Il giudizio di Dante su Pistoia

Il giudizio di Dante su Pistoia
L'aiuola che ci fa tanto feroci.
Par. - XXII - 151.


La divisioni dei Guelfi di Firenze in Bianchi e Neri si vuole, forse, imputarsi all'intervento dei Fiorentini nelle contese di Pistoia. In realtà, durante la grave lotta tra i Cancellieri Bianchi e i Cancellieri Neri di Pistoia (1) , per riavere un po' di pace, i Pistoiesi Bianchi ottennero nel 1296 un podestà fiorentino da cambiare ogni sei mesi. I Cancellieri furono accolti in Firenze presso le famiglie amiche; presso i Cerchi i Bianchi e presso i Frescobaldi, oltr'Arno, i Neri. L'intervento di Firenze, che, per sopire le ire, accolse i Cancellieri nelle sue mura, fu fatale: «Ma come l'una pecora arimalata amala l'altra, et corrompe tutta la gregia, così questo maledetto seme uscito da Pistoia, stando in Firenze, corruppe tutti i Fiorentini, et partilli di sieme, che prima tutte le schiatte et casati de' Nobili, appresso tutti i popolani si partirò; et chi favoriva l'una parte, et chi l'altra» (2). Nel 1301 — Dante era Priore — Pistoia finì col cadere nella signoria dei Cancellieri Bianchi, mentre aumentava il malumore dei Neri. Costoro, in odio a Firenze, si unirono con Moroello Malaspina (3), coi Lucchesi e coi fuorusciti fiorentini, e batterono l'esercito dei Bianchi in Campo Piceno, tra Serravalle e Montecatini. Ai gravi torbidi di Firenze Carlo di Valois — per ordine di Bonifacio — dava il tracollo, schierandosi apertamente pei Neri.
 

Apparizione di Vanni Fucci (97-126)
Apparizione di Vanni Fucci (97-126)

«L'aspra» (4) Pistoia, agli occhi di chi era stato del partito dei Bianchi quale Dante, appariva come la tana sozza donde usciva l'idra della discordia. Colà abitano gli uomini più abbietti, gli spiriti capaci di ogni delitto, di ogni sacrilegio: come esemplare Vanni Fucci (5). In un impeto di sincerità, il ladro dei «belli arredi» della cappella di S. Iacopo in S. Zenone, a Pistoia, confessadi sé:
 

Vita bestial mi piacque, e non umana,
Si come a mul ch'io fui: son Vanni Pucci
Bestia, e Pistoia mi fu degna tana.
Inf. XXIV - 124-126.


Per individui come Vanni Pucci non v'era in Italia — nel concetto di Dante — città più adatta di Pistoia; l'ingiuria non potrebbe essere più violenta.
Ma lo sdegno di Dante continua ancora e prorompe nell' esclamazione specifica:


Ah, Pistoia, Pistoia, che non stanzi
D'incenerarti, sì che più non duri,
Poi che in mal far lo seme tuo avanzi.
Inf. XXV - 10-12
 

Non erano dissimili dai loro antenati i Pistoiesi dei tempi di Dante (6): sediziosi, vagabondi, ladri, i soldati di Catilina: superiori a loro, nei difetti, i concittadini di Vanni Pucci: anche a Dio squadran le fiche! Simbolo della loro arroganza la torre del castello di Garmignano, ov'era scolpita una mano che insultava con quel gesto Firenze.
Le vicende di Pistoia sono pure in relazione con la condanna pronunciata contro Dante, dopo l'ingresso di Carlo di Valois a Firenze. Oltre l'accusa di baratteria, estorsione, relazione con gente indegna, è imputato a Dante e agli altri di parte Bianca «di aver trattato essi o alcuno di essi che la città di Pistoia si dividesse o scindesse in fra sé dall'unione che aveva insieme, ed aver trattato che gli Anziani e il Gonfaloniere della detta città di Pistoia fossero d'una sola parte; e fatto trattare, fare e ordinare la cacciata dalla detta città di quelli i quali si dicono Neri, fedeli dìvoti della Santa Romana Chiesa o di messer Carlo paciaro in Toscana». Amarissimo, adunque, il ricordo di Pistoia nell'animo di Dante, che, in gran parte, aveva diretto la poliica di Firenze in quel periodo.
Odiosa ancora, secondo le vedute di Dante, la politica di Pistoia contro la legittima autorità imperiale. Pistoia era stata, per parecchi anni, percorsa e stremata dalle guerre, oltre che dai partiti. Invischiata, per le fazioni fiorentine, nella sua politica, ne era spesso rimorchiata nella buona e nella cattiva fortuna. Ebbe nel 1301 il coraggio di cacciare i Neri, mentre questi trionfavano a Firenze; ma Fiorentini e Lucchesi le furono addosso e, per quattro anni la dissanguarono, finché nel 1305 essa fu definitivamente costretta all' ubbidienza.
Nel 1308, morto Corso Donati, Pistoia sperò di riavere la sua libertà. Alla discesa di Arrigo, essa non avrebbe dovuto schierarsi contro i suoi antichi e probabili dominatori che l'avevano oppressa sino a ridurne disastrose le condizioni economiche?
Dino Compagni seppe la dura situazione di Pistoia (7): «I Pistoiesi poveri, lassi, e di guerra affannati e distrutti non teneano del tutto con loro (cioè i Fiorentini, i Senesi, ecc.): non perchè non fossero d'uno animo, ma perchè vi metteano podestà con si grandi salari che non poteano sostenere alle paghe».
Era l'ingordigia dei capi imposti che impoveriva la città. Essa, però, non solo non presenta ad Arrigo accuse contro Firenze, ma gli è contro apertamente, legandosi con Roberto di Napoli, che pur nel 1305 le era stato nemico.
Furono proprio gli aiuti pistoiesi, con quelli di Lucca, di Siena, di Prato, di San Miniato, di San Gimignano, che fecero perdere ad Arrigo gli ottimi frutti della vittoria riportata all'Ancisa, a due miglia da Firenze. Chiusi i Fiorentini in quel castello, Arrigo arditamente marciava sulla città superba, ma fu fermato a mezza via. Pistoia, dunque, per il poeta, abbagliato dalla luminosità imperiale, era degna di biasimo.
Morto l'imperatore, Pistoia fu contro Uguccione.
Continuò la guerra e furono danneggiate le sue campagne dall'esercito imperiale superstite.
Il motivo politico è forse quello prevalente nell'inasprirsi dell'animo di Dante. Vi fu chi volle vedere dei motivi di vendetta personale, e si inventò, nel secolo XVI, che Dante fosse stato da Vanni Fucci violentemente schiaffeggiato.
In realtà Fucci, condannato nel 1295 dal podestà Manetto degli Scali per rapina e omicidio, rifugiatosi sui monti vicini con un manipolo dei suoi, sperando coi delitti di tornare in Pistoia, ladro, sacrilego, dichiaratosi «mulo» a Dante, rappresenta la schiuma più torbida dell'umanità che delinque, e la città che lo ebbe in seno è trascinata nell'obbrobrio insieme con lui, per la sua politica.
E neppure da altri scrittori sono risparmiate contumelie alla popolazione pistoiese. Dino Compagni in essa vide sempre uno «spirito discordevole, crudele, selvatico»; il Petrarca li disse «perversi»; le Storie Pistoiesi li mostrano pronti ai dispetti; Giovanni Villani così ne spiega il carattere rude in relazione colla tradizione: «Et però non è da meravigliare, se Pistoiesi sono stati et sono gente di guerra fieri, et crudeli; et tra loro et con altrui, essendo stratti dal sangue di Catilina, et dal rimaso di sua così fatta gente, sconfìtta et tagliata in battaglia».
Chi amava la patria, ma la vedeva corrotta e ingrata, non poteva, risalendo con rancore ad una delle cause della corruzione, tacere l'imprecazione contro Pistoia, che appariva una «tana» d'iniquità, degna sola di essere «incenerita». Costumi, politica, personaggi , tutto appariva agli occhi di Dante contrario ai suoi principi rigidi di vita, di ubbidienza, e, nella sua giusta ira, egli è pronto a colpire la città con l'aspra parola che non concede replica.

(1) Le risse tra Cancellieri Bianchi e Neri dal Villani son narrate con larghezza: «Et crebbe tanto l'izza che si fedirono insieme, non però di cosa inorma, et fa ferito Petieri, uno della parte dei Cancellieri Bianchi; et per aver concordia et pace con loro, mandarono quelli, eh' havea fatta l'offesa alla misericordia di coloro, eh' erana offesi , che ne prendesseno vendetta a loro volontà, i quali Cancellieri Bianchi ingrati et superbi, non avendo in loro pietà né carità , la mano dal braccio gli tagliarono su una mangiatoia da cavalli» (1. 8, cap. 37).
(2) G. Villani : 1. 8 cap. 32.
(3) Moroello Malaspina detto il Giovane fu capitano di guerra e amico di Dante Alighieri. (Wikipedia)
(4) D'Annunzio : Le città del Silenzio — Milano, Treves.
(5) Vanni Fucci detto "Bestia" è un personaggio storico del XIII secolo, originario di Pistoia. La sua fama è legata soprattutto all'esser stato citato da Dante Alighieri nei Canti XXIV e XXV dell'Inferno (Wikipedia)
(6) Secondo altri commentatori (Chiappelli, del Lungo) lo seme tuo va riferito non ai fondatori di Pistoia, ma alle discordie civili originatesi a Firenze da quelle di Pistoia.
(7) Cronica, 110.

Tratto da ​Enzo Tuccio, Giudizi di Dante su città italiane, Palermo, 1921

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