Dal 1887 ad oggi (Le Cento Città d'Italia del 30 settembre 1902)
Il nuovo Centro.
Un'iscrizione abbastanza vaniloquente che si legge sul frontone del grande arco in Piazza Vittorio Emanuele, accenna al vecchio centro che si è «restituito a nuova vita dal secolare squallore»; ma a dire il vero non è tutta degna d'elogio l'opera dei caporioni del Comune che disposero e diressero la sistemazione di questa parte della città.
Ragioni di decoro, d'igiene, di sicurezza reclamavano indubbiamente la demolizione di un centro d'infezione, sì morale che materiale, quale era il Vecchio Mercato coll'annesso quartiere del Ghetto, asilo inveterato della prostituzione e della delinquenza, e fu savia opera lavare quella macchia che deturpava Firenze proprio accanto ai due meravigliosi ed ineguagliati templi dell'arte che sono Piazza della Signoria e Piazza del Duomo.
Ma, dicono gli eterni brontoloni, e noi non sappiamo dar loro torto: Firenze è città che ha un carattere tutto suo particolare, essa ha troppi monumenti ancora intatti della sua antica grandezza, perché possa esser trattata come una città moderna. E come stonerebbe un cappellino di Parigi sulla testa della Venere dei Medici, così è una stonatura orribile il rococo trito e la misera eleganza delle moderne costruzioni, care al secolo bottegaio, e per far posto alle quali si demolirono palazzi, torri e chiese sacri a noi per ricordi o per artistiche bellezze.
Ripulire il centro, demolire le catapecchie, i vicoli fetidi, i bui cortili, sta bene, ma rispettare altresì quanto di bello e di antico sfidava ancora i secoli: costruire strade, piazze, loggiati che armonizzassero col resto della città, utilizzando le antiche fabbriche, liberandole dalle mostruose superfetazioni, restaurandole, completandole, riprendendo le sagome originarie.
Invece, noi abbiamo nel nuovo centro, un gran cortile che si chiama Piazza Vittorio Emanuele che somiglia alle larghe che si somigliano tutte le Piazze e tutti i Corsi creati nelle varie città d'Italia e dell'estero coi moderni abbellimenti; abbiamo altri portici barocchi, i soliti palazzoni ad uso d’albergo o di magazzino, cogli ornati e le bozze di finta pietra, coi mezzanini bassi, le botteghe fitte, tutta insomma l’eleganza posticcia e la grettezza speculatrice che caratterizzano l’età nostra.
Così, la borghesia quattrinaia, invadendo le aree della Firenze nuova, trionfò contro i Piagnoni dell’arte imponendo il suo gusto allittato dai miraggi di un impiego di capitali al cinquanta per cento. Né valsero i piani regolatori studiati, discussi e approvati dalle autorità cittadine e governative e secondo i quali i più importanti vestigi del passato dovevan rimanere intatti, che le esigenze della inesorabile linea retta e della speculazione li resero inutili e quali platonici desiderata.
La Piazza Vittorio Emanuele, troppo angusta se si tien conto delle sei grandi correnti del movimento cittadino che vi hanno lo sbocco, e la tipica estensione di questa vita fiorentina, tutta apparenza, tutto orpello, mentre, là accanto, la Piazza della Signoria, severa, grandiosa, monumentale, rimane ancora la Firenze dei Comuni il cui nome suonava famoso nei più lontani paesi, associato a quelli di Dante e di Amerigo Vespucci.
La birreria Gambrinus posta all’angolo nord della Piazza è un locale cosmopolita, come il Biffi milanese o l’Aragno di Roma, dove affluiscono tutte le notabilità dell’arte, della scienza, della politica, le rumorose comitive di forestieri, la gioventù indigena, le agghindate famiglie di travet, e si deve alla sua concorrenza schiacciante se antichi e famosi locali come il Doncey han dovuto chiudere i battenti od han veduto diminuire notevolmente la loro clientela. Sulla Piazza del Centro sono notevoli il Palazzo che serve all’Hôtel Savoja, dell’architetto Micheli e quello occupato dallo Stabilimento Bocconi, su disegni dell’architetto Bonamici, i quali, quantunque di stile bastardo, accoppiano l’eleganza alla ricchezza. Un palazzo da segnalare ai lettori è quello eretto dall’Impresa Morezzi e Dilazziri in Via dei Lamberti, su disegni del valente architetto Cesare Spighi, che riproduce severe linee del stile del quattrocento, dando un bell’esempio del come, se vero sentimento d’arte vivesse guidato i moderni architetti, essi saprebbero ribadire esso stesso e ricostituire il centro della città.
Piazza della Santissima Annunziata: «Prototipo della misura urbana rinascimentale». (Bruno Zevi, Architettura in nuce, Venezia 1960, p. 68.)
Nel periodo fascista, Firenze subì cambiamenti urbani e architettonici, mescolando modernità e tradizione, influenzando l'aspetto della città.
Il Museo è il più antico museo scientifico d'Europa, ospita preziose collezioni zoologiche, osteologiche e cere anatomiche.
Costruita nel 1430-1431 dagli Ufficiali di Torre, inizialmente aveva una statua di Donatello. L'ultimo ricordo della Firenze medevale.