Firenze negli anni '30, nel quartiere di Santa Croce.
Durante il ventennio fascista, architettura e urbanistica furono strumenti fondamentali per la propaganda del regime, con l'obiettivo di esprimere un ideale che fondeva modernità e tradizione. Firenze, come molte altre città italiane, subì profondi cambiamenti che segnarono in modo duraturo la sua immagine urbana. In ambito urbanistico, il fascismo si concentrò sulla riqualificazione del centro storico, con interventi che miravano a trasformare aree come i quartieri di Santa Croce e San Frediano, considerati malsani, in moderni isolati. Un esempio significativo fu il progetto di riqualificazione di Santa Croce, avviato nel 1928 sotto la guida di Raffaello Fagnoni. Le strade vennero allargate, adornate da portici e intervallate da piazze, e le abitazioni assunsero un aspetto più uniforme e dignitoso.
Tuttavia, la demolizione del vecchio tessuto urbano, iniziata nel 1936, fu interrotta dalla guerra e le costruzioni successive, completate negli anni '50, mancarono di un disegno unitario coerente. Dal punto di vista architettonico, il regime fascista cercò di integrare nuove opere all'interno del tessuto storico, per sottolineare la continuità con l'antica Firenze medievale e rinascimentale. Allo stesso tempo, furono realizzati nuovi complessi abitativi al di fuori delle mura, segnando l'espansione della città verso la pianura e le colline circostanti. Questi interventi riflettevano la volontà di rappresentare il regime come promotore di una modernità che non dimenticava le radici storiche italiane.
Studio originale sul "risanamento" del quartiere di Santa Croce
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