotesto luogo passò, al principio del XVI secolo, nei Salviati, poi dopo l’assedio, per diritto di confisca divenne proprietà di casa Medici.
Cosimo I nel 1565 regalò questa villa a Isabella ed a Paolo Giordano Orsini coll’obbligo che, dopo la morte dei loro figli, ritornasse nuovamente proprietà de’ Medici. Però qualche anno dopo egli confermò questo possesso non solo a Virginio figlio di Paolo, ma anche ai di lui figli. Dagli Orsini passò per eredità negli Odescalchi duchi di Bracciano, dai quali lo comprò poi Maddalena d’Austria sorella dell’imperatore Ferdinando II e moglie di Cosimo II.
Fu lei che invaghitasi di questo magnifico soggiorno, lo fece ampliare, abbellire e adornare splendidamente.
Nel 1662 dietro un concorso, al quale presero parte Gherardo Silvani, Matteo Nigetti, Cosimo Lotti, Francesco Guadagni, Giovanni Coccapani, Gabbriello Ughi e Giulio Parigi, fu dato l’incarico di ridurre la villa a quest’ultimo, ch’era un dei migliori architetti del tempo.
Cotesto soggiorno prediletto dei Granduchi di Toscana fu in seguito abbellito da Vittoria Della Rovere e dal granduca Leopoldo I che lo fece decorare di affreschi di Matteo Rosselli, del Volterrano, del Gricci, del Traballesi, del Terreni, del Gherardini, del Fabbrini e del Del Moro, non che di pregevolissimi stucchi di Grato Albertoli milanese.
Attualmente nella magnifica villa del Poggio Imperiale è l’Istituto della SS. Annunziata che vi fu portato all’epoca del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, quando il locale di quell’istituto, posto in via della Scala, fu ridotto a palazzo per il Ministero dei lavori pubblici.
A metà del magnifico stradone sorge un’ altra bella villa turrita. È l’Imperialino, esso pure possesso di casa Medici ed ora dei marchesi Baldinotti.
Passato di poco il piazzale Galileo, s’incontra la via detta di S. Leonardo.
Lì sul crocicchio c’è la trattoria Bonciani già casa campestre che appartenne all’antica e storica famiglia de’ Barbadori. Nello stesso luogo son pure la villa Piatti e la grandiosa villa Capacci che pare sia appartenuta alla famiglia Galilei.
Dalla parte sinistra la via percorrendo la cima pianeggiante di uno dei colli d’Arcetri conduce a Porta San Giorgio dopo esser passata dinanzi a parecchie ville antichissime. La prima di queste che s’incontra a man dritta è l’antica villa di casa Barducci-Chierichini detta il Palagio del Barduccio, che a dispetto dei tempi e dei restauri conserva ancora parecchie tracce della sua antica costruzione. In faccia il Barduccio è la grandiosa villa Morelli detta La Luna, dalla famiglia antica e potente dei Della Luna che la edificò e la possedè per lungo tempo. Cotesta villa, posta in uno dei più graziosi punti del viale ed in una delle più belle posizioni dei contorni, conserva tuttora alcune tracce della sua maestosa costruzione e fra le altre un bellissimo e spazioso portico sostenuto da colonne d’ordine composito dal lato di levante.
Nel tempo dell’assedio questo luogo fu occupato e fortificato dagl’Imperiali che vi eressero perfino un bastione per battere Belvedere, la torre del Mascherino e tutte le altre opere di fortificazione lungo le mura della città fra porta Romana e porta S. Giorgio.
Proseguendo per la stessa via s’incontrano altre ville. In una di queste, che è prossima alla villa della Luna, abitò il celebre Pietro Tacca, che vi condusse a termine alcune delle sue opere sublimi e, secondo dice il Manni, vi morì nel 1640. Cotesta villa divenne poi proprietà dei Serrati, avendo la figlia del Tacca sposato uno di quella famiglia. Sulla strada si trovano ancora le antiche ville Vecchietti, Guidetti, Spinelli, e poi la parrocchia di San Leonardo in Arretri.
Incerta è l’epoca della fondazione di cotesta chiesa, com’è incerta l’etimologia del nome di Arretri dato ai colli sui quali è costruita. Anticamente il colle S. Leonardo si diceva di Lepore, o d’Ilepri, nome che il Moreni ed altri eruditi credono possa essergli stato dato dalla famiglia Alepri consorte dei Galigai, che pare avesse qui dei possessi.
Per tornare alla chiesa di S. Leonardo dirò come la sia una delle più antiche parrocchie dei suburbii.
Attualmente dell'antica costruzione non si conosce più nulla, perchè i restauri, più o meno barbari, hanno dato a quella chiesa un aspetto meschino e affatto moderno. Due cose vanno notate però in S. Leonardo; le pitture della tribuna che sono di Cosimo Ulivelli ed un magnifico ambone. Difficile è il dire l’antichità di questo ambone che all’epoca della distruzione di Fiesole fu da cotesta città trasportato in San Piero Scheraggio.
Quando si costruì la fabbrica degli Uffizi cotesta chiesa che occupava una parte di cotesto spazio fu soppressa ed il celebre ambone fu regalato alla parrocchia di S. Leonardo. Esso è di pietra formato di sei quadrati con bassirilievi rozzamente scolpiti, ed è un prezioso ricordo artistico dell’architettura etruscoromana.
Terminata questa piccola digressione torniamo fino all’incontro del viale, traversiamolo e andiamo su per la strada piuttosto ripida che conduce al Pian di Giullari.
Passata la villa Capacci si trova sulla destra una casa campestre detta Le Quattro Capanne che appartenne essa pure a’ Barbadori. In vetta alla salita, proprio all’incontro della strada del Poggio, sono le due grandiose ville Bartolommei e Capponi. La piazzetta sopra a coteste ville che è il luogo di ritrovo dei villeggianti si disse fino da antico Volsaminiato. L’attuale villa Barbensi fu uno dei possessi elle la famiglia Lanfredini ebbe su quei colli, e tuttora sulla facciata se ne vede lo stemma. L’altra villa che ha tutte le tracce d’antichità appartenne ai Rinuccini.
Una stradella piuttosto ripida che sbocca accanto alla villa Barbensi conduce alla celebre torre del Gallo, immortalata dal soggiorno che si dice vi abbia fatto il divin Galileo.
Per quanto si può rilevare dalle cronache dell’epoca e dalle incomplete notizie che tuttora ci rimangono, pare che l’antica ed estinta famiglia dei Galli avesse qui un castello fortissimo al quale la repubblica fiorentina fece subir la stessa sorte degli altri, abbattendolo quasi affatto. Cotesto luogo fu comprato in seguito da’ Lanfredini, che vi costruirono una grandiosa villa difesa da una torre merlata. Fu cotesta torre che a Galileo servì d’osservatorio, quando, relegato a Firenze, abitava la villa del Gioiello nel sottoposto borghetto del Pian di Giullari. Ora cotesto luogo è irriconoscibile: la torre è intonacata, la gran terrazza della villa ridotta a quartiere, i merli riuniti, insomma tutto è stato barbaramente deturpato dai restauri moderni. Quel che poi fa maggiormente dolore è il non vedervi nessuna memoria che vi ricordi Galileo Galilei.
Sotto la torre del Gallo dal lato di mezzogiorno è il borgo del Pian di Giullari, composto d’una trentina di case fra le quali appariscono la villa del Gioiello che una lapide marmorea ricorda essere stata abitata da Galileo, e l’antica villa Guicciardini dove abitò il principe d’Oranges nel tempo dell’assedio.
Presso il Pian di Giullari, sopra una collinetta, sorge il monastero di San Matteo in Arcetri, detto già San Matteo a Lepore. Esso fu fondato nel 1269 sopra un terreno de’ monaci remitani di S. Agostino, quand’era vescovo di Firenze monsignor Giovanni Mangiadori, e dato a certe monache dell’ordine di Santa Chiara. In cotesto monastero pare che col trascorrer del tempo le religiose non tenessero condotta molto buona ed esemplare, perchè verso il 1400 la corte di Roma dovette inviarvi frate Marcovaldo ministro dell’ordine per provvedere a certi scandali che s’erano verificati
Ma dopo tutto, veggo che mi sono anche troppo dilungato e che sarà bene tornare sul viale. Dall’incontro di via S. Leonardo fino al piazzale Michelangelo il viale passa sui fianchi dei colli di Volsanminiato, Giramonte, Giramontino e S. Miniato. Da sinistra c’è giù in basso la vallecola di Carraia nella quale è una sorgente d’acqua, detta la fonte della Ginevra, che alimenta diverse fontane di Firenze, come quelle di S. Niccolò, di piazza de’ Mozzi e di piazza Santa Croce.
Sui colli appariscono le ville Capponi, Nencini, Ramponi, e più alta di tutte quella Puliti detta Giramonte.
Cotesta villa antichissima, ma deturpata con restauri, fu già castello, che pare sia appartenuto ai Da Verrazzano e fu poi dei Giramonti Gini, i quali avevan pure altri possessi in quei colli e nella valle di Carraia.
Voltato il colle di Giramonte sulla destra sono alcune ville. Quella sormontata da una torre fu della famiglia Unganelli, e quella merlata, oggi di proprietà Traversi, appartenne ai Guardi. Sulla sinistra c’è un borghettolo, detto Castello d’Arcetri, composto di cinque o sei ville e di altre casette. Fra le ville laprincipale è quella Ciantelli che fu un dei possessi di casa Girolami. Più verso Firenze, in vetta ad una ripida stradella detta l’Erta Canina, è un monastero di Benedettine che esiste fino dal 1343. Poco più innanzi sulla destra sorgono i rovinosi bastioni di S. Miniato, la chiesa, la torre ed il cimitero.
Di S. Miniato è stato detto tanto che credo inutile trattenerci a lungo. Le prime memorie di questa chiesa datano dal IV secolo, ed allora era semplicemente un piccolo oratorio, ingrandito poi un secolo dopo e riedificato di sana pianta nel xi secolo. Il palazzo merlato che le sta accanto fu costruito nel 1295 ed il campanile nel 1529 col disegno di Baccio d’Agnolo.
Tutti conoscono la parte interessantissima sostenuta da questo luogo durante l’assedio di Firenze, allorché Michelangiolo ne fece il centro di difesa della città.
Lo dimostra chiaramente tuttora il campanile tutto guasto e smantellato dalle palle nemiche. Esso può considerarsi come uno degli edifizi più belli e più puri che ci restino di quell’epoca. Vi sono moltissime pitture dello Spinello, della scuola grottesca, del Pollaiolo, dell’Orgagna, di Buffalmacco e di altri. L’altarino in marmo che è nella navata centrale è opera del Michelozzi e la cappella a sinistra fatta fabbricare dal cardinale Portogallo è opera di Antonio Rossellini e fu adornata con lavori di Luca Della Robbia.
Sopra un rialzo al disotto di S. Miniato è la chiesa di S. Salvadore al Monte fabbricata nel xv secolo dal Cronaca a spese di Castello Quaratesi, cittadino tanto ricco che voleva costruire a sue spese perfino la facciata di S. Croce.
Parte prima
Parte seconda
Tratto da Guido Carocci, Il Viale de' Colli descrizione storico artistica di Guido Carocci, Firenze, Tipografia Cooperativa, 1872
L'alluvione di Firenze del 1864 fu l'ultimo straripamento dell'Arno che colpì il capoluogo toscano ed i suoi dintorni prima della più celebre del 4 novembre 1966.
L'autore evidenzia l'umorismo fiorentino, rivelando la persistenza di tradizioni scherzose già otto secoli fa.
Mi piacerebbe presentarvi un uomo, fra i pochi, che non è stato mai cattivo con me; un giorno sparì e rividi solo le sue interiora, i suoi “quartiâ€, i quali rimasero attaccati ai pali ed al canto del Mercato Nuovo
Carlo Lorenzini, noto come Collodi, fu più di Pinocchio. Giornalista, traduttore, autore di "I misteri di Firenze," sfida l'idea di mistero.