Agraria Femminile alle Cascine di Firenze
Da cinque anni esiste qui a Firenze alle Cascine (la classica passeggiata fiorentina), fra la R. Scuola di Pomologia, il tiro al piccione e il campo delle corse, un'istituzione che in questo momento di femminismo agrario, acquista uno spiccato sapore di attualità.
Voglio parlare della Scuola Agraria femminile Giuseppina Alfieri Cavour che Tito Poggi ricordava tempo fa, sul Corriere, come una delle poche istituzioni del genere in Italia e con la quale credo si sia già messa in rapporto la neo-Sezione femminile degli agricoltori italiani.
Questa scuola, fondata per iniziativa privata, con il concorso del Municipio di Firenze e del Ministero di Agricoltura, ha lo scopo d'impartire alle signorine di almeno sedici anni, delle nozioni teorico-pratiche di agronomia, orticoltura, economia e contabilità domestica, floricoltura, apicoltura, pollicoltura, caseificio, igiene, ecc.
L'Istituto ha una sede propria in una palazzina appositamente costruita alle Cascine previ accordi fra il Municipio di Firenze e la marchesa Adele Alfieri di Sostegno che per la sua costruzione erogò una forte somma a fondo perduto. La palazzina è circondata da un giardino, nonché da orti e pomari ricchi di svariate collezioni di piante e serre calde e temperate per i vegetali esotici. Il tram da piazza del Duomo​porta alla scuola in venti minuti. La scelta della posizione non poteva dunque, da tutti i lati, esser migliore e ce lo dimostra anche il numero relativamente importante di signorine che frequentano la scuola, benché questa sia ancora giovane e poco conosciuta. Le allieve sono infatti quest'anno circa quaranta.
Un giorno, trovandomi alla R. Scuola di Pomologia di cui è direttore l'egregio prof. Vincenzo Valvassori, la sua signora, direttrice delI'istituto agrario femminile, mi propone gentilmente di voler andare a visitare l'istituto stesso, ciò che accetto col più gran piacere.
Appena arrivo la signora Carolina Valvassori, sempre squisitamente cortese, m'invita a fare un giro negli ambienti e nel giardino della scuola.
Passiamo così nei diversi locali dell'istituto: dappertutto regna la pulizia ed abbonda l'aria e la luce. Del resto la Regina Madre non definì questa scuola — quando, nel maggio del 1911, la onorò di una sua visita — col motto: «Lavoro giocondo, giocondità laboriosa»?
Le stanze sono arredate col puro necessario, tutto quello che è superfluo è stato abolito: la prima, una delle più grandi, serve per le lezioni di agraria; ad una parete è appoggiato un tavolo di legno coperto da un vetro: sotto v'è un lume acceso. È l'incubatrice artificiale.
In un angolo un album immenso racchiude dei disegni di piante e frutti fatti dalle allieve; sopra un tavolo si scorgono, fra le «scope», dei bozzoli che servono per insegnare praticamente l'allevamento del «filugello» (Bombyx mori) comunemente detto baco da seta.
Attraversiamo quindi la sala da pranzo ed altr'ambienti che sarebbe troppo lungo descrivere; nella sala di lettura vedo, sparsi sopra una tavola, i migliori giornali agricoli italiani ed esteri e, ad una parete, la biblioteca circolante mantenuta dal Ministero di Agricoltura.
II
Intanto la signorina Valvassori — che coadiuva la madre nella direzione dell'istituto — mi dà qualche informazione sul programma della scuola.
So così che i corsi d'insegnamento hanno la durata di un semestre; che le lezioni pratiche sono date dal capo-giardiniere cav. Recenti e dal capo-frutticultore sig. Bedini; che sono ammesse all'istituto le signorine dai 16 ai 25 anni che hanno fatto studi equipollenti alla licenza complementare, tecnica o ginnasiale; che la tassa d'ammissione è di L. 10 oltre al pagamento di L. 40 in due rate trimestrali anticipate; che alla fine del semestre è rilasciato un certificato di frequenza e di profitto, in seguito ad un esame teorico-pratico; infine che all'istituto sovrintende un Consiglio direttivo di cui fanno parte la contessa Maria di Frassineto (Presidente), la marchesa Adele Alfieri di Sostegno (rappresentante del Ministero di Agricoltura), la baronessa Giuliana Ricasoli Firidolfi, il conte Paolo Guicciardini e l'ing. Ugo Giovannazzi (rappresentanti del Comune).
III
Frattanto siamo giunti nella cucina: una cucina davvero modello. E' qui che le allieve si esercitano praticamente nell'arte culinaria, è qui che preparano dei pranzi settimanali a turno che — a quanto dice Jarro che di arte gastronomica se ne intende — sono dei veri poemi!
Adesso stanno appunto facendo delle conserve di frutta. — Noi — mi dice una signorina — ne facciamo di tutti i colori…
E difatti, attraverso il limpido vetro dei barattoli, le conserve appaiono nelle tinte più belle e più varie! Ed eccoci finalmente nel giardino: un piccolo «roseto» sul davanti, un pomario ed un orto ai lati e dietro una grande «stazione apistica» (che serve anche come osservatorio per la Toscana) dove sono riuniti ben dieci differenti modelli di apiari, dall'antico, classico alveare di giunco all'arnia modernissima «pratica solida ed elegante». nInsomma un vero villaggio dagli innumerevoli villini per api.
Più in là, sopra un prato, dentro una rete circolare, dei pulcini svolazzano e piulano insistentemente, forse chiamando la madre: ma chiamano invano giacché son nati nell'incubatiice al calore di un lume a petrolio!
IV
Ammiro ed apprezzo le piante fruttifere allevate razionalmente, gli ortaggi rigogliosi — in grazia alle opportune concimazioni, infine gli arbusti ben fioriti, potati con cura. Ed osservo le allieve sparse qua e là, ognuna intenta al proprio lavoro.
Queste preparano grandi ciuffi di ortensie per adornare la mensa; quelle coltivano i pomidori e ne legano con cura i tralci sui sostegni; alcune potano i rosai rampicanti togliendo i fiori secchi da poco sfioriti, mentre altre, intorno ad un pero allevato a cordone, insaccano i giovani frutti.
La direttrice corre da queste e da quelle, su e giù, instancabile. Consiglia, ammonisce. Insegna il lavoro manuale indispensabile e spiega il perchè di ogni operazione. Giacché niente è fatto a caso: ogni allieva comprende perchè agisce, verso che scopo tendono i
suoi sforzi e può ogni giorno seguire le fasi e gli sviluppi previsti e annunziati dai suoi maestri.
V
Ma la visita è finita. Mentre ritorno in città per gli ombrosi viali delle Cascine (questo splendido museo forestale vivente) ripenso a quello che mi ha detto accommiatandomi la signora Valvassori, quasi esprimendo ad alta voce un suo intimo pensiero: «Non è bello vedere queste signorine, della nostra migliore società, sacrificare qualche divertimento, per dedicarsi con passione allo studio della natura ed alla vita dei campi?».
Renzo Levi Naim.
(Fotografie di Renzo Levi Naim e del cav. Recenti).
Tutti i quartieri cittadini nel settembre 1921 vennero addobbati a festa.
Alcune delle porte fiorentine furono modificate all'inizio del secolo XVI e sussistono tuttora a titolo di memorie monumentali.
Costruita nel 1430-1431 dagli Ufficiali di Torre, inizialmente aveva una statua di Donatello. L'ultimo ricordo della Firenze medevale.
l'Istituto Agrario si estendeva da via delle Cascine a Via del Barco ed era compreso tra l'attuale viale dell'Aeronautica ed il fosso Macinante.