Monticchiello: passato, presente e futuro

Monticchiello
Un tesoro nella Val d'Orcia
 

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Benvenuti a Monticchiello, un gioiello incastonato nel cuore della Val d'Orcia. Questo affascinante centro vi accoglie con la sua posizione privilegiata e una meravigliosa architettura ovale, che crea un'atmosfera accogliente e familiare. Ogni angolo di Monticchiello nasconde tesori da scoprire, e vi invitiamo a seguire le nostre indicazioni e a percorrere le sue strade senza fretta, lasciandovi avvolgere dalla magia della sua storia millenaria.
Fin dal primo sguardo, Monticchiello si erge imponente sulla cima di una collina, come una torre maestosa che protegge gelosamente il suo passato. Mentre vi avvicinate al castello, i resti delle antiche mura e la porta medievale si svelano in tutto il loro splendore, ricordando un'epoca passata di grande importanza. Le origini di questo borgo risalgono a tempi lontani, e se ci lasciamo trasportare dall'immaginazione, possiamo ipotizzare che Monticchiello abbia radici romane, appartenendo forse alla nobile Gens Cloelia, da cui potrebbe derivare il suo suggestivo nome "Monticchiello", che significa "Collina di Cideliis". Nel corso dei secoli, Monticchiello ha vissuto momenti cruciali: fu incluso tra i castelli che nel 943 Lamberto Aldobrandeschi cedette alla Badia Amiatina, e nel 1156 fu donato al Papa Adriano IV come feudo dal Conte Paltonieri. Sebbene la menzione di Monticchiello appaia in documenti così antichi, è a partire dal XIII secolo che la sua storia assume un'importanza significativa. In quel periodo, la popolazione, stanca dell'oppressione esercitata dai Cavalieri Teutonici, che avevano ottenuto il castello come dono dalla Chiesa di Roma per i meriti acquisiti nella Terra Santa, scelse di allearsi con la potente Repubblica di Siena diventando un suo fedelissimo alleato.
Il primo documento che attesta il libero Comune di Monticchiello risale al 1243, segnando l'inizio di un periodo di grande prosperità e importanza per questo castello. Furono completati il Cassero, le possenti mura e la Chiesa, simboli di potere e fede. L'artigianato e il commercio prosperarono, l'agricoltura raggiunse livelli di eccellenza, e la popolazione crebbe, consolidando il senso di comunità e la coscienza civica. Il Comune si dotò di statuti in lingua volgare e il popolo partecipò attivamente alla vita politica, facendo sentire la propria voce attraverso il "Consiglio di uno per famiglia". Tuttavia, l'indipendenza di Monticchiello fu messa in discussione dalla guerra franco-spagnola, che scatenò la sua fine. Il 15 agosto 1559, dopo aver difeso valorosamente il castello durante un duro assedio, gli abitanti si arresero a Francesco da Montaguto, inviato plenipotenziario del Duca Cosimo De' Medici. Questa resa segnò l'inizio di un periodo di decadenza: il commercio e l'artigianato stagnarono, il sistema mezzadrile si insediò nelle campagne e le istituzioni pubbliche si logorarono senza rinnovarsi. Infine, il 26 giugno 1778, il Granduca Pietro Leopoldo decreta la soppressione del Comune di Monticchiello, che viene posto sotto la giurisdizione del Comune di Pienza. In quel periodo, l'eco del Risorgimento era appena percepibile, e l'unità d'Italia non portò significativi cambiamenti per il borgo.
La tenacia e l'identità del popolo di Monticchiello ritornarono in primo piano nella primavera del 1944. Il 6 aprile di quell'anno, il Dott. Chiurco (1), Prefetto di Siena durante la Repubblica fascista, inviò tutti gli uomini a sua disposizione (circa 450) a Monticchiello per affrontare un piccolo ma coraggioso gruppo di partigiani accampati nei dintorni del paese. Dopo un lungo combattimento, il reparto fascista fu costretto a una precipitosa ritirata. Tuttavia, il mattino seguente, all'alba, un reparto tedesco giunse a Monticchiello con l'ordine preciso di rastrellare l'area e fucilare gli abitanti. Le case furono perquisite e la gente venne schierata di fronte al muro, fuori dalle porte del paese, in attesa dell'esecuzione. Fu grazie all'intervento coraggioso della signora tedesca, Emma Angheben, moglie di un proprietario terriero di Monticchiello, e all'aiuto del Parroco Don Marino Terrai, che la strage fu evitata. Oggi, un monumento eretto da Emo Formichi commemora quell'evento, con la sua presenza imponente sul muro destinato all'esecuzione, subito fuori dalle porte del paese.
Oggi, erede di un'antica e non dimenticata solidarietà, è il Teatro Povero, segno più attuale e visibile della vitalità del paese e della capacità della popolazione di ritrovarsi, di "mettersi in piazza" e di riaffermarsi, affrontando temi di grande attualità. Ogni anno, uno spettacolo nuovo, scritto, ideato e diretto dalla gente di Monticchiello, torna a parlare delle vicende passate, attuali e future di questa comunità. L'ultimo "nato" è il Museo del Teatro Popolare Tradizionale Toscano, parte dei Musei Senesi, che mostra, in un suggestivo e innovativo allestimento, luoghi, immagini, suoni e simboli di questa forma artistica così radicata in Toscana.


(1) Giorgio Alberto Chiurco (Rovigno d'Istria, 13 ottobre 1895 – Brescia, 1975) è stato un medico, patologo, politico e squadrista italiano, fu deputato del PNF dal 1929 al 1939 e capo della Provincia di Siena durante la RSI.

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